domenica 21 ottobre 2007

passeggiando tra i libri/Erano tutti con me sulla spiaggia

Erano tutti con me sulla spiaggia
di Giovanni Pistoia

Gli astronauti, quelli andati sulla luna e tutti gli altri che, ogni tanto, se ne vanno in giro per l’universo, dicono che, a vederla da lassù, la terra, è un puntino, sperduto nel gran firmamento. Poi, quando le astronavi vanno ancora più su, si dilegua del tutto. Non si vede più. “Eppure laggiù – pensano i nostri astronauti – mentre solcano i cieli lontani da noi, la gente si ammazza per difendere una frontiera, un confine, una piccola striscia di terra, per alzare una bandiera su un’isola sperduta”.

Ma anche se vedi la terra da un aereo, ti accorgi, come è capitato a Ludovica, una ragazzina di dieci anni, che il mondo è bellissimo. Non vedi confini, valichi, caselli con uomini in divisa, non vedi frontiere. Non ti accorgi che vi sono bambini francesi, italiani, cinesi, africani. Bambini gialli, bianchi, neri e così via. E così Ludovica, mentre il suo aereo la porta dall’Italia verso gli Stati Uniti d’America, si ricorda di un libro appena letto: “Saltafrontiera”.

Lucia Tumiati, scrittrice fiorentina ma nata a Venezia, scrisse nel 1962 un bel libro che intitolò “Saltafrontiera”. Da allora il piccolo volume, che piace tanto ai ragazzi, soprattutto a quelli che hanno dagli otto ai dieci anni, viene ristampato spesso dall’editore Giunti (www.giunti.it).

Se vai sul vocabolario, non trovi la parola “saltafrontiera”. È, in ogni caso, molto facile capirne il senso. In questa parola c’è il “salto” e c’è anche la “frontiera”. Con il salto puoi “saltare” un fosso, le pagine di un libro noioso, la frutta che non ti piace; puoi andare in avanti oppure indietro. Puoi “saltare” le frontiere, i confini, le distanze. Con un po’ di fantasia, puoi annullare tutte le gabbie che tengono chiusi uomini, donne e bambini. Puoi “saltare”, appunto. E così Lucia Tumiati, questa scrittrice sensibile e concreta, che ha scritto tantissimi libri per bambini e ragazzi, si è inventata “Saltafrontiera”. Perché “saltare – dice la scrittrice – è un gioco allegro, sano, giovane. Saltare le frontiere vuol dire vivere meglio, coi popoli vicini e quelli lontani”. Saltare le frontiere significa “saltare” sui pregiudizi, sulle divisioni. Sentirsi uguali a tutti gli esseri che abitano questa terra, affascinante e coloratissima, come appare a Ludovica vedendola dal suo aereo, piccolissima e fragilissima, come si mostra agli astronauti dalle loro astronavi.

Nel libro si racconta di un ragazzo che, passando da un confine ad un altro perché il suo papà, per ragioni di lavoro, deve spostarsi spesso, conosce tanti suoi coetanei e si accorge che tutti i bambini e i ragazzi del mondo sono uguali, pur con tante differenze. Tutti sorridono e piangono, giocano e si divertono, anche se qualcuno ha la pelle bianca e l’altro nero, anche se c’è chi parla il francese e l’altro il giapponese. E quando Giorgio, il nostro ragazzo protagonista, si ritrova solo a guardare il mare, pensa ai suoi amici sparsi per il mondo, se li immagina lì, sulla spiaggia: Turì, Erika, Hanka, e tutti gli altri che scoprirete leggendo il libro. Tutti presenti: “Erano tutti con me sulla spiaggia ora, a rassicurarmi… come vedere tante stelle in una notte buia. Mi sono seduto sulla sabbia fresca, ho abbassato la testa sulle ginocchia e per la prima volta ho capito di essere tanto felice e fortunato”.
(21 ottobre 2007)

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