lunedì 22 ottobre 2007

passeggiando tra i libri/I miei 19 anni

I miei 19 anni
di Giovanni Pistoia

“…dalla finestra della cucina restai a lungo a guardare quel suono bellissimo che si diffondeva dalla sua stanza al primo piano, scorrere tra gli alberi del giardino prima di affievolirsi e svanire nel cielo color cenere. Fu vivendo così che scoprii per la prima volta che vi sono momenti in cui i suoni si possono anche vedere. Anche se c’era in quella visione una nostalgia ancora più antica. Quella splendida melodia risvegliava in me il ricordo di un tempo molto lontano in cui io guardavo la musica proprio come adesso, e la dolce sensazione di allora. Chiusi gli occhi, mi concentrai nell’ascolto e immaginai di trovarmi nelle verdi profondità del mare. Tutto il mondo sembrava risplendere di quel verde luminoso. La corrente fluiva lenta e trasparente, e lì in fondo tutte le pene non facevano più male dei banchi di pesce che mi sfioravano la pelle nuotando. Ebbi un triste presagio, come se il buio fosse sceso di colpo mentre ero lì da sola, e trascinata lontana dalla marea, avessi corso il rischio di perdermi.
Cominciava così, alle soglie dell’estate, il romanzo dei miei diciannove anni.”

È una delle immagini surreali che arricchiscono il romanzo della scrittrice giapponese Banana Yoshimoto, “Presagio Triste”, del 1988, e ristampato, nel 2006, da Feltrinelli (www.feltrinelli.it).
La protagonista è Yayoi. Amata dai suoi genitori adottivi, vive in una tranquilla casa adagiata in un giardino, dove i fiori sono ben curati. Ha un rapporto stupendo con il fratello acquisito, è affascinata dalle stranezze di una zia, insegnante di musica. Spesso è nella sua misteriosa casa, dove il tempo sembra essersi fermato, che cerca rifugio per stare con se stessa, mentre le mani della zia scivolano, deliziosamente, sul piano. Giovanissima e dinamica non può che guardare al futuro con gli occhi freschi della primavera dei suoi diciannove anni. Eppure la sua vita è solo apparentemente serena. Che cosa può turbare i sogni della ragazza?

Yayoi, un giorno, si rende conto che è priva di qualcosa di importante. Non può vivere, con dolcezza e spensieratezza, i suoi anni giovanili, perché non ricorda nulla dell’infanzia. Nello scrigno della sua memoria non ne trova traccia: giorni, volti, luoghi di una infanzia che, inspiegabilmente, manca e che, implacabilmente, esige di essere svelata.

I rapporti con la zia sono pieni di silenzi, e di complicità. È la zia che, a volte, racconta il passato, e la nipote la invidia, perché sa “serbare i suoi ricordi.” Yayoi è insicura, incerta, insoddisfatta. È convinta che è proprio “l’assenza” dell’infanzia a procurarle l’angoscia, che alimenta le sue tensioni, a privarla di un giusto equilibrio. Inizia, così, il viaggio, faticoso e necessario, alla ricerca di quella bambina che un giorno lei fu. Per riappropriarsene.

L’infanzia ti accompagna ovunque. A volte ti pesa, e vorresti liberartene. Se vai a cercarla, però, e non la trovi, è come sentirsi solo, smarrito, in una foresta buia. Hai bisogno di sapere che è con te. “Non c’è nessuno che riesca a fuggire del tutto dall’incantesimo dell’infanzia.”

(22 ottobre 2007)


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