domenica 21 ottobre 2007

passeggiando tra i libri/La stagione degli aquiloni

La stagione degli aquiloni
di Giovanni Pistoia

L’inverno era la stagione preferita per i ragazzi di Kabul, anche se, spesso, chi non aveva una stufa di ghisa soffriva terribilmente il freddo. I motivi erano due: il primo perché le scuole chiudevano e gli scolari, come tutti i loro coetanei del mondo, potevano giocare; il secondo perché proprio in quei giorni si aprivano i tornei, vivacissimi, che avevano come protagonisti i ragazzi e i loro coloratissimi aquiloni. Ogni quartiere di Kabul aveva il suo torneo di combattimenti con gli aquiloni. Ci voleva arte nella loro costruzione e grande perizia nel colpire e tagliare i fili che tenevano gli aquiloni degli altri partecipanti e far sì che il proprio restasse, unico, a volteggiare nel cielo, mentre tutta la popolazione partecipava intensamente alla competizione. Ma la gara non finiva qui. Non appena un aquilone veniva giù, vorticosamente, e sospinto dal venticello andava a precipitare chi sa dove, i ragazzini cercavano, prevedendone il luogo della caduta, di impossessarsene: erano i cacciatori di aquiloni e vinceva chi riusciva a portarselo a casa, quale trofeo ambitissimo.

Amin e Hassan erano amici e, come tutti gli adolescenti, partecipavano alle gare. Hassan era un bravissimo cacciatore. Era una bellissima giornata di neve, quel giorno del 1975. Il torneo era il più importante degli ultimi venticinque anni perché si svolgeva con la partecipazione di tutti i quartieri. Fu, in effetti, una gara avvincente, con la partecipazione festosa di tanti. Vinse l’aquilone rosso con i bordi gialli di Amin e Hassan. E mentre Amin si godeva il suo aquilone, unico rimasto a volare nel cielo, Hassan scappò via per andare alla caccia dell’aquilone azzurro, che stava venendo giù dopo aver resistito ma, inutilmente, all’ultimo assalto di Amin. “Hassan – urlò Amin – torna con l’aquilone azzurro!” E Hassan, sorridendo, gridò: “Per te questo e altro.”
Quella sera, nessuno festeggiò. Amin rivide quello stesso sorriso speciale di Hassan ventisei anni dopo su una polaroid sbiadita. Amin si porterà per tutto il resto della vita angoscianti sensi di colpa.

La storia afgana degli ultimi trenta anni (la fine della monarchia, l’invasione dei russi, il regime dei talebani con la lunga scia di violenze) lascia il segno sulla vita dei protagonisti e l’Afghanistan diventa sempre più uno spazio dove i bambini e i ragazzi, quando riescono a sopravvivere, convivono con le più atroci delle brutalità. Negli inverni i ragazzi non giocano più con gli aquiloni.
Khaled Hosseini nel suo libro “Il cacciatore di aquiloni”, edito dalle edizioni Piemme (www.edizpiemme.it), nel 2004, intreccia mirabilmente la storia, bella e terribilmente amara, di Amin e Hassan, e delle loro famiglie, e quella dell’Afghanistan. L’autore scrive, così, un romanzo avvincente, coinvolgente, emozionante, profondamente istruttivo. I personaggi sono definiti nei particolari, nel loro ambiente culturale, mentre le vicende militari stritolano speranze e costumi e travolgono tutto e tutti. Se i protagonisti sono sempre in primo piano, lo sfondo geo-politico rimane impresso nel lettore molto meglio di come potrebbe fare una brillante pagina di storia. E, poi, vi sono i tanti soggetti silenziosi, invisibili, senza diritti: donne che appaiono e scompaiono, mute; bambini, tanti, senza infanzia. Un mondo apparentemente lontano che il romanzo aiuta a capire.

(21 ottobre 200)


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