domenica 7 marzo 2010

A SERVIZIO DELLA CULTURA E DELLA RICERCA


A SERVIZIO DELLA CULTURA E DELLA RICERCA
Il contributo di Marilena Amerise
Enrico dal Covolo



Queste pagine – che ho elaborato nei giorni stessi in cui predicavo gli Esercizi Spirituali al Santo Padre e alla Curia Romana – sono segnate da alcuni pregi, ma anche da alcuni limiti, legati all’esperienza straordinaria che ho concluso appena due giorni fa.

Di fatto, quando il Papa mi ha assegnato questo incarico di predicazione – era il 23 dicembre scorso –, ho dovuto concentrare tutto il tempo disponibile (e non era moltissimo!) nella preparazione accurata delle diciassette meditazioni stabilite dal programma.

Ed ecco, anzitutto, i pregi di questa emergenza.
Senza false modestie, devo riconoscere che i doni di natura e di grazia, che il Signore mi ha regalato, risultano potenziati, in maniera robusta, da un’esperienza di questo genere.
In modo particolare, sento più forti che mai i sentimenti della riconoscenza, della gratitudine, dell’affetto.
La vicinanza con il Papa Benedetto; il fatto di aver vissuto, per molti giorni, “nel cuore della Chiesa”; di aver condiviso – in maniera per me inedita –, la vicenda del discepolo amato, che nella notte della Cena appoggia il su capo sul petto del Maestro: tutto questo ha rinvigorito in me i sentimenti migliori.

Certo, posso ripetere anche oggi quello che avevo scritto un anno fa in memoria di Marilena.

Scrivevo così, allora:

“Conosco Marilena da parecchi anni, perché l’ambito della nostra ricerca scientifica è molto simile (è quello della letteratura cristiana antica e della storia della Chiesa, soprattutto le vicende che ruotano attorno alla cosiddetta ‘svolta costantiniana’).
Ci siamo incontrati in vari Convegni e in numerose altre occasioni. Da ultimo, avevo avviato con lei una collaborazione molto proficua, insieme con il Pontificio Comitato di Scienze Storiche – di cui sono Membro –, proprio in vista delle prossime celebrazioni per i 1700 anni trascorsi dalla ‘svolta costantiniana’ (2012-2013).
Quella dolcezza e quella femminilità (raccolte efficacemente attorno all’immagine del ‘fiore’, da molte persone evocata nel suo ricordo) e, insieme, quella volitività positiva a cui si è più volte accennato nel ricordo di lei, mi sembrano i tratti più significativi e più veri per tenerla accanto a noi, per sempre.
Che la dolce e forte Marilena ci accompagni dal cielo, e protegga i tanti amici che le hanno voluto bene!”.

Potrei riscriverle oggi, queste medesime cose.
Ma oggi sottolineerei molti di più gli aspetti di grazia, che continuano ad accompagnare la vicenda di Marilena. Quanto cioè essa è stata – e continua ad essere – un dono per noi: un dono e un mistero, come del resto è ogni storia di vocazione, quando si rilegge con uno sguardo di fede…

Così oggi mi viene da citare il testo di un’antica ballata irlandese, che canta più o meno queste parole: “Se ogni uomo gettasse un fiore sul cammino del suo prossimo, le strade del mondo sarebbero piene di gioia… ”.
Marilena, nel disegno misterioso di Dio, è stata – e continua ad essere – un fiore, che riempie di gioia il nostro cammino.

Di tutto questo sono più consapevole oggi di ieri.

Nata a Corigliano Calabro il 22 aprile 1975, Marilena ha compiuto e perfezionato i suoi studi nelle Università di Perugia, di Bonn, di Bamberg e di Ginevra. Si è dedicata soprattutto agli studi su Costantino, su Eusebio di Cesarea e su Girolamo.
Il suo primo, importante volume, si intitola così: Il battesimo di Costantino il Grande. Storia di una scomoda eredità (Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2005).
Il problema storiografico affrontato in questo libro è estremamente complesso, perché il battesimo di Costantino rappresenta da sempre un’eredità difficile da gestire; e problematica ne fu la trasmissione, profondamente segnata dalle istanze ideologiche e propagandistiche delle varie epoche e delle varie culture.

Nel medesimo anno 2005 – e questa sottolineatura di tempo testimonia la fecondità scientifica e la straordinaria capacità di ricerca di Marilena – usciva anche fra le Letture cristiane del primo millennio la traduzione italiana dei discorsi di Eusebio in onore di Costantino, da lei curata con ampia introduzione e puntuale commento (Elogio di Costantino. Discorso per il trentennale. Discorso regale, Paoline, Milano 2005).

Solo tre anni più tardi, nel 2008, Marilena pubblicava anche, nella prestigiosa collana Studia Ephemeridis Augustinianum (n. 109), una monografia intitolata Girolamo e la Senectus. Età della vita e morte nell’Epistolario (Institutum Patristicum Augustinianum, Roma). Mons. Ravasi ne ha parlato come di “un piccolo gioiello di acribia testuale e di analisi tematica attorno alle età della vita e della morte, così come essere sono delineate nell’epistolario geronimiano: l’Autrice le vaglia con estrema finezza, inconsapevole di lasciare con questo suo scritto un vero e proprio testamento spirituale”.

Ancora nel medesimo anno, insieme a Mauro Mantovani, Marilena pubblicava un volume del Progetto STOQ [Science, Theology and the Ontological Quest], dal titolo Fede, cultura e scienza. Discipline in dialogo (Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2008), in cui è raccolto anche un suo notevole saggio “Scienza e fede in Eusebio di Cesarea. Fato, libertà e creazione” (pp. 315-334), sul quale torneremo più avanti.

Assai apprezzata per la sua produzione scientifica, attenta ai rapporti tra pensiero teologico e cultura pagana in epoca tardo antica, Marilena intratteneva intensi rapporti di collaborazione con diverse Università, sia pontificie che statali, e più volte era stata invitata a tenere corsi e lezioni, come pure prestigiose relazioni a vari Congressi internazionali.
Negli ultimi due anni di vita, oltre a collaborare frequentemente con L’Osservatore Romano, prestava il suo servizio presso il Pontificio Consiglio della Cultura nel coordinamento del Progetto STOQ, dedicato al dialogo tra scienza e fede, e nell’organizzazione dei relativi Congressi internazionali.

Fin dal 1997 frequentava assiduamente il Centro Culturale Paolo VII di Sant’Ivo alla Sapienza, dove a ragione era considerata una delle “colonne”.


Ebbene, il pregio più notevole dell’aver scritto queste righe nei giorni del mio ritiro in Vaticano è proprio questo: dal profondo del mio cuore, sento il dovere di magnificare il Signore per Marilena, riconoscendo il suo servizio generoso a favore della cultura e della ricerca.

E quali sono, invece, i limiti di queste pagine, stese durante gli Esercizi al Papa?

Si tratta di limiti facilmente intuibili.
Ho potuto scrivere solo – come si suol dire – a “spizzichi e bocconi”, rimanendo lontano dalle biblioteche e dai grossi centri di consultazione.
Così devo ammettere che, in questa situazione, ho potuto rispondere appena in parte, e in modo frammentario, al titolo impegnativo che mi era stato assegnato.
Del resto, non ho voluto tirarmi indietro, proprio per quei motivi di riconoscenza a Dio per il grande dono di Marilena, di cui ho parlato prima.
Di conseguenza la mia riflessione si limita – appunto – a illustrare due prospettive, da cui si può apprezzare meglio il servizio prestato da Marilena alla cultura e alla ricerca.

1. La prima prospettiva riguarda la mediazione culturale tra scienza e fede.
Vorrei dire che di questa necessaria mediazione Marilena si è fatta, per alcuni aspetti, la “figura”, o addirittura l’”icona”.

Chi ha approfondito al meglio la prospettiva di cui andiamo parlando, è il padre Marc Leclerc, gesuita, professore ordinario di Filosofia della natura nella Pontificia Università Gregoriana: non a caso una delle guide spirituali più intime di Marilena.

Cedo a lui la parola.

“Per cominciare”, egli scriveva alcuni mesi fa su L’Osservatore Romano, “occorre ricordare che né la scienza né la fede si possono staccare completamente dalla cultura nella quale si inseriscono.
“Anche se l’iper-specializzazione tende a farlo dimenticare, c’è una ‘cultura scientifica’ e c’è una ‘cultura religiosa’, che fanno parte della cultura in genere; ora è proprio in seno a questa cultura specificatamente umana che scienza e fede possono di nuovo dialogare tra di loro. Dal punto di vista storico, va ricordato che il singolare connubium della cultura classica e della cultura biblica, giudaico-cristiana, è proprio il luogo di nascita della scienza moderna, tra la fine del medioevo ed il rinascimento.
“Questo singolare paradosso vede l’associazione inaspettata di elementi eterogenei, ma tutti necessari alla nascita della scienza nel senso moderno: l’universalità della ragione greca, del logos, e la singolarità dell’elezione – sia del popolo dell’Alleanza, che del Messia in cui si compie il suo destino –; e, con questa associazione di elementi, la necessaria desacralizzazione della natura, senza la quale una scienza sperimentale sarebbe impensabile.

“Vorrei evocare” – e giungiamo qui, dopo questo ampio quadro introduttivo, al punto che maggiormente ci interessa – “vorrei evocare una figura molto attuale di questo singolare connubium della cultura classica e della cultura biblica, quella della giovane studiosa Marilena Amerise, che ha compiuto il proprio destino in meno di 34 anni. Da buona storica del cristianesimo tardo antico, ha potuto studiare, tra l’altro,’Scienza e fede in Eusebio di Cesarea’. Nel primo storico della Chiesa si può vedere come l’universalità del logos viene articolata con la singolarità della rivelazione e dell’incarnazione. Non si tratta ancora, certo, di scienza nel senso moderno della parola; ma la via è ormai aperta, nella quale poi Agostino, Nicola Cusano, Pascal potranno sviluppare le loro feconde riflessioni, articolate con i primi lavori scientifici, da Cusano in poi. La stessa coscienza storica ha permesso a Marilena Amerise di considerare con fecondità anche campi di sapere apparentemente lontani dal suo, come quello delle più attuali riflessioni sull’evoluzione biologica… ”.

In realtà, si rende sempre più urgente “un linguaggio comune” – e Marilena lo andava efficacemente perseguendo – “per far comunicare diversi campi del pensiero e dell’esperienza umana, come la scienza e la fede in particolare”.

A questa luce, il padre Leclerc concludeva il suo intervento con un appassionato auspicio, che in qualche modo si è realizzato nel contributo di Marilena alla cultura e alla ricerca: “Una cultura umanistica, inclusiva, integrando tutti gli uomini, soggetti di pensiero, a cominciare dai più poveri come protagonisti, potrà forse riavviare il dialogo fecondo tra scienza e fede. Questo comprende l’uso necessario della nostra libertà di fronte all’Unico Necessario. Nessuno può scampare dall’alternativa decisiva, sia nell’azione, sia nel pensiero: o chiuderci nella nostra illusoria volontà di autosufficienza, oppure aprirci, tramite l’umile riconoscimento della nostra radicale insufficienza, a tutti i soccorsi che ci potrebbe dare, gratuitamente, l’Unico Necessario, comunicandosi a noi come Mediatore assoluto, per colmare la nostra inquietudine e compiere, finalmente, il nostro destino” (L’Osservatore Romano, 7 agosto 2009, p. 4).

Non c’è dubbio alcuno sull’alternativa scelta da Marilena con il suo pensiero e con la sua azione.
Per questo essa appare a me come l'“icona” della mediazione culturale nel dialogo tra scienza e fede.

Da parte mia, sarà sufficiente riportare ancora una citazione illuminante (e così concludo il discorso su questa prima prospettiva, utile a illuminare il contributo di Marilena alla cultura e alla ricerca), una citazione tratta dal saggio “Scienza e fede in Eusebio da Cesarea”, più sopra citato.

“Eusebio, scrive Marilena in questo saggio, “tiene a far comprendere, contro le accuse pagane, che il cristianesimo è la religione del Logos, della ragione, della legge naturale, del libero arbitrio. Attraverso l’idea del Logos, egli vuole mostrare che l’idea biblica della creazione è congruente con il meglio del pensiero greco. Il vescovo di Cesarea cercava di impostare correttamente la questione e, attraverso l’utilizzo di un linguaggio col contempo teologico e filosofico, desiderava precisare, e non creare un conflitto insanabili con i suoi interlocutori. Anche oggi, nel mondo contemporaneo, dove si sono contrapposte scienza e fede, bisognerebbe cercare di impostare la questione” del dialogo tra scienza e fede in termini analoghi…


2. L’altra prospettiva – che può illuminare in modo efficace il contributo di Marilena alla cultura e alla ricerca – riguarda la sua visione della storia.
Da buona storica, Marilena si è messa alla scuola di Eusebio, “il padre della storiografia cristiana”, e ne ha ricavato la lezione migliore: in sostanza, la stessa lezione che il Papa Benedetto XVI ha illustrato nella sua famosa Udienza generale di mercoledì 13 giugno 2007, dedicata a Eusebio di Cesarea.

In un articolo – pubblicato postumo su L’Osservatore Romano, come “un fiore per Marilena” – l’Amerise salutava con entusiasmo questa catechesi del Papa: “Il Pontefice”, scriveva, “ha messo in evidenza la prospettiva fondamentale della storiografia eusebiana” (1 marzo 2009, p. 5).

Qual è dunque questa prospettiva?

La ricaviamo con chiarezza dalle parole stesse del papa, là dove egli afferma: “Possiamo cogliere qui la prospettiva fondamentale della storiografia eusebiana: la sua è una storia ‘cristocentrica’, nella quale si svela progressivamente il mistero dell’amore di Dio per gli uomini. Con genuino stupore, Eusebio riconosce che ‘presso tutti gli uomini del mondo intero solo Gesù è detto, confessato, riconosciuto Cristo [cioè Messia e Salvatore del mondo], che è ricordato con questo nome sia dai greci sia dai barbari, che ancora oggi dai suoi discepoli sparsi in tutto il mondo egli è onorato come re, ammirato più di un profeta, glorificato come vero e unico sacerdote di Dio; e più di tutto ciò, in quanto Logos di Dio preesistente e tratto dall’essere prima di tutti, egli ha ricevuto dal Padre onore degno di venerazione, ed èd è adorato come Dio.
“Ma la cosa più straordinaria di tutte è che quanti gli siamo consacrati lo celebriamo non solo con le voci e il suono delle parole, ma con tutte le disposizioni dell’animo, così che mettiamo davanti alla nostra stessa vita la testimonianza resa a Lui’ (Storia Ecclesiastica 1,3,19-20).
“Balza così in primo piano anche un’altra caratteristica, che rimarrà costante nell’antica storiografia ecclesiastica: è ‘l’intento morale’ che preside al racconto. L’analisi storica non è mai fine a se stessa; piuttosto, essa punta decisamente alla conversione, e ad un’autentica testimonianza di vita cristiana da parte dei fedeli.
“In questo modo”, prosegue il Papa, “Eusebio interpella vivacemente i credenti di ogni tempo riguardo al loro modo di accostarsi alle vicende della storia e della Chiesa in particolare. Egli interpella anche noi: qual è il nostro atteggiamento nei confronti delle vicende della Chiesa? È l’atteggiamento di chi se ne interessa per una semplice curiosità, magari andando in cerca del sensazionale e dello scandalistico a ogni costo? Oppure è l’atteggiamento pieno d’amore, e aperto al mistero, di chi sa – per fede – di poter rintracciare nella storia della Chiesa i segni dell’amore di Dio e le grandi opere della salvezza da lui compiute? Se questo è il nostro atteggiamento, non possiamo non sentirci stimolati a una risposta più coerente e generosa, a una testimonianza più cristiana di vita, per lasciare i segni dell’amore di Dio anche alle future generazioni.
“’C’è un mistero’, non si stancava di ripetere quell’eminente studioso dei Padri, che fu il cardinale Jean Daniélou: ‘C’è un contenuto nascosto nella storia… Il mistero è quello delle opere di Dio, che costituiscono nel tempo la realtà autentica, nascosta dietro le apparenze… Ma questa storia che Dio realizza per l’uomo, non la realizza senza di lui. Arrestarsi alla contemplazione delle ‘grandi cose’ di Dio significherebbe vedere solo un aspetto delle cose. Di fronte ad esse sta la risposta degli uomini’ (Saggio sul mistero della storia, ed. it., Brescia 1963, p. 182).
“A tanti secoli di distanza”, così il Papa concludeva la sua catechesi, “anche oggi Eusebio di Cesarea invita i credenti, invita noi, a stupirci, a contemplare nella storia le grandi opere di Dio per la salvezza degli uomini. E con altrettanta energia egli ci invita alla conversione della vita. Infatti, di fronte a un Dio che ci ha amati così, non possiamo rimanere inerti. L’istanza propria dell’amore è che la vita intera sia orientata all’imitazione dell’Amato. Facciamo dunque di tutto per lasciare nella nostra vita una traccia trasparente dell’amore di Dio”.

Solo così, infatti, metteremo “davanti alla nostra stessa vita la testimonianza resa a Lui” (Storia Ecclesiastica 1,3,20).

Che cosa dire di più, se non proprio questo: che una certa teologia della storia – sostanzialmente ottimista, grazia alla fede in Gesù Cristo e nella sua Chiesa – ha consentito a Marilena, nel pensiero come nell’azione, di contemplare “la foresta che cresce”, oltre all’”albero che cade”?

È vero: nel tempo che scorre lo storico non può non registrare molti scandali, tante “sporcizie”, anche all’interno della Chiesa. Marilena però – alla scuola di Eusebio – ha saputo cogliere nella storia il corso del “grande fiume” della santità e della grazia di Dio, per il quale la Chiesa stessa è santa.

Di questo Marilena magnificava il Signore con la sua ricerca, con il suo studio e con la sua stessa vita.

Davvero, il suo servizio generoso alla cultura e alla ricerca può essere colto in tutto il suo spessore solo se partiamo da qui.

Cogliendo l’ammonimento di Eusebio, Marilena “ha messo davanti” alla sua stessa vita “la testimonianza resa a Lui”.


Il tragico, repentino epilogo di venerdì 27 febbraio 2009 deve essere letto proprio così, con lo sguardo della fede: Marilena ha dato tutto di sé, senza risparmio alcuno, nel servizio generoso della cultura, della ricerca, della Chiesa, della società…

In una parola, Marilena Amerise “ha messo davanti” alla sua stessa vita” “la testimonianza resa a Lui” (Eusebio, Storia Ecclesiastica 1,3,20).


NOTA: Il 2 marzo, come previsto, a Sant’Ivo alla Sapienza, Marilena Amerise è stata ricordata in un incontro culturale. Don Enrico dal Covolo ha relazionato sul tema: A servizio della cultura e della ricerca: il contributo di Marilena Amerise.

Il prof. Don Enrico dal Covolo è Ordinario di Letteratura cristiana antica all’Università Pontificia Salesiana e ricopre numerosi incarichi di prestigio.

Credo di far cosa gradita agli amici di Marilena, e agli studiosi interessati alla tematica trattata nella Relazione, pubblicare il testo del prof. Don Enrico dal Covolo. Ciò è possibile grazie alla disponibilità dei genitori di Marilena a del Relatore, che ringrazio. (Giovanni Pistoia)

http://larosanelbicchiere.blogspot.com/

giovannipistoia@libero.it

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