I giorni dell’amore e della guerra
Giovanni Pistoia
Libertà, tu sei
una pergola in giardino, la canzone del cuculo,
foglie lucenti su alberi di baniano,
il mio quaderno di poesie, da scarabocchiare a piacere.
È con questi versi del grande poeta bengalese Shamsur Rahman che la scrittrice Tahmima Anam si presenta ai lettori nel suo libro “I giorni dell’amore e della guerra”. La citazione è, in effetti, appropriata: il volume è impregnato di passione civile, di amore per la libertà. Nelle pagine del libro alto è il sentimento per la dignità della persona e della donna in particolare; forte la speranza di vivere in un contesto di libertà da ogni oppressione.
Ma Tahmina, nata a Dacca, in Bangladesh, nel 1975, non racconta la storia di un popolo, che solo nel 1971 viene riconosciuto come Stato sovrano, ma quello di una madre, Rehana, rimasta troppo presto vedova e senza soldi e, per queste ragioni, vede i suoi figli, Sohail e Maya, affidati, dal tribunale, ad uno zio, lontani da loro millecinquecento chilometri.
Appena dopo la sentenza, Rehana compra due aquiloni, uno rosso e uno blu per consegnarli ai due figli, prima della partenza. E dirà loro che quelli sono aquiloni magici: un giorno il vento soffierà forte e saranno gli stessi aquiloni a riportarli da lei. Poi si reca sulla tomba del marito per dirgli: caro marito, oggi ho perso i nostri figli. Quasi un atto di accusa verso se stessa, per essere stata incapace di trattenerli.
La storia di questa donna, in verità, è quella di una madre, che dedica i suoi giorni per riottenere i figli, riuscendoci. E una volta che sono nuovamente con lei, rischia di perderli ancora, forse, per sempre, perché inghiottiti dalla guerra per l’indipendenza di una terra sferzata dal vento.
Sohail e Maya finiscono per aderire ai gruppi rivoluzionari, che combattono contro il governo centrale del Pakistan. E per questa scelta, Rehana teme per la loro incolumità. In fondo, pensa, nessuna buona causa potrebbe giustificare la morte, così come avviene, di tanti giovani e lei, madre, non può che vivere nell’angoscia. Eppure, Rehana, che è la vera protagonista del romanzo, non si chiude in se stessa, intuisce le ragioni dei suoi ragazzi, e finisce per esserne alleata.
Diventa, in un certo senso, un’attivista pure lei: cerca di coniugare l’amore per i figli e quello del suo paese ma, soprattutto, non può ignorare coloro i quali seminano morti per le strade e torturano e stuprano le donne. Il suo contributo è vissuto senza fanatismi ma con fredda ragione, che non tradisce le ragioni del cuore. Un cuore, quello di una mamma, che si rende conto dei rischi che corrono i suoi figli.
Ad un certo punto della sua vita, lei, pur di stare accanto ai suoi ragazzi, ne abbraccia i sogni e le speranze. Partecipa alla realizzazione di quelle aspirazioni, che sono le ansie di un popolo e che diventano anche, con convinzione, le sue stesse ansie. E le sue battaglie e i suoi tormenti diventano le battaglie e i tormenti di tante mamme, che tentano di salvare i propri figli, senza cedere all’egoismo. Un romanzo avvincente, che aiuta anche a far conoscere pagine di uno dei genocidi più cruenti del ventesimo secolo.
Nell’immagine la copertina del libro.
Tahmima Anam
I giorni dell’amore e della guerra
Titolo originale: A Golden Age
Traduzione dall’inglese di Barbara Bagliano
Garzanti, 2008
http://www.garzantilibri.it/
Volete ascoltare l’incipit del libro? Cliccare sul sito:
http://www.radioalt.it/radioalt/spaziolibri.asp?id=1260&cat=7
(8 giugno 2008)
Giovanni Pistoia
Libertà, tu sei
una pergola in giardino, la canzone del cuculo,
foglie lucenti su alberi di baniano,
il mio quaderno di poesie, da scarabocchiare a piacere.
È con questi versi del grande poeta bengalese Shamsur Rahman che la scrittrice Tahmima Anam si presenta ai lettori nel suo libro “I giorni dell’amore e della guerra”. La citazione è, in effetti, appropriata: il volume è impregnato di passione civile, di amore per la libertà. Nelle pagine del libro alto è il sentimento per la dignità della persona e della donna in particolare; forte la speranza di vivere in un contesto di libertà da ogni oppressione.
Ma Tahmina, nata a Dacca, in Bangladesh, nel 1975, non racconta la storia di un popolo, che solo nel 1971 viene riconosciuto come Stato sovrano, ma quello di una madre, Rehana, rimasta troppo presto vedova e senza soldi e, per queste ragioni, vede i suoi figli, Sohail e Maya, affidati, dal tribunale, ad uno zio, lontani da loro millecinquecento chilometri.
Appena dopo la sentenza, Rehana compra due aquiloni, uno rosso e uno blu per consegnarli ai due figli, prima della partenza. E dirà loro che quelli sono aquiloni magici: un giorno il vento soffierà forte e saranno gli stessi aquiloni a riportarli da lei. Poi si reca sulla tomba del marito per dirgli: caro marito, oggi ho perso i nostri figli. Quasi un atto di accusa verso se stessa, per essere stata incapace di trattenerli.
La storia di questa donna, in verità, è quella di una madre, che dedica i suoi giorni per riottenere i figli, riuscendoci. E una volta che sono nuovamente con lei, rischia di perderli ancora, forse, per sempre, perché inghiottiti dalla guerra per l’indipendenza di una terra sferzata dal vento.
Sohail e Maya finiscono per aderire ai gruppi rivoluzionari, che combattono contro il governo centrale del Pakistan. E per questa scelta, Rehana teme per la loro incolumità. In fondo, pensa, nessuna buona causa potrebbe giustificare la morte, così come avviene, di tanti giovani e lei, madre, non può che vivere nell’angoscia. Eppure, Rehana, che è la vera protagonista del romanzo, non si chiude in se stessa, intuisce le ragioni dei suoi ragazzi, e finisce per esserne alleata.
Diventa, in un certo senso, un’attivista pure lei: cerca di coniugare l’amore per i figli e quello del suo paese ma, soprattutto, non può ignorare coloro i quali seminano morti per le strade e torturano e stuprano le donne. Il suo contributo è vissuto senza fanatismi ma con fredda ragione, che non tradisce le ragioni del cuore. Un cuore, quello di una mamma, che si rende conto dei rischi che corrono i suoi figli.
Ad un certo punto della sua vita, lei, pur di stare accanto ai suoi ragazzi, ne abbraccia i sogni e le speranze. Partecipa alla realizzazione di quelle aspirazioni, che sono le ansie di un popolo e che diventano anche, con convinzione, le sue stesse ansie. E le sue battaglie e i suoi tormenti diventano le battaglie e i tormenti di tante mamme, che tentano di salvare i propri figli, senza cedere all’egoismo. Un romanzo avvincente, che aiuta anche a far conoscere pagine di uno dei genocidi più cruenti del ventesimo secolo.
Nell’immagine la copertina del libro.
Tahmima Anam
I giorni dell’amore e della guerra
Titolo originale: A Golden Age
Traduzione dall’inglese di Barbara Bagliano
Garzanti, 2008
http://www.garzantilibri.it/
Volete ascoltare l’incipit del libro? Cliccare sul sito:
http://www.radioalt.it/radioalt/spaziolibri.asp?id=1260&cat=7
(8 giugno 2008)
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