venerdì 15 marzo 2024

MONICA LANZILLOTTA, Cesare Pavese – Una vita tra Dioniso e Edipo, Roma, Carocci Editore 2022, pp. 302 [Letto da Dante MAFFIA]

 


Finora Cesare Pavese, tranne poche eccezioni, è stato letto e interpretato soprattutto per ciò che ha prodotto sugli altri, per gli effetti che le sue opere hanno avuto, indubbiamente di grande rilievo, nei giovani che lo hanno seguito. Monica Lanzillotta, Docente di Letteratura italiana contemporanea all’Università degli Studi della Calabria, affronta l’opera di Pavese nella sua estensione e nella sua profondità partendo da Dioniso, “che rappresenta l’infanzia, epoca che contiene i contrari, e Edipo, che rappresenta l’adultità, fase della vita in cui il destino è tracciato”. Così ci avvisa il risvolto di copertina del testo e le affermazioni non sono smentite dalla cura certosina con la quale i capitoli sono scanditi.

Pur essendo un saggio condotto e sviluppato con impegno scientifico si legge agevolmente e così si viene a confermare il magistero di uno scrittore capace di assorbire i nuovi fermenti in atto, perfino quelli lontani che arrivavano dagli Stati Uniti, e se  ne comprende la portata letteraria, umana e perfino politica, nel senso aristotelico della parola, forse perché Pavese “rispetto agli scrittori suoi contemporanei, sfugge a ogni collocazione nel territorio strettamente letterario del primo Novecento”.

Questo dato, subito evidenziato da Monica Lanzillotta, ci mette sulla strada giusta per poter entrare liberamente nell’arsenale ricchissimo dello scrittore che aveva assorbito esperienze d’ogni tipo, perché onnivoro e convinto che senza i fremiti e l’impatto con la realtà del quotidiano non trovano spazio neppure non dico le utopie ma neppure i progetti ideali per il riassesto di una realtà che in Italia fu tragica all’epoca in cui egli visse.

La Lanzillotta ha la pazienza di saper entrare anche negli angoli più nascosti della vita e delle opere di Pavese ed è per questo che finalmente abbiamo un ritratto a tutto tondo del personaggio, ma soprattutto abbiamo un giudizio adeguato delle opere.

Non viene trascurato niente e non vi sono giudizi generici magari mutuati da un entusiasmo preso in prestito dalle vicende politiche e da altri elementi riguardanti la persona. La Lanzillotta esamina le opere considerandole in tutti i loro aspetti in modo da far comprendere che siamo al cospetto di un gigante e infatti, nonostante che Pavese abbia scritto pagine impegnate (La letteratura dell’engagement, pag. 131), non cade mai nel “vizio” comiziale, ma crea, da grande scrittore, personaggi ed eventi che siano portatori di valori e di impegno, ma restando sempre nella narratività più fluida e ben congegnata che non sciupa il dettato.

Il suo magistero consiste soprattutto nell’aver saputo realizzare protagonisti   che hanno interpretato i valori ideali della politica senza diventare veicoli avulsi dalla quotidianità, restando sempre integralmente uomini.

Almeno un passo di questa importante opera che ha saputo sintetizzare il mare immenso pavesiano e farcelo comprendere nella sua intensità e nella sua dimensione planetaria:

 “Le opere di Pavese sono incentrate sul riemergere delle origini (“la prima volta”) superate e rimosse, che permettono di comprendere chi si é: le trame ruotano intorno all’indagine conoscitiva che porta progressivamente il personaggio a riconoscere il destino, la forza inconscia che lo risospinge in una sola direzione, verso le origini, per cui i miti sottostanti alle storie raccontate da Pavese sono quella di Dioniso, che rappresenta lo stato costitutivo dell’infanzia, il caos indifferenziato, il mostruoso perché nel dio convivono i contrari e i generi (è al tempo stesso dio,  uomo, donna, animale, pianta, ecc.),  e quello di Edipo celebrato da Sofocle, che scopre di essere diventato parricida e di avere sposato la madre Giocasta, come destino”.

Mi pare evidente che Monica Lanzillotta sia potuta arrivare a questa profondità di analisi avendo, come dire? vissuto le istanze e i sentimenti di molti dei protagonisti dei libri di Pavese in modo da poter cogliere, dall’interno, i fermenti e le accensioni ideali con convinzione e in armonia col proprio universo.

Pavese ha sempre avuto qualcosa di appiccicaticcio, ha sempre “preteso” che il suo lettore diventasse complice in tutte le sue azioni. Ne è prova lampante l’appendice curata da Flavio Poltronieri e Manlio Todeschini intitolata “Opere musicali ispirate a Cesare Pavese”. Ben quindici pagine tra riferimenti alla musica leggera e a quella classica.

Nessuno scrittore, mai, ha avuto tante adesioni.

Ma non si trascurino le pagine dedicate a “La nuova edizione di Lavorare stanca”, perché la poesia di Pavese è un capitolo ancora aperto sia per la sostanza poetica dell’opera e sia, forse soprattutto, per la svolta impressa a tutta la poesia, non solo italiana, che cincischiava su formule e formulette d’accatto.

Insomma, questo testo di Monica Lanzillotta è davvero importante, dire essenziale, per entrare nel mondo di uno dei maggiori narratori del Novecento e direi di uno dei maggiori poeti del Novecento.

“La volontà testamentaria di Pavese non viene però rispettata e la sua figura viene ‘smembrata’…tra pettegolezzi, curiosità morbose, mitizzazioni, stroncature. Uno sparagmòs, peraltro, che si addice ai grandi, e non certo ai mediocri, che si pratica su figure eretiche e martiriali, se non su divinità o semi-divinità’ (Gigliucci, 2001, p. 92).

Il viaggio nella vita e nelle opere di Pavese si chiude su questo passo, che restituisce lo scrittore al rito di rinascita di Dioniso, il dio a cui somiglia”.

 

Finora Cesare Pavese, tranne poche eccezioni, è stato letto e interpretato soprattutto per ciò che ha prodotto sugli altri, per gli effetti che le sue opere hanno avuto, indubbiamente di grande rilievo, nei giovani che lo hanno seguito. Monica Lanzillotta, Docente di Letteratura italiana contemporanea all’Università degli Studi della Calabria, affronta l’opera di Pavese nella sua estensione e nella sua profondità partendo da Dioniso, “che rappresenta l’infanzia, epoca che contiene i contrari, e Edipo, che rappresenta l’adultità, fase della vita in cui il destino è tracciato”. Così ci avvisa il risvolto di copertina del testo e le affermazioni non sono smentite dalla cura certosina con la quale i capitoli sono scanditi.

Pur essendo un saggio condotto e sviluppato con impegno scientifico si legge agevolmente e così si viene a confermare il magistero di uno scrittore capace di assorbire i nuovi fermenti in atto, perfino quelli lontani che arrivavano dagli Stati Uniti, e se  ne comprende la portata letteraria, umana e perfino politica, nel senso aristotelico della parola, forse perché Pavese “rispetto agli scrittori suoi contemporanei, sfugge a ogni collocazione nel territorio strettamente letterario del primo Novecento”.

Questo dato, subito evidenziato da Monica Lanzillotta, ci mette sulla strada giusta per poter entrare liberamente nell’arsenale ricchissimo dello scrittore che aveva assorbito esperienze d’ogni tipo, perché onnivoro e convinto che senza i fremiti e l’impatto con la realtà del quotidiano non trovano spazio neppure non dico le utopie ma neppure i progetti ideali per il riassesto di una realtà che in Italia fu tragica all’epoca in cui egli visse.

La Lanzillotta ha la pazienza di saper entrare anche negli angoli più nascosti della vita e delle opere di Pavese ed è per questo che finalmente abbiamo un ritratto a tutto tondo del personaggio, ma soprattutto abbiamo un giudizio adeguato delle opere.

Non viene trascurato niente e non vi sono giudizi generici magari mutuati da un entusiasmo preso in prestito dalle vicende politiche e da altri elementi riguardanti la persona. La Lanzillotta esamina le opere considerandole in tutti i loro aspetti in modo da far comprendere che siamo al cospetto di un gigante e infatti, nonostante che Pavese abbia scritto pagine impegnate (La letteratura dell’engagement, pag. 131), non cade mai nel “vizio” comiziale, ma crea, da grande scrittore, personaggi ed eventi che siano portatori di valori e di impegno, ma restando sempre nella narratività più fluida e ben congegnata che non sciupa il dettato.

Il suo magistero consiste soprattutto nell’aver saputo realizzare protagonisti   che hanno interpretato i valori ideali della politica senza diventare veicoli avulsi dalla quotidianità, restando sempre integralmente uomini.

Almeno un passo di questa importante opera che ha saputo sintetizzare il mare immenso pavesiano e farcelo comprendere nella sua intensità e nella sua dimensione planetaria:

 “Le opere di Pavese sono incentrate sul riemergere delle origini (“la prima volta”) superate e rimosse, che permettono di comprendere chi si é: le trame ruotano intorno all’indagine conoscitiva che porta progressivamente il personaggio a riconoscere il destino, la forza inconscia che lo risospinge in una sola direzione, verso le origini, per cui i miti sottostanti alle storie raccontate da Pavese sono quella di Dioniso, che rappresenta lo stato costitutivo dell’infanzia, il caos indifferenziato, il mostruoso perché nel dio convivono i contrari e i generi (è al tempo stesso dio,  uomo, donna, animale, pianta, ecc.),  e quello di Edipo celebrato da Sofocle, che scopre di essere diventato parricida e di avere sposato la madre Giocasta, come destino”.

Mi pare evidente che Monica Lanzillotta sia potuta arrivare a questa profondità di analisi avendo, come dire? vissuto le istanze e i sentimenti di molti dei protagonisti dei libri di Pavese in modo da poter cogliere, dall’interno, i fermenti e le accensioni ideali con convinzione e in armonia col proprio universo.

Pavese ha sempre avuto qualcosa di appiccicaticcio, ha sempre “preteso” che il suo lettore diventasse complice in tutte le sue azioni. Ne è prova lampante l’appendice curata da Flavio Poltronieri e Manlio Todeschini intitolata “Opere musicali ispirate a Cesare Pavese”. Ben quindici pagine tra riferimenti alla musica leggera e a quella classica.

Nessuno scrittore, mai, ha avuto tante adesioni.

Ma non si trascurino le pagine dedicate a “La nuova edizione di Lavorare stanca”, perché la poesia di Pavese è un capitolo ancora aperto sia per la sostanza poetica dell’opera e sia, forse soprattutto, per la svolta impressa a tutta la poesia, non solo italiana, che cincischiava su formule e formulette d’accatto.

Insomma, questo testo di Monica Lanzillotta è davvero importante, dire essenziale, per entrare nel mondo di uno dei maggiori narratori del Novecento e direi di uno dei maggiori poeti del Novecento.

“La volontà testamentaria di Pavese non viene però rispettata e la sua figura viene ‘smembrata’…tra pettegolezzi, curiosità morbose, mitizzazioni, stroncature. Uno sparagmòs, peraltro, che si addice ai grandi, e non certo ai mediocri, che si pratica su figure eretiche e martiriali, se non su divinità o semi-divinità’ (Gigliucci, 2001, p. 92).

Il viaggio nella vita e nelle opere di Pavese si chiude su questo passo, che restituisce lo scrittore al rito di rinascita di Dioniso, il dio a cui somiglia”.