A
COSENZA LA MOSTRA “PARTONO I BASTIMENTI”
Comunicato
stampa
Un
capitolo ancora poco conosciuto della nostra storia, quello del “grande esodo”
degli italiani verso le Americhe, verrà illustrato e messo a fuoco dalla grande
mostra “Partono i bastimenti”, in programma dal 17 luglio al 15 settembre
presso il Museo Nazionale di Cosenza – Palazzo Arnone.
La
rassegna si deve alla collaborazione tra la Fondazione Roma-Mediterraneo e la
Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici della
Calabria.
Significativo
il patrocinio dato all’iniziativa, oltre che da Regione Calabria, Provincia e
Comune di Cosenza, della National Italian American Foundation, organizzazione
leader dei 26 milioni di americani di origine italiana.
La
mostra, racconta la storia dell’emigrazione nelle Americhe seguendo un percorso
di foto ed altre immagini su pannelli che va dalle partenze di folle di
disperati sulle “carrette del mare” di fine ‘800, per arrivare ai successi raggiunti in tutti i campi, soprattutto
negli Stati Uniti, dai discendenti dei nostri emigrati. Una storia che si snoda
attraverso i periodi più difficili del ‘900, come le due guerre mondiali, il
fascismo e la grande crisi economica degli anni ’20, che vide milioni di
emigrati italiani in lotta a fianco degli altri lavoratori americani.
Correda
questo percorso una ricca raccolta di documenti e oggetti originali:modelli in
scala di navi storiche dell’emigrazione, passaporti di diverse epoche, biglietti
e documenti di navigazione, riproduzioni di puzzle di Ellis Island,
opuscoli di norme per gli emigranti, libri, giornali ed oggetti delle Little
Italy, insegne ed etichette di prodotti italiani degli anni ‘20 (pasta e
pomodori). E poi lettere e foto rare, quadri ad acquarello e ad olio di famosi
transatlantici, poster delle compagnie di navigazione, orari di arrivi e partenze,
valigie e bauli contenenti cose tipiche
degli emigranti, dai corredi agli strumenti musicali, dai libretti da
messa al quadro del santo protettore del paese di origine.
Gli
italiani portarono nella nuova Patria la loro innata passione per la musica e
il canto. Così la rassegna presenta una ricca collezione di “copielle”, cioè
piccoli spartiti originali di canzoni, quasi tutte in dialetto napoletano, in
voga nella Little Italy dei primi decenni del secolo scorso.
In
mostra anche diversi bellissimi spartiti originali di tango. Non tutti sanno
che la maggior parte delle canzoni e
delle musiche del tango sono di autori italiani, emigrati o discendenti di
emigrati: nelle loro composizioni cantarono la vita di tutti i giorni nel nuovo
mondo, passioni, illusioni e delusioni, ma anche la nostalgia per la Patria perduta.
Per
la prima volta in una rassegna del genere viene dedicato un focus a una
categoria particolare di “emigranti”: le migliaia di soldati dello sconfitto
esercito borbonico che nel 1861, da Napoli, furono imbarcati per New Orleans con la prospettiva di essere
arruolati nell’esercito degli stati
secessionisti del Sud, nella guerra civile americana. Un pagina davvero
poca conosciuta della storia italiana. La ricordiamo perché è certo che diversi
superstiti di quel conflitto immane scelsero di restare in America e possono
considerarsi tra i primi italo americani.
La
loro partenza, non propriamente volontaria (l’alternativa poteva essere una
lunga prigionia nelle gelide fortezze alpine del Piemonte), è ricostruita con
un po’ di fantasia in una vetrina che ha il Vesuvio come sfondo e in primo
piano, sul molo del porto di Napoli, i soldatini all’imbarco, sorvegliati dalle
truppe di Re Vittorio, mentre sulle torri dei castelli partenopei la bandiera
borbonica sventola a mezz’asta.
Altre
due vetrine sono dedicate alle guerre degli Stati Uniti combattute anche da
emigranti italiani, per l’indipendenza dall’Inghilterra alla guerra civile,
fino al secondo conflitto mondiale.
In
mostra anche , custodita in una teca, il modello in scala (cm 220x40) e lo spaccato del transatlantico “Giulio
Cesare”, la nave che negli anni venti del secolo scorso portò in Argentina con
altri emigranti, la famiglia del futuro Papa Francesco.
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