Circa settanta anni fa arrivò a casa un pacco, da Napoli, spedito dai Fratelli Nazzari (si può citare, non esiste più) nel quale c’erano piccole statue: il Bambino Gesù, Maria e San Giuseppe. Ho scritto Maria senza accorgermene, così, chiamandola per nome, proprio come mi veniva spontaneo chiamare per nome mia madre.
Poi dal pacco venne fuori un bue, un asinello, alcuni pastorelli, una lavandaia, un fabbro ferraio, un falegname, un contadino, una tessitrice, una fornaia, un sagrestano, un venditore ambulante…
Il materiale era una creta non pregiata e i colori un po’ approssimativi, eppure quei visi mi vennero incontro subito abbracciandomi, dicendomi carezzevoli parole d’amore.
Era il giorno di Santa Lucia. Mio padre allestì il presepe, anzi, come gli piaceva dire, il presepio, in due vecchie bacinelle in cui sparse della carta colorata, del muschio, dei fiocchi di bambagia per fare la neve, dopo essere riuscito a costruire con dei cartoni di una scatola di scarpe la capanna, e poggiò le due bacinelle appaiate sulla sinistra del caminetto dove c’era uno spazio abbastanza comodo.
Aiutò mia madre ad avvicinarsi con la sua sedia di paglia dove stava tutto il giorno inchiodata perché paralitica, chiamò i miei fratelli, Luigi e Antonio, e mia sorella Filomena, mi strinse a sé e cominciò ad intonare “Tu scendi dalle stelle”.
Giuro che il Bambinello Lo vidi scendere e abbracciare tutta la famiglia, in un lampo.
Quella magia si ripeté per alcuni anni, cioè fino a che mio padre, troppo giovane, morì per un infarto.
Il giorno di Santa Lucia io vivo da sempre quella emozione. Una eredità che ha moltiplicato i suoi fremiti e i suoi messaggi, anche se vedo che il mondo continua le guerre, fa violenze, non riesce a saldare la pace necessaria per evitare sangue e dolore.
Mi domando: “Non ho ottemperato a qualcosa di necessario ed è per questo che in Ucraina, in Persia e altrove il fratello uccide suo fratello. Se è colpa mia sono pronto al sacrificio, perché capite quanto è bello e dolce poter essere stretti ai propri cari e cantare “Tu scendi dalle stelle”. Se c’è bisogno d’un sacrificio io sono pronto.
Ce l’ho ancora quelle rudimentali statuine, mi raccontano tante storie e quella del Bambino che nasce e rinasce è sempre più ricca e affascinante. Perché? E me lo chiedete? Ma vi rendete conto che sono oltre duemila anni che Gesù rinasce? Spiate attentamente nel vostro cuore, anche voi, uomini incalliti e donne straziate, attentamente! E lo vedrete che sorride e che vi prometterà tanta serenità. Ma è importante cercarlo, volerlo, desiderarlo. Lui deve sentire che lo desiderate, che vi manca, che avete le mani e il cuore pronti e perciò necessita.
Cantate e voce piena “Tu scendi dalle stelle”.
Io, purtroppo, non so più cantare.
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