Addio, mio professore
Fabio Pistoia
Non avrei mai immaginato di dover scrivere, in un pomeriggio uggioso di fine ottobre, di quello che è stato, è e resterà, per me, il professore Franco Graziano. Sembra tutto assurdo. Eppure è così. La mia preoccupazione è che, sul filo dei ricordi, si scivoli ben presto, e facilmente, sulla strada della retorica. È quello che voglio evitare, perché sono convinto che al professore avrebbe dato fastidio, scevro com’era da orpelli e prosopopee.
Mi affido, allora, solo a poche righe, dettate dall’impeto di voler dire tutto e subito, con il rischio evidente, però, di poter trasmettere poco o nulla. Ma proseguo lo stesso, consapevole che, comunque, non si sbaglia mai quando si è sinceri.
Una mattina di metà luglio mi recai all’Università della Calabria, per partecipare ad una riunione insieme ad alcuni colleghi. Faceva molto caldo, la zona di Arcavacata era quasi completamente deserta. Pensavo, al ritorno, a diverse esperienze fatte in questi anni a Cosenza e dintorni, esperienze umane e formative, scambi culturali, incontri di lavoro. Al ritorno, era l’ora di pranzo, a casa, a Corigliano, mi accadde un fatto insolito. Salutati i miei familiari, anziché pensare a ristorami un pochino, mi gettai sulla posta che era stata consegnata al mattino. Tra lettere e riviste, una copia dell’ultimo numero del bollettino della Fondazione “Guarasci”. Lo presi subito tra le mani, iniziai a sfogliarne le pagine, leggerne i titoli, consultare quante più informazioni possibili. Ad un certo punto, mi fermai di scatto: la notizia della scomparsa del prof. Graziano. Incredulo, senza parole, non volevo credere a tutto ciò. Un’immagine mi ritornò alla mente e mi rimase impressa per ore: l’incontro che ebbi alcuni anni addietro, dunque ad esperienza scolastica già terminata, con il prof. Graziano, su corso Mazzini, a Cosenza. Un incontro tra me, lui ed un altro mio compagno di classe negli studi seguiti al Liceo Classico di Corigliano, che fu tenero, affettuoso. Un incontro con quel mio ormai ex docente di Italiano, con la sua inseparabile “24 ore” in pelle e il suo inconfondibile stile signorile. Un’immagine che ritorna spesso nei miei pensieri.
Ebbene, nel pomeriggio di quel giorno che seppi dell’accaduto, recatomi sul luogo di lavoro, telefonai al prof. Tonino Rago, mio insegnante di Latino e Greco al Liceo Classico. Collega ed inseparabile amico del prof. Graziano. Rago mi confermò l’avvenuta morte del professore, il 7 giugno scorso, a causa di un terribile male che pur aveva combattuto con tutte le sue forze. La sera, e nei giorni successivi, scrissi brevi ricordi del professore, con una sua foto, sul portale d’informazione locale “Nuova Corigliano”, non prima di aver comunicato la triste notizia ad alcuni cari amici, anche loro allievi del professore, e condividerne il dolore che ne derivava.
Cosa dire, oggi, sulla figura e l’opera del professore Graziano? Grazie all’opportunità offertami dalla sua compagna di vita, la professoressa Guarasci, posso solo affermare di aver avuto l’onore, la fortuna, la straordinaria possibilità di essere stato suo alunno, pur se per un solo e tormentato anno scolastico, tra i banchi del Liceo Classico coriglianese. Il rammarico, probabilmente, è quello di non aver potuto usufruire abbastanza, a causa del suo successivo trasferimento in quel di Cosenza, del capitale umano, del bagaglio culturale, della forza d’animo di una persona che ammiravo ed ammiro. Ero letteralmente estasiato dalle sue lezioni, in particolare da quelle della Divina Commedia, rese uniche dal pathos profuso dal mio professore.
Uomo di poche parole, schivo, riservato, era spesso temuto dai suoi allievi. Ma sapeva farsi volere bene, apprezzare, fino a stimolare l’introspezione umana. Il nostro rapporto non fu mai offuscato da alcuna ombra. Ricordo, con affetto, che mi interrogava spesso: aveva intuito l’amore che lui, proprio lui, mi aveva trasmesso per l’opera dantesca e la mia volontà di approfondire i suoi immancabili “appunti” e di riferirli poi in classe, per la reciproca soddisfazione.
È necessario, adesso, è di vitale importanza, ora, proseguire l’impegno, la missione civile che ha animato questo maestro di vita anche fuori le aule scolastiche, con un dinamismo culturale ed una testimonianza caparbia che è documentata dalle sue poesie, dai suoi saggi, dalla sua presenza con questo semestrale che a lui deve la nascita, con l’organizzazione di iniziative, manifestazioni, momenti di arricchimento interiore e di libertà incondizionata al proprio essere.
Non finirò mai di ringraziarti, professore Graziano, per i tuoi insegnamenti. In tempi di barbarie, di degrado a tutti i livelli, di “malattia” del Paese (argomento a Te caro), oggi è ancora più luminosa la tua breve ma intensa vita, la tua coraggiosa testimonianza di cittadino, di indefesso difensore delle Istituzioni, della Scuola, della Cultura. Ma soprattutto di quell’ideale, caro professore, del quale tante volte hai disquisito in classe, la Libertà, per spiegare l’eroico sacrificio di Marco Porcio Catone, detto l’Uticense, valoroso patriarca dai costumi austeri e fiero amante della giustizia, che si suicidò, in nome appunto della Libertà, quando l’armata anticesariana venne sconfitta a Tapso.
Un giorno ci rincontreremo. Mi auguro, allora, di poterti ringraziare di persona. E dirti che hai lasciato una traccia indelebile nella mente e nel cuore di un tuo studente che forse prima dei suoi compagni di classe (perdonami la presunzione!) aveva intuito, sin dal primo giorno di scuola, che dietro quell’aspetto da docente severo e intransigente, e spesso per questo incompreso, si celava un animo nobile, colto, inquieto.
Addio, mio professore.
Nelle immagini: l’ultimo numero della rivista "il filorosso" (luglio-dicembre 2009), il primo dopo la scomparsa del prof. Graziano (foto)
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