CARO VLADIMIR
di Dante Maffia
All’improvviso
vedesti la poesia diventare ombra
in altra ombra dilatata,
effimero canto d’una liturgia.
Il sogno di diventare Dio.
Fu la fantasia dei pidocchi a creare
il ballo tondo.
Fu la storia d’un sermone
perduto da Cristo
quando immerse il divino nell’umano.
Per cammini
che non portano da nessuna parte,
nel fuoco dell’indifferenza
che ha sempre vinto le guerre
sono apparse le viole…
Io resto al balcone ad aspettare
la miseria della ritirata.
Comunque miseria.
Credi d’essere il mare, vero?
Putin, vorrei che tu e io
fossimo lieti d’ascoltare
quel che dice la conchiglia,
quel che suggerisce il rimario
e vuotare insieme una bottiglia
di vodka
una mattina di sole
davanti a Sibari in festa
perché Pitagora
ha invitato a pranzo Campanella,
Putin e Maffia.
Sibari di nuovo allagata,
distrutta dai Russi questa volta?
Siamo nella Biblioteca d’Alessandria
non in un campo di guerra.
Attento a come cammini,
le pergamene si stanno rigenerando,
Nosside è nuda.
Anche Satana ha un codice d’onore.
Ma prima che le combinazioni del male
si moltiplichino,
prima che sia scritta
la storia delle macerie,
prima che tutto si disfi in polvere
e i libri siano cancellati…
Versi, non missili,
versi, non bombe.
Putin, Putin,
perché non compri un ramo di pesco?
L’odore che apre le vie del bene,
che dal Mare Jonio porta agli Urali
ha la magia d’un sillabario.
Vladimir, oh Vladimir,
diventa Pinocchio, per favore,
accompagnami ai Sassi di Matera,
non temere se sono calabrese,
ho lasciato a casa la scimitarra,
voglio presentarti i miei poeti,
voglio farti assaggiare il pane
di grano duro, la soppressata,
perché tu possa sentire
che le mie parole
sono condite di questi sapori,
o, come diceva Nelo Risi,
sentire
che ho saputo rubare a mia madre
la fragilità della creazione.
Tu l’hai avuta una madre?
Una madre
che ti diceva parole come il pane
condito con olio e sale,
parole che spesso è il mare a darle
senza incartarle
con la raucedine del risaputo,
parole con troppo sole, forse,
ma distillate in abbracci senza sosta.
Vladimir,
diventa parola alata,
fuoco di gioia,
abbandona la guerra,
il Potere ha troppe vipere e spine,
rivolgiti a tua madre,
l’hai avuta, vero?,
tua madre, la ricordi?
Chiedile se è giusto uccidere,
recidere i fiori appena sbocciati.
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