Finora Cesare Pavese, tranne poche eccezioni, è stato letto e interpretato soprattutto per ciò che ha prodotto sugli altri, per gli effetti che le sue opere hanno avuto, indubbiamente di grande rilievo, nei giovani che lo hanno seguito. Monica Lanzillotta, Docente di Letteratura italiana contemporanea all’Università degli Studi della Calabria, affronta l’opera di Pavese nella sua estensione e nella sua profondità partendo da Dioniso, “che rappresenta l’infanzia, epoca che contiene i contrari, e Edipo, che rappresenta l’adultità, fase della vita in cui il destino è tracciato”. Così ci avvisa il risvolto di copertina del testo e le affermazioni non sono smentite dalla cura certosina con la quale i capitoli sono scanditi.
Pur essendo un saggio condotto e
sviluppato con impegno scientifico si legge agevolmente e così si viene a
confermare il magistero di uno scrittore capace di assorbire i nuovi fermenti
in atto, perfino quelli lontani che arrivavano dagli Stati Uniti, e se ne comprende la portata letteraria, umana e
perfino politica, nel senso aristotelico della parola, forse perché Pavese
“rispetto agli scrittori suoi contemporanei, sfugge a ogni collocazione nel
territorio strettamente letterario del primo Novecento”.
Questo dato, subito evidenziato
da Monica Lanzillotta, ci mette sulla strada giusta per poter entrare
liberamente nell’arsenale ricchissimo dello scrittore che aveva assorbito
esperienze d’ogni tipo, perché onnivoro e convinto che senza i fremiti e l’impatto
con la realtà del quotidiano non trovano spazio neppure non dico le utopie ma
neppure i progetti ideali per il riassesto di una realtà che in Italia fu
tragica all’epoca in cui egli visse.
La Lanzillotta ha la pazienza di
saper entrare anche negli angoli più nascosti della vita e delle opere di
Pavese ed è per questo che finalmente abbiamo un ritratto a tutto tondo del
personaggio, ma soprattutto abbiamo un giudizio adeguato delle opere.
Non viene trascurato niente e non
vi sono giudizi generici magari mutuati da un entusiasmo preso in prestito
dalle vicende politiche e da altri elementi riguardanti la persona. La
Lanzillotta esamina le opere considerandole in tutti i loro aspetti in modo da
far comprendere che siamo al cospetto di un gigante e infatti, nonostante che
Pavese abbia scritto pagine impegnate (La letteratura dell’engagement, pag.
131), non cade mai nel “vizio” comiziale, ma crea, da grande scrittore,
personaggi ed eventi che siano portatori di valori e di impegno, ma restando
sempre nella narratività più fluida e ben congegnata che non sciupa il dettato.
Il suo magistero consiste
soprattutto nell’aver saputo realizzare protagonisti che hanno interpretato i valori ideali della
politica senza diventare veicoli avulsi dalla quotidianità, restando sempre
integralmente uomini.
Almeno un passo di questa
importante opera che ha saputo sintetizzare il mare immenso pavesiano e farcelo
comprendere nella sua intensità e nella sua dimensione planetaria:
“Le opere di Pavese sono incentrate sul
riemergere delle origini (“la prima volta”) superate e rimosse, che permettono
di comprendere chi si é: le trame ruotano intorno all’indagine conoscitiva che
porta progressivamente il personaggio a riconoscere il destino, la forza
inconscia che lo risospinge in una sola direzione, verso le origini, per cui i
miti sottostanti alle storie raccontate da Pavese sono quella di Dioniso, che
rappresenta lo stato costitutivo dell’infanzia, il caos indifferenziato, il
mostruoso perché nel dio convivono i contrari e i generi (è al tempo stesso
dio, uomo, donna, animale, pianta,
ecc.), e quello di Edipo celebrato da
Sofocle, che scopre di essere diventato parricida e di avere sposato la madre
Giocasta, come destino”.
Mi pare evidente che Monica
Lanzillotta sia potuta arrivare a questa profondità di analisi avendo, come dire?
vissuto le istanze e i sentimenti di molti dei protagonisti dei libri di Pavese
in modo da poter cogliere, dall’interno, i fermenti e le accensioni ideali con
convinzione e in armonia col proprio universo.
Pavese ha sempre avuto qualcosa
di appiccicaticcio, ha sempre “preteso” che il suo lettore diventasse complice
in tutte le sue azioni. Ne è prova lampante l’appendice curata da Flavio
Poltronieri e Manlio Todeschini intitolata “Opere musicali ispirate a Cesare
Pavese”. Ben quindici pagine tra riferimenti alla musica leggera e a quella classica.
Nessuno scrittore, mai, ha avuto
tante adesioni.
Ma non si trascurino le pagine
dedicate a “La nuova edizione di Lavorare stanca”, perché la poesia di
Pavese è un capitolo ancora aperto sia per la sostanza poetica dell’opera e
sia, forse soprattutto, per la svolta impressa a tutta la poesia, non solo
italiana, che cincischiava su formule e formulette d’accatto.
Insomma, questo testo di Monica
Lanzillotta è davvero importante, dire essenziale, per entrare nel mondo di uno
dei maggiori narratori del Novecento e direi di uno dei maggiori poeti del
Novecento.
“La volontà testamentaria di
Pavese non viene però rispettata e la sua figura viene ‘smembrata’…tra
pettegolezzi, curiosità morbose, mitizzazioni, stroncature. Uno sparagmòs,
peraltro, che si addice ai grandi, e non certo ai mediocri, che si pratica su
figure eretiche e martiriali, se non su divinità o semi-divinità’ (Gigliucci,
2001, p. 92).
Il viaggio nella vita e nelle
opere di Pavese si chiude su questo passo, che restituisce lo scrittore al rito
di rinascita di Dioniso, il dio a cui somiglia”.
Finora Cesare Pavese, tranne
poche eccezioni, è stato letto e interpretato soprattutto per ciò che ha
prodotto sugli altri, per gli effetti che le sue opere hanno avuto,
indubbiamente di grande rilievo, nei giovani che lo hanno seguito. Monica
Lanzillotta, Docente di Letteratura italiana contemporanea all’Università degli
Studi della Calabria, affronta l’opera di Pavese nella sua estensione e nella
sua profondità partendo da Dioniso, “che rappresenta l’infanzia, epoca che
contiene i contrari, e Edipo, che rappresenta l’adultità, fase della vita in
cui il destino è tracciato”. Così ci avvisa il risvolto di copertina del testo
e le affermazioni non sono smentite dalla cura certosina con la quale i
capitoli sono scanditi.
Pur essendo un saggio condotto e
sviluppato con impegno scientifico si legge agevolmente e così si viene a
confermare il magistero di uno scrittore capace di assorbire i nuovi fermenti
in atto, perfino quelli lontani che arrivavano dagli Stati Uniti, e se ne comprende la portata letteraria, umana e
perfino politica, nel senso aristotelico della parola, forse perché Pavese
“rispetto agli scrittori suoi contemporanei, sfugge a ogni collocazione nel
territorio strettamente letterario del primo Novecento”.
Questo dato, subito evidenziato
da Monica Lanzillotta, ci mette sulla strada giusta per poter entrare
liberamente nell’arsenale ricchissimo dello scrittore che aveva assorbito
esperienze d’ogni tipo, perché onnivoro e convinto che senza i fremiti e l’impatto
con la realtà del quotidiano non trovano spazio neppure non dico le utopie ma
neppure i progetti ideali per il riassesto di una realtà che in Italia fu
tragica all’epoca in cui egli visse.
La Lanzillotta ha la pazienza di
saper entrare anche negli angoli più nascosti della vita e delle opere di
Pavese ed è per questo che finalmente abbiamo un ritratto a tutto tondo del
personaggio, ma soprattutto abbiamo un giudizio adeguato delle opere.
Non viene trascurato niente e non
vi sono giudizi generici magari mutuati da un entusiasmo preso in prestito
dalle vicende politiche e da altri elementi riguardanti la persona. La
Lanzillotta esamina le opere considerandole in tutti i loro aspetti in modo da
far comprendere che siamo al cospetto di un gigante e infatti, nonostante che
Pavese abbia scritto pagine impegnate (La letteratura dell’engagement, pag.
131), non cade mai nel “vizio” comiziale, ma crea, da grande scrittore,
personaggi ed eventi che siano portatori di valori e di impegno, ma restando
sempre nella narratività più fluida e ben congegnata che non sciupa il dettato.
Il suo magistero consiste
soprattutto nell’aver saputo realizzare protagonisti che hanno interpretato i valori ideali della
politica senza diventare veicoli avulsi dalla quotidianità, restando sempre
integralmente uomini.
Almeno un passo di questa
importante opera che ha saputo sintetizzare il mare immenso pavesiano e farcelo
comprendere nella sua intensità e nella sua dimensione planetaria:
“Le opere di Pavese sono incentrate sul
riemergere delle origini (“la prima volta”) superate e rimosse, che permettono
di comprendere chi si é: le trame ruotano intorno all’indagine conoscitiva che
porta progressivamente il personaggio a riconoscere il destino, la forza
inconscia che lo risospinge in una sola direzione, verso le origini, per cui i
miti sottostanti alle storie raccontate da Pavese sono quella di Dioniso, che
rappresenta lo stato costitutivo dell’infanzia, il caos indifferenziato, il
mostruoso perché nel dio convivono i contrari e i generi (è al tempo stesso
dio, uomo, donna, animale, pianta,
ecc.), e quello di Edipo celebrato da
Sofocle, che scopre di essere diventato parricida e di avere sposato la madre
Giocasta, come destino”.
Mi pare evidente che Monica
Lanzillotta sia potuta arrivare a questa profondità di analisi avendo, come dire?
vissuto le istanze e i sentimenti di molti dei protagonisti dei libri di Pavese
in modo da poter cogliere, dall’interno, i fermenti e le accensioni ideali con
convinzione e in armonia col proprio universo.
Pavese ha sempre avuto qualcosa
di appiccicaticcio, ha sempre “preteso” che il suo lettore diventasse complice
in tutte le sue azioni. Ne è prova lampante l’appendice curata da Flavio
Poltronieri e Manlio Todeschini intitolata “Opere musicali ispirate a Cesare
Pavese”. Ben quindici pagine tra riferimenti alla musica leggera e a quella classica.
Nessuno scrittore, mai, ha avuto
tante adesioni.
Ma non si trascurino le pagine
dedicate a “La nuova edizione di Lavorare stanca”, perché la poesia di
Pavese è un capitolo ancora aperto sia per la sostanza poetica dell’opera e
sia, forse soprattutto, per la svolta impressa a tutta la poesia, non solo
italiana, che cincischiava su formule e formulette d’accatto.
Insomma, questo testo di Monica
Lanzillotta è davvero importante, dire essenziale, per entrare nel mondo di uno
dei maggiori narratori del Novecento e direi di uno dei maggiori poeti del
Novecento.
“La volontà testamentaria di
Pavese non viene però rispettata e la sua figura viene ‘smembrata’…tra
pettegolezzi, curiosità morbose, mitizzazioni, stroncature. Uno sparagmòs,
peraltro, che si addice ai grandi, e non certo ai mediocri, che si pratica su
figure eretiche e martiriali, se non su divinità o semi-divinità’ (Gigliucci,
2001, p. 92).
Il viaggio nella vita e nelle
opere di Pavese si chiude su questo passo, che restituisce lo scrittore al rito
di rinascita di Dioniso, il dio a cui somiglia”.