All’inizio fu Pinocchio
di Giovanni Pistoia
“Ricordo ancora con emozione quando mi fu regalato il mio primo libro: era quello di Pinocchio. Era agosto e dovevo iniziare la prima elementare a ottobre. Mi attrassero le tante immagini, nitide, che l’editore, non ricordo certo quale fosse, aveva reso mobili. Era il mio primo e unico libro! Conobbi il sillabario due mesi dopo, ma non mi fece lo stesso effetto, non mi diede le emozioni di Le avventure di Pinocchio.
di Giovanni Pistoia
“Ricordo ancora con emozione quando mi fu regalato il mio primo libro: era quello di Pinocchio. Era agosto e dovevo iniziare la prima elementare a ottobre. Mi attrassero le tante immagini, nitide, che l’editore, non ricordo certo quale fosse, aveva reso mobili. Era il mio primo e unico libro! Conobbi il sillabario due mesi dopo, ma non mi fece lo stesso effetto, non mi diede le emozioni di Le avventure di Pinocchio.
Quelle immagini mi parlarono e… nacque la forte curiosità di capire il significato delle paroline che accompagnavano pagina dopo pagina il racconto per immagini. Nacque la voglia di… leggere per diventar grande, appunto.
Poi, più avanti negli anni, mi sono imbattuto in adulti analfabeti, e poi ancora scoprii che c’erano bambini che pur volendo leggere non sapevano perché non potevano. E mi chiedevo perché non potessero. Cercavo, intorno ai quindici/sedici anni, una risposta: vedevano, sentivano, ma non riuscivano a leggere. E la risposta che mi si dava quando la chiedevo era sempre: non sono intelligenti. Poi venne la maturità e la responsabilità dell’insegnamento…
Ma mi trovai con bambini che non potevo considerare non intelligenti, eppure stentavano a leggere o non leggevano affatto. Infine, quando ormai conoscevo tutte le risposte che la scienza ufficiale dava del problema della lettura e dei diversi metodi di insegnamento e apprendimento del leggere e dello scrivere, cominciai a capire che la lettura aveva un ruolo importantissimo per lo sviluppo dell’intelligenza, superando così lo stereotipo che chi non legge è perché non è intelligente. Anzi in me ci fu un rovesciamento di prospettiva: chi non legge mortifica l’intelligenza, non diventa intelligente.
Rimaneva comunque il quesito: perché non riesce a leggere bene chi pure vorrebbe leggere bene? E ancora: perché non riesce ad apprendere la lettura chi pure vorrebbe leggere?”
È l’inizio della bella e interessante introduzione di Franco Larocca, professore ordinario di Pedagogia speciale presso l’Università degli Studi di Verona, alla ricerca “Anch’io so leggere”; ricerca avviata nell’ambito del Progetto “Leggere per Crescere” dalla GSK (GlaxoSmithKline). Lo studio, che mira a fornire strumenti didattici e pedagogici a quanti operano con bambini aventi disabilità intellettive, è pubblicato dalla GSK (http://www.leggerepercrescere.it/).
Compito specifico del lavoro è dare risposte, teoriche e pratiche nello stesso tempo, tra l’altro, a quelle domande che si pone il prof. Larocca nell’introduzione.
Lo studio, del quale ho già segnalato l’utilità per quanti operano nel settore educativo e, in particolare, delle insegnanti di sostegno, nel post “Anch’io so leggere”, mira, in sostanza, ad approntare una metodica adeguata a sviluppare la capacità di lettura nel bambino, soprattutto se con handicap intellettivo.
Nella foto: una illustrazione del pittore Umberto Carabella, tratta dal volume “Tutto Collodi” di Carlo Lorenzini, prima edizione dell’editore Giuseppe Cusimano di Palermo, stampato a Roma nel 1966.
(4 novembre 2007)
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