Inginocchiamoci!
di Giovanni Pistoia
Vi è un’aria mesta nel paese. Quello di
Fabiana, 16 anni, uccisa orribilmente e presumibilmente da un giovane di 17
anni; il paese di tutti noi, anche di chi non lo abita. Sul mio paese incombe
un silenzio che sa di rabbia, di dolore, di vergogna. Il cielo, oggi, è azzurro
ma ha l’amaro in bocca. Un vento leggero, sottile, sibila una cantilena tra gli
uliveti e gli agrumeti, che si inchinano come in preghiera. Mi vergogno, e non
è la prima volta, di essere un uomo, di appartenere alla specie, che è la più
assassina e crudele del pianeta. Per il solo fatto di farne parte, ti chiedo
perdono, Fabiana. Non ci siamo conosciuti, forse ci siamo incontrati fugacemente
davanti al tuo istituto, chissà! Il tuo volto ora mi è noto. Ma non avrei
voluto che accadesse così, ora che non ci sei. Ho un dolore atroce che mi
lacera, non so come possa essere quello di chi ti ha dato alla luce, di chi ti
ha voluto bene. Nessuna giustizia potrà essere giusta e adeguata per un delitto
così efferato. Nessuna. Nulla potrà restituirti alla vita e nulla è più grave
che togliere ad altri la vita.
Non so se Dio avrà il coraggio di
guardarti negli occhi, se avrà una spiegazione, a noi ignota, del perché non ha
ingessato quella mano, che stava per diventare assassina. Forse Dio ha fatto
tutto alla perfezione. Mi incantano ancora i papaveri ogni volta che appaiono
tra il verde dei campi, mi affascinano sempre i fiori di pesco selvatico che s’accendono
in primavera davanti al tuo istituto, dove oggi si danno appuntamento per te i
tuoi compagni e amici, ma resto sconvolto davanti all’uomo. Forse Dio era
stanco quando ha messo mano a questa creatura. Certamente ne voleva fare un dono
sublime e, invece, ne è nato un impasto, dove si annidano mostri orrendi. Forse
Dio avrà le sue ragioni che io, povero e miserabile granello di sabbia, non
posso capire. Che in tanti, forse, non sappiamo comprendere. Ma ci dia un segno
della sua benevolenza. Ce lo dia perché ne abbiamo bisogno.
Intanto, le donne hanno il diritto di
difendersi. Nessuno può chiedere loro di non difendersi, di chinare la testa,
di farsi calpestare la dignità, di farsi violentare e massacrare. Ma sono
soprattutto gli uomini, noi uomini, nessuno escluso, noi dobbiamo fare i conti
con la nostra esistenza, noi con la concezione della nostra vita e di quella altrui.
Siamo noi uomini che dobbiamo dimostrare a noi stessi di essere creature con un
cuore e un cervello. Noi uomini che dobbiamo frantumare una sorta di omertà di
genere che ci affligge e ci umilia.
Un uomo che fa della sua forza fisica
(un braccio più muscoloso, una mano più robusta) un motivo di vanto, di
arroganza, di prepotenza, è un essere insignificante, un miserabile soggetto,
un vigliacco, che merita la riprovazione dell’universo intero.
Lo Stato non può stare a guardare, non
può. Deve reagire con forza, con speditezza. Indagini serie, rigorose,
equilibrate e in tempi brevi. E, soprattutto, certezza della pena. Deve
innanzitutto prevenire e non aspettare il cadavere. Proteggere, contrastare,
prevenire devono essere le parole d’ordine.
E questa nostra cittadina, sempre più al
macero della rassegnazione e della distrazione per le colpe, chi di più chi di
meno, di noi tutti, deve avviarsi a una svolta: diventare, o ridiventare,
roccia, oppure polvere da dissolvere al vento e alle acque.
E ora che questo triste giorno si avvia
a scrivere una pagina nera, e non solo per il nostro paese, ma per l’Italia
tutta, inginocchiamoci; uomini tutti, inginocchiamoci davanti a Fabiana e a tutte
le ragazze e le donne comunque offese, chiediamo loro perdono per quello che di
straziante abbiamo loro fatto. Perdono.
Corigliano Calabro, 27 maggio 2013
Nessun commento:
Posta un commento