ROCCO PATERNOSTRO, Sette Visioni, Lithos
Editrice, Roma 2008
Un testo di rara poesia dotta, dallo
stile raffinato, elegante, rigoroso e, nello stesso tempo, poesia dolcissima,
tenera; un lungo canto che, dai primordi dello spirito, attraverso miti,
leggende, episodi storici, arriva fino ai nostri giorni, al nostro quotidiano
intriso, ci piaccia o no, di sogni e realtà.
Poesia profonda con forti accenni autobiografici, eppure cosmica, universale,
senza spazio e senza tempo, dove il cielo e il mare si affacciano sul davanzale
del mondo per scrutare visioni eteree e immagini indescrivibili. Poesia, a tratti
difficile, corolla che tiene ben protetto il suo bocciolo, che non si dona a
tutti: quando, però, si entra nei suoi segreti, si apre alla bellezza pura ed
espande profumi e petali, essenze e assonanze, perché lì fioriscono versi di velluto.
Qui la poesia diventa narrazione, ora danza di memorie, ora eco di filastrocca,
melodia nobilitata, ora favola, storia di tante storie, preghiera, emozione e
turbamento sulle note di nenie struggenti.
Un viaggio, questo di Rocco Paternostro,
nel vissuto dell’umanità, alla ricerca di una visione finale, uno svelamento di
ombre, fino allo squarcio del settimo sigillo dell’Apocalisse di Giovanni, filo
conduttore dell’intero poemetto.
Una conchiglia intricata e complessa,
apparentemente scontrosa. Questa poesia di Paternostro richiede conoscenza e
studi, scava e attinge negli anfratti del sapere, stimola viaggi culturali di
ampio respiro, s’incunea in fantastici percorsi simbolici e, nel tentativo
dello svelamento del mito, diventa essa stesso mito.
Ma attenzione: una volta trovata la
chiave di lettura, la conchiglia appare in tutta la sua meraviglia, una grazia
solare che illumina mondi ora non più oscuri. Sì, in tutta la sua grazia, che è
qualcosa di più della bellezza; una sintesi della bellezza e della conoscenza.
E mi fermo, perché non so se qui la Grazia diventa Poesia, oppure è la Poesia
che diventa Grazia; forse, semplicemente, è la Poesia che culla, graziosamente,
la Grazia. (Giovanni Pistoia)
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