Nota
di Dante MAFFIA
[Giovanni Pistoia, Come il fiume fluisce verso il monte – poesie, Photocity Edizioni,
dicembre 2013]
La prima sensazione provata, leggendo
questo libro, è stata quella di entrare in un paese abbandonato, di quelli dove
l’erba e il muschio a un certo punto fanno da padroni. Come se Giovanni Pistoia
fosse andato alla ricerca del se stesso bambino e avesse voluto ripristinare un
rapporto quasi carnale con le persone dell’infanzia, con i familiari, con le
cose che gli sono appartenute. Eppure, in tutta questa dovizia di particolari
che riportano al passato, non c’è nessuna traccia fortemente realistica: tutto
è ripescato come da un sogno, che però ha contorni nitidi e ha voce ferma e
perentoria, tanto che i particolari sono definiti e hanno l’aspetto di
fotografie d’epoca.
Eppure le varie composizioni sono di
periodi diversi e sono uscite su antologie varie e su riviste, non sono nate da
un progetto unitario. Prova dunque che Giovanni Pistoia ha in sé una visione
coerente del suo mondo interiore, e soprattutto un linguaggio che sa essere suo
nelle accensioni liriche e nelle declamazioni sentimentali.
Comunque in questa sorta di
“ricostruzione” di una certa epoca, non c’è nulla di stantio o di crepuscolare,
c’è semmai la necessità di riappropriarsi di ciò che s’è perduto in modo da
poter servire a chiarimenti, a confronti, insomma alla crescita.
Il libro comincia con
“Muta
e deserta è questa via
dove
nacqui portato dalle rondini
a
primavera
all’ombra
del vecchio arco
che
racconta ancora
storie
di miracoli e povertà”.
L’atmosfera è creata appieno e così si
può calpestare il vecchio selciato, entrare nei vicoli, vivere l’inedia,
visitare la casa dove le “Ragnatele tessono l’elogio del tempo”.
Poi però il libro si apre a spazi più
ampi, percorre situazioni del vissuto e del sognato e lo fa con quella pacata
effervescenza che è tipica della poesia di Giovanni Pistoia e che rende ogni
cosa una preziosa icona.
Tuttavia non c’è mai un accento che
significa necessità di ritorno assurdo al passato. Il passato è esistito ed è
stato vissuto, appartiene alla storia dell’uomo, ma sarebbe un errore madornale
invocarne il ripristino, cercarne un finto presente. E infatti il poeta,
cosciente della operazione messa in atto, arriva a concludere con quella
splendida poesia dialogata che è Sogna
bambino in cui si avverte la capacità del poeta di saper ribaltare la
nostalgia in futuro:
“rincorri
il filo colorato del tuo aquilone
è
tuo è tuo non è di nessuno …
è
tempo è tempo
di
ricominciare”.
Questo è press’a poco l’arco ideale e
diciamolo pure ideologico dentro cui Pistoia fa muovere le sue necessità
espressive, il suo affondo nella dinamica del vivere legato a un luogo e a una
realtà. Ma dentro, sparse nelle pagine, ci sono momenti da non trascurare, a
cominciare dall’affresco di Plataci dove quei “tetti … sazi” hanno qualcosa di
profondamente umano e a finire al Pincio dove il tramonto assume altra natura:
“È
alba di fuoco il tramonto
sul
balcone del Pincio
la
sera”.
Passando per il lago di Tarsia dove
“Sul
muretto siede, or sono anni,
un’arguta
nonnetta …
La
sua mano tesa è la benedizione al passante,
il
buongiorno del lago a chi cerca la pace”.
Ma quel che più convince di questo
bellissimo testo è l’amore per la natura che trabocca ad ogni pagina. Ci sono
ginestre e foglie d’ogni genere, ci sono conchiglie, rondini, farfalle, cardi e
stelle, sogni, tanti sogni che la dicono lunga sulla sensibilità di quest’uomo
che ha scelto di vivere appartato e silenzioso e che ha dalla sua una tale
dovizia di doni umani e poetici da non temere paragoni.
Non è lo strombazzare del nome che può,
col tempo, “vincere di mille secoli il silenzio”, ma la certosina maniera di
abbeverarsi alla bellezza, al sogno, alla speranza del futuro.
Questa poesia è intrisa di cose concrete
che sanno diventare icone ed emblemi di quella magia che ricorda il mondo zen
se è vero, com’è vero che
“… Il mare
cancellò
presto i nostri volti,
seminò
il ricordo fra gli scogli”.
Ancora una prova di come si deve fare
poesia irrorando del proprio io ogni verso e nello stesso tempo subito
rendendolo appannaggio degli altri e non privilegio egoistico o personale
esibizione. Giovanni Pistoia ormai ha una voce riconoscibile e vera, autentica
e convincente e ogni volta comunque ci porta dentro circostanze che sono
intrise di vita e che sanno
“aggrapparsi
alle stelle …
Dante Maffia
Roma, Natale 2013
Giovanni Pistoia
Come
il fiume fluisce verso il monte
poesie
Photocity Edizioni, dicembre 2013
Il volume è distribuito da:
Nessun commento:
Posta un commento