mercoledì 30 dicembre 2020

FRANCESCANTONIO MAZZARIO, La elezione del deputato nel Collegio di Matera in marzo 1867, - Introduzione e cura di GIUSEPPE TREBISACCE, Rende (CS), Jonia Editrice, pp. 123 [letto da Dante MAFFIA

Ha fatto bene Giuseppe Trebisacce, nella sua Introduzione, a richiamare il momento in cui la microstoria ha assunto un ruolo non più marginale rispetto alla grande storia. Prima si consideravano gli imperatori e i condottieri, i regnanti e al massimo i generali, come se la gestione di un popolo o il combattimento di una guerra fossero merito solo e soltanto di una persona. Finalmente giustizia è fatta, direbbe un grande amico scrittore, ma è fatta soprattutto perché studiosi della profondità e della serietà di Giuseppe  Trebisacce non hanno mai abbandonato la ricerca per ridisegnare gli eventi nella loro essenza, nella loro verità spicciola, periferica.

 Prova ne è la scoperta, come altrimenti chiamarla?, di questa vicenda rimasta sepolta per quasi un secolo e mezzo, anche se nelle dicerie paesane, nei racconti dei nonni e dei bisnonni si vociferava di Francescantonio Mazzario come  difensore della giustizia, uomo colto che conosceva non solo la “Commedia” di Dante Alighieri, ma anche le opere di Orazio, di Seneca, di Campanella e di Alfieri.

 Pesco queste reminiscenze di notizie nella vaghezza di ciò che raccontava mia nonna o Zi Mingo Capitano che quasi settanta anni fa mi teneva fermo per ore davanti al camino in ininterrotte trame di vicende variegate e colorate di un acceso e ingenuo romanticismo che ripercorreva gli accadimenti e i personaggi di Roseto.

 Ma torniamo al libro che Giuseppe Trebisacce ci ripropone illustrandone, nella sua illuminante introduzione, i pregi, quelli obiettivi, e proprio per evitare che sia solo e soltanto amor di patria.

 Ma prima dello scritto di Trebisacce ci sono delle pagine di Rosanna Mazzia, Sindaco di Roseto Capo Spulico, che spiegano che cosa significa recuperare la memoria, che cosa sono le radici  di un popolo e a che valgono.

 “Gli scritti che si è scelto di ripubblicare, arricchiti  da  note  esplicative  delle  parti  di  minore comprensione, offrono  al  lettore  la  riproposizione  di  tutti i mali  che  contraddistinguono  da sempre la politica (con la minuscola) al punto che gli scritti appaiono contemporanei, infarciti come sono di riferimenti alla corruttela, al clientelismo, al trasformismo, al collateralismo, alla compravendita di voti, ma anche al rampantismo, al qualunquismo e all’approssimazione”.

 Attualità a parte, i documenti sono la prova lampante che niente nasce per caso e niente si evolve se in una società, piccola o grande che sia, non ci sono uomini che seminano fermenti, idee che circolano, proposte che tentano di rinnovare la maniera di vivere, l’organizzazione delle istituzioni.

Mi pare che Francescantonio Mazzario sia stato un uomo che aveva una saggezza e una visione della comunità con vedute di vera democrazia. Non si era arroccato sui privilegi che la sua condizione economica e sociale gli dava, ma si era messo in gioco presentandosi alle elezioni a deputato nel collegio di Matera nel 1967.

 Non aveva vinto, non era un facinoroso, un intrigante  e  così la “Penisoletta”, come Zanotti Bianco chiamò l’Alto Jonio, la “Cenerentola”, come lo definì Don Pietro De Tomamso, senza un fautore convinto, senza un difensore che conosceva le piaghe dilaganti di Roseto e degli altri paesi, rimase indietro, abbandonata  ai capricci e ai soprusi di dispotici proprietari di terre, baroni o delinquenti.

 Non entro assolutamente nella questione apertasi tra Francescantonio Mazzario e Nicola Franchi, nella loro dialettica che pure ha dei momenti di sana lezione politica intensa nella più umana ed equilibrata accezione, ma affermo che questa operazione culturale, saggiamente culturale, aperta di Giuseppe Trebisacce, possa avere un seguito sempre più agguerrito e fattivo. Non è casuale che le note esplicative siano puntuali e precise per fare in modo che la lettura sia agevolata e non fraintesa.

 Si vedono segni di studio di microstoria a Cassano Jonio, a Corigliano Calabro, a Morano, a Rossano e quindi la fioritura è cominciata. E non è fioritura che deve accendere soltanto l’orgoglio campanilistico, deve semmai dare la consapevolezza che non siamo figli di nessuno neppure quando siamo cresciuti sulle falde del Pollino, nei Sassi di Matera, nella malaria di Sibari. Le radici hanno un senso straordinario per darci la dignità, non la superbia di essere apparentati  a Pitagora, ma la convinzione che ci fu un seme che germogliò, poi fu seminato e riseminato e se ne sono avute diversità, ma sempre in cammino.

 Grazie Rosanna Mazzia, grazie Giuseppe Trebisacce di questa lezione di storia che, se sarà letta con pacata adesione diventerà  fermento etico ed estetico, coscienza di fare parte di una identità di uomini veri.

 

 

 


sabato 12 dicembre 2020

E la Freccia è sempre Azzurra di Giovanni Pistoia

  


La fortuna editoriale de «La Freccia Azzurra» è enorme. Numerosissime le edizioni, le stampe, ristampe; varie le iniziative con questa felice etichetta tutta rodariana. Tra le prime due edizioni esistono numerose e sostanziali differenze. La prima è del 1954 con il titolo «Il viaggio della freccia azzurra» per le edizioni fiorentine «Centro Diffusione Stampa», con illustrazioni di Numi Bosetti, mentre la copertina è di Vinicio Berti. La seconda è del 1964 con il titolo «La Freccia Azzurra» e illustrazioni di Maria Enrica Agostinelli.

 

Nel 1990 il quotidiano «l’Unità» offre ai suoi lettori una nuova edizione del romanzo. È il secondo libro di Rodari che il giornale regala ai suoi lettori. Nell’aprile dell’anno precedente, in occasione del decennale della scomparsa dello scrittore, avvenuta il 14 aprile del 1980, fu organizzata una diffusione straordinaria di un’antologia di racconti, favole e filastrocche, «Il gatto viaggiatore», con la prefazione di Tullio De Mauro.

 

Questa nuova edizione de «La Freccia Azzurra», stampata a cura de «l’Unità» e degli «Editori Riuniti», riservata ai lettori e agli abbonati del quotidiano, fu curata da Carmine De Luca. La grafica porta la firma di Christine Sitte e Luciano Vagaggini con il coordinamento tecnico di Claudio Saba. Il volume, illustrato da Gianni Peg e Lorena Munforti, contiene oltre che la storia fantastica anche una sezione di «Filastrocche»: Le bugie, Quanti pesci ci sono nel mare?, Cena e pranzo, Il nome, An-ghin-gò, Storia di un somaro, L’arcobaleno, Scherzo, Capelli bianchi, Il pane, Giovannino Perdigiorno, Canzonetta di Natale, Il gioco dei «se». De Luca firma una breve nota, posta nelle ultime pagine del libro, dal titolo Per i lettori che qui si riporta.

 

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Una volta i ragazzi di una scuola chiesero a Gianni Rodari di autopresentarsi per lettera. Egli fece questo ritratto di sé: «Sono nato a Omegna, sul lago d’Orta in provincia di Novara, nel 1920 (cioè quasi nella preistoria)… Ho cominciato a scrivere per i bambini tra il 1948 e il 1950, per caso sul quotidiano in cui lavoravo, perché si voleva fare una pagina per le famiglie, la domenica, e a me vennero in testa delle storielle divertenti. Ora scrivo per i bambini perché mi sono appassionato a questo lavoro; perché mi vengono in testa sempre nuove storie; perché spero di riuscire a far ridere qualcuno e anche di aiutarlo a capire il mondo; perché me le chiedono.

Quando scrivo le mie storie? Dopo averle pensate e fantasticate tanto tempo, con pazienza – anche degli anni…»

Gli stessi ragazzi posero altre domande a Rodari. Volevano sapere quali fossero le sue abitudini private e che cosa facesse nel tempo libero. Ecco la risposta: «Ho tempo libero? Poco. La sera. Come lo occupo? Leggendo: libri di letteratura, pedagogia, psicologia, filosofia e etnografia – e di storia; ascoltando musica: i miei musicisti preferiti sono Bach e Mozart; camminando (una volta alla settimana soltanto…) nei boschi. Anzi se dovessi scegliere un solo mestiere, sceglierei quello di camminatore nei boschi. Chi sa se danno uno stipendio per questo…»

Non poteva dire Rodari che lui era il più importante scrittore italiano per ragazzi, che i suoi libri erano conosciuti un po’ in tutto il mondo e tradotti in una grande quantità di lingue straniere (anche le lingue più strane: persiano e jacuto, ucraino e cabardino-balcarico…). Non lo scrisse ai suoi giovanissimi interlocutori per modestia. Ma lo sapeva bene, come lo sapevano i suoi lettori. Nel 1970, infatti, gli fu conferito il Premio Andersen, che è considerato il Nobel della letteratura per ragazzi. Alla cerimonia per la consegna del premio Gianni Rodari tra l’altro disse: «Io credo che le fiabe, quelle vecchie e quelle nuove, possano contribuire a educare la mente. La fiaba è il luogo di tutte le ipotesi: essa ci può dare delle chiavi per entrare nella realtà per strade nuove, può aiutare il bambino a conoscere il mondo…»

 

La Freccia Azzurra è una fiaba, una storia fantastica, che Rodari scrisse nei primi anni cinquanta. La vetrina della Befana (una Befana strana, una vecchia signora molto distinta e nobile, quasi baronessa) è un vero e proprio pianeta di fantasia: i suoi abitanti sono i più diversi e divertenti giocattoli. La Freccia Azzurra, un trenino elettrico, è il giocattolo più bello. Accanto vivono le Tre Marionette prive di cuore, l’Ingegnere Capo del Meccano, gli intrepidi ferrovieri del treno, il Capitan Mezzabarba, la Bambola Nera, il cane Spicciola.

Francesco, dieci anni, quarta elementare, venditore di caramelle e gomme da masticare in un piccolo cinematografo, vorrebbe tanto possedere quel bellissimo treno ma non ha i soldi per comprarlo. La notte del 6 gennaio i giocattoli si animano e fuggono dalla bottega della Befana. Seguono decine di avventure diverse. La conclusione della storia vede Francesco felice con il cane Spicciola che da giocattolo si trasforma in cane vero e diventa amico fedele del bambino.

Le storie intrecciate che formano il libro sono il frutto del programma che Rodari esponeva ai bambini suoi interlocutori: l’intenzione di «far ridere qualcuno e anche di aiutarlo a capire il mondo». La Freccia Azzurra disegna e rappresenta un mondo in cui l’ipotesi della giustizia e della solidarietà si realizza; un mondo nel quale uguaglianza significa veramente essere tutti uguali.

 

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«La Freccia Azzurra» fu non solo il titolo di un libro ma il nome dato a una fantastica collana di libri per ragazzi. E proprio Claudio Saba avrà modo di ripercorrere quella significativa esperienza con De Luca in una sua testimonianza apparsa sul numero 6 del 2000 de «il Pepeverde», rivista di lettere e letterature per ragazzi, che qui piace riproporre:

 

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La freccia azzurra, il trenino protagonista di una delle più belle storie scritte da Rodari e che ha fatto sognare tante generazioni, è il nome che Carmine ed io abbiamo voluto dare nel 1991 a una collana di piccoli libri per ragazzi che era, come quel trenino, un incredibile contenitore di tanti giocattoli animati, il teatro di personaggi fantastici e delle loro avventure, lo spunto per trovare vicino quanto appare lontano e perduto.

Ricordo con fortissima nostalgia quell’esperienza intensa e appassionante, l’entusiasmo di Carmine con il quale avevo già condiviso altri momenti di interesse in ambito editoriale, il gioco creativo e divertente del fare i libri insieme, il sentire il cimento comune di un’avventura nuova e vissuta per di più su un terreno irto di ostacoli.

Con la vitalità e l’incoscienza tipica dei bambini, ci trascinammo dietro tutta la casa editrice, gli Editori Riuniti, che, peraltro, stava vivendo una stagione di grandissima difficoltà. Una volta tanto formammo una vera squadra: editoriale, grafico, produzione, commerciale e distribuzione furono capaci di lavorare all’unisono per una scommessa che si rivelò vincente: riuscimmo nella non facile impresa di realizzare libri che avevano l’originalità, la tenacia e l’amore dell’artigiano e contemporaneamente dimensioni industriali. I primi sette volumetti esaurirono la prima tiratura (20.000 copie) in pochi mesi, poi ne seguirono altri 7 e poi altri 7. Numeri che fanno venire in mente le fiabe ma, come spesso accade nelle fiabe e più spesso nella vita, le cose belle, le realizzazioni pulite si imbattono in un nemico terribile: l’invidia. Come nella canzone di Guccini, la freccia azzurra venne deviata lungo una linea morta da alcuni cattivi dal volto livido. Ma la passione, l’intelligenza e la profonda umanità di Carmine De Luca si possono ancora ritrovare in quelle copertine disegnate dai tanti amici illustratori che coinvolsi e che voglio tornare a ringraziare a nome di Carmine a distanza di tanti anni.

 

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Dal romanzo è stato tratto un bellissimo film d’animazione, restaurato nel 2020 in occasione del centenario dedicato a Rodari. Il film è disponibile anche in dvd e può essere visionato su YouTube.

La Freccia Azzurra continua a essere una delle letture più apprezzate a scuola e fonte di ispirazione per rinnovati strumenti didattici. La tecnologia, sempre più usata nelle aule scolastiche, si è impossessata anche dei testi di Rodari. A Gianni la cosa non sarebbe sgradita, l’importante, in ogni modo, non fare come quel suo personaggio che tanto si infatuò del televisore da cascarci dentro.

 

Detto ciò, però, non bisogna accontentarsi di leggere quello che si dice di Rodari o dei suoi tanti e vari scritti. È indispensabile aprire i suoi testi e leggerli, o rileggerli, qualunque sia l’età. Apriamo una delle tante edizioni de «La Freccia Azzurra» e iniziamo il viaggio. È un viaggio che possiamo fare anche in questi tempi brutti, dove un virus cattivo cattivo ci vuole impedire di viaggiare, di stare insieme con gli altri, e ci costringe a nascondere bocca e naso con la mascherina. Possiamo sconfiggerlo anche così il virus invisibile, salendo sulla Freccia e partire, e andare lontano lontano:

 

La Befana era una vecchia signora molto distinta e nobile: era quasi baronessa…

 

domenica 6 dicembre 2020

Il Natale di Rodari di Giovanni Pistoia


 Giornata tempestosa oggi, vento e pioggia a dire basta. Il sole non è apparso neanche per un secondo. E per chi come me ha bisogno dei suoi raggi più del pane sono tempi amari. La lettura è uno dei miei rifugi per restare nel mondo. Non è mai una fuga un buon libro; è solo un viaggio ben organizzato che, comunque, non sai dove possa portarti.

Ho ripreso nelle mani un volumetto di Gianni Rodari (alla mia età, dirà qualcuno; è così, alla mia età!). Il titolo è «Il giudice a dondolo». L’ho letto gioiosamente; i racconti di Rodari si leggono con facilità, ti afferrano per mano, tengono compagnia, e ti fanno anche riflettere. Tra i testi, uno brevissimo dal titolo Il bimbo, che mi piace sottoporre alla vostra attenzione poiché fra non molto sarà Natale. Un Natale quest’anno diverso dai tanti fino ad ora trascorsi. Dovremo essere prudenti per sconfiggere la pandemia che ha colpito il mondo. Un piccolo, microscopico virus, un esserino invisibile se non agli occhi attenti di studiosi con l’ausilio di mezzi tecnologici, sta seminando morti e angosce. L’uomo è fragile, ma è prendendo atto della sua fragilità che, forse, può trovare la forza per piegare il mostro e vivere, non proprio felici e contenti come nelle favole, ma certamente con più serenità, e godere delle bellezze che la terra conserva, nonostante l’uomo non si sia dimostrato, nel tempo, un intelligente custode.

Rodari era un maestro nei racconti brevi e fulminanti. Nella sua attività di giornalista, attento alle cronache delle città e paesi, ha disseminato, nei giornali e riviste, la sua passione di narratore. Il raccontino Il bimbo apparve, per la prima volta, il 25 gennaio 1948 su «l’Unità». Fu letto dai lettori di quel giornale che, essendo un quotidiano, fu subito messo da parte per cedere posto al numero del giorno dopo. È il destino del quotidiano: ha vita breve.

Vi fu, però, un lettore, giornalista anche lui, docente ma attento studioso di letteratura, che capì subito il valore di quei testi, li studiò e li raccolse con cura in una cartellina. Ne mise insieme un bel po’, li cucì in maniera armonica. Si rese conto che, predisponendoli organicamente in ben ragionate raccolte, quegli scritti acquisivano altri sapori; si gustavano come si fa con il pane caldo. Ne fece così vari libri.

Il bimbo fu messo accanto ad altri in un volumetto, che prese il nome di altro racconto, Il giudice a dondolo. Quel lettore, che tanto contribuì a valorizzare l’opera di Rodari, era Carmine De Luca. Curò il libro, che fu pubblicato nel 1989 dagli Editori Riuniti di Roma, con la prefazione di Giuliano Manacorda. De Luca stesso firmò una brevissima quanto istruttiva nota introduttiva. E così anche grazie a lui tanti lettori ebbero modo di conoscere questi racconti di Rodari. Più recentemente, nel 2013, l’editore Einaudi ha ristampato il libro con la prefazione di Mario Di Rienzo, che ben illustra in quale contesto questa raccolta si colloca tra i tanti altri di Rodari. E, tra le tante cose interessanti che scrive, afferma «… se oggi gli studi sull’opera di Rodari hanno allargato i loro orizzonti e sono diventati molto più agguerriti e affidabili, lo si deve anche al lavoro di ricerca, scavo e sistemazione fatto da Carmine De Luca.» E ora buona lettura in compagnia de Il bimbo.

 

***

 

La notte di Natale il Gran Ministro non può dormire.

Ad un tratto sente battere alla porta.

- Avanti, - grida con voce irritata.

La porta si apre timidamente, appare un bambino dal ciuffo nero, non più alto dello stivale delle guardie del Gran Ministro.

- Tu chi sei? Che cosa vuoi?

- Voglio il mio papà.

- Non so nulla di tuo padre. Vattene.

- Sì, tu lo hai fatto mettere in prigione dalle tue guardie. Era un disoccupato e chiedeva lavoro.

- Vattene, moccioso, - dice il Gran Ministro.

- Non ho tempo da perdere in chiacchiere. Devo preparare i doni di Natale per i miei figli.

- Io non l’ho avuto il dono di Natale, sai. A me non me ne importa, ma i miei fratellini hanno pianto tutto il giorno.

- Vattene altrimenti ti farò gettare fuori dalle mie guardie.

- Perché non provi a chiamarle? – dice il bambino.

- Guardie, a me! – grida il Gran Ministro con la voce che fa tremare tutto il palazzo.

Ma le guardie non arrivano. Forse si sono ubriacate e dormono nelle stanze più lontane. Il Gran Ministro spalanca la porta che dà sul corridoio, si affaccia per chiamare di nuovo ma la voce gli si ferma in gola.

Il corridoio è pieno zeppo di bambini piccoli e neri nei loro abitini leggeri e strappati: guardano tutti in faccia al Ministro con gli occhi dolci e severi senza dire una parola, gli mostrano i piedini coperti di geloni, molti hanno una fascia a lutto sul braccio.

-Vedi? – dice il bambino dal ciuffo nero alle spalle del Gran Ministro. – A quello là le tue guardie gli hanno ucciso il papà in mezzo alla piazza: era un povero contadino affamato.

Il Ministro chiude la porta con fracasso, si precipita alla finestra, la spalanca: anche il giardino è pieno di bambini, tranquilli e quieti, con gli occhi dolci e severi.

- Guardie! – chiama il Ministro.

I bambini lo guardano in silenzio.

- Sono venuti a chiederti il loro papà, - dice il ciuffo nero alle sue spalle. Il Gran Ministro si volta.

Ma come si è cambiato, adesso, il bambino! È tutto sporco di sangue, ha delle lividure in faccia, delle ferite aperte in ogni parte del corpo. Ha un’aureola attorno al ciuffo.

È lui, il Bimbo, non lo avete ancora capito?

- Perché mi hai picchiato? – dice al Gran Ministro. – Ogni volta che facevi picchiare dalle tue guardie gli operai e i contadini, facevi picchiare me. Ogni volta che facevi piangere uno di quei bambini innocenti, ero io che piangevo. Non tentare di baciare la croce che hai sul petto, non ti serve a niente. Siamo venuti per non lasciarti mai più; sei il nostro prigioniero. Perché non chiami le guardie? Perché non ci fai picchiare con i manganelli? Perché non ordini di caricare i fucili? Tu, Gran Ministro, perché non puoi dormire?

 

***

 

Altre volte Rodari si è chiesto quanto pesasse una lacrima di un bambino capriccioso, e la risposta fu: «meno del vento» e quanto, invece, quella di un bambino affamato, e la risposta fu: «pesa più di tutta la terra.» Sono trascorsi settantadue anni, settantadue Natale, da quando Gianni Rodari scrisse questo raccontino. Moltissime cose sono cambiate. Per esempio, si parla sempre meno di contadini (secondo alcuni quasi scomparsi), di operai che non sono più identificati come classe, come si diceva tanto tempo fa. La parola disoccupato è sempre di moda, purtroppo. Bambini vittime di guerre, della fame, ve ne sono ancora tanti. Altri li vediamo che naufragano nei nostri amati mari, perché non riescono a raggiungere la spiaggia. Li notiamo distrattamente attraverso la televisione, mentre siamo a pranzo o a cena. Quello che permane inalterata è l’ipocrisia degli uomini. Ce ne andiamo in giro con la croce sul petto, oppure appiccicata alle orecchie, ai polsi, perfino tatuata sulla pelle. Povero Cristo ridotto a icona del vuoto e del nulla. Un orpello. E tutti a dimenticarci del suo messaggio, forte e rivoluzionario, per chi crede e anche per chi non crede; un messaggio tutto teso a favore di chi non ha, e spesso chi non ha non è. Invisibile a tutti. Il Natale che ci accingiamo a ricordare, proprio per le condizioni in cui siamo costretti a viverlo, è l’occasione buona, non tanto per vedere le pagliuzze negli occhi degli altri, ma per osservare le travi che ci portiamo nei nostri. Sperare di darsi una mano per il trionfo di un po’ di umanità è doveroso, così come è doveroso lavorare concretamente perché il miracolo si realizzi e, come ci ricorda ancora Rodari in una bella filastrocca, se ci diamo la mano i miracoli si fanno e il giorno di Natale durerà tutto l’anno.

venerdì 13 novembre 2020

Privati silenzi - Seconda edizione

 


Giovanni Pistoia

Privati silenzi

Versi e prosa

Prefazione di Albana Alia

Seconda edizione

2017

Privati silenzi Heshtje e mohuar

 


Giovanni Pistoia

Privati silenzi

Versi e prosa


Heshtje e mohuar


In copertina Il respiro dell’anima di Rocco Regina

Foto Francesco Aronne


Prefazione e traduzione di Albana Alia

2017
 Testo italiano e albanese

Era mbeti pa frymëmarrje

 


Giovanni Pistoia

Era mbeti pa frymëmarrje

Poezi

Beqir Musliu

2017

Il vento restò senza respiro

 


Giovanni Pistoia

Il vento restò senza respiro

Poesie

Scelta e prefazione Anton Nikë Berisha

2016

Gabbiano dispettoso - filastrocche

 

 


Giovanni Pistoia

Gabbiano dispettoso

filastrocche

2013

L’opuscoletto non è più in commercio – copie non disponibili

Parole d’acqua e di vento

 


Giovanni Pistoia

Parole d’acqua e di vento

In copertina: foto di Francesca Lazzarano

Tascabile

2015


martedì 10 novembre 2020

lunedì 9 novembre 2020

Se solo potesse dar voce




Giovanni Pistoia

Se solo potesse dar voce

Poesie

2014


Sono i petali che fanno la rosa

 


Giovanni Pistoia

Sono i petali che fanno la rosa

Pensieri di sabbia

In copertina: Olio su tela di Rocco Regina

Seconda edizione

2017

Sentieri di pagine


 

Giovanni Pistoia

Sentieri di pagine

Appunti e note di lettura

Seconda edizione

2017

Momenti di storia nella Calabria del XVI secolo

 


Giovanni Pistoia

Momenti di storia nella Calabria del XVI secolo

Seconda edizione ampliata

2016

Intervista sulla piana di Sibari

 


Giovanni Pistoia

Intervista sulla piana di Sibari

Raccolta di scritti apparsi tra il 1986 e il 1988

2015

Parole mai stanche da lunghi viaggi

 


Giovanni Pistoia

Parole mai stanche da lunghi viaggi

Note e noterelle dell’altro secolo

2016

Ci lasci uscire, bella signora! - Racconti

 


Giovanni Pistoia

Ci lasci uscire, bella signora!

Racconti

2014

Dante Maffia – Tutto ebbe inizio con il nome


Giovanni Pistoia

Dante Maffia – Tutto ebbe inizio  con il nome

La Mongolfiera

2016

Meglio c’era due volte

 


Carmine De Luca

Meglio c’era due volte

a cura di Giovanni Pistoia

In copertina: Disegno di Emanuele Luzzati

2005

 Testo non in commercio. Copie non disponibili.

domenica 8 novembre 2020

La parola e il tempo - pagine sparse

 


Giovanni Pistoia

La parola e il tempo

pagine sparse

In copertina: veduta della piana di Sibari

foto di Giovanni Ursino

Seconda edizione

2017

sabato 7 novembre 2020

Voci del Sud - tracce segni idee

 


Giovanni Pistoia

Voci del Sud

tracce segni idee

In copertina, olio su tela di Rocco Regina

Seconda edizione

2017

Adesso vi conto una storia… Raccolta di note critiche sulle fiabe italiane e internazionali

 


Carmine De Luca

Adesso vi conto una storia…

Raccolta di note critiche sulle fiabe italiane e internazionali

a cura di Giovanni Pistoia

presentazione di Tullio De Mauro

Il serratore

1998

  

Il volume non è in commercio. Sono disponibili solo alcune copie. Gli interessati potranno farne richiesta utilizzando la e-mail sotto indicata. Avranno la precedenza le biblioteche. Nessun costo.

giovannipistoia@libero.it

 

Perché il sogno non tramonti - riflessioni su temi d'attualità



Giovanni Pistoia

Perché il sogno non tramonti

riflessioni su temi d'attualità

Il serratore

1998

Il volume non è in commercio. Sono disponibili solo alcune copie. Gli interessati potranno farne richiesta utilizzando la e-mail sotto indicata. Avranno la precedenza le biblioteche. Nessun costo.

 

giovannipistoia@libero.it

 


Io sogno sempre - riflessioni su tema d’attualità

 


Giovanni Pistoia

Io sogno sempre

riflessioni su tema d’attualità

Il serratore

1997 


Il volume non è in commercio. Sono disponibili solo alcune copie. Gli interessati potranno farne richiesta utilizzando la e-mail sotto indicata. Avranno la precedenza le biblioteche. Nessun costo.

giovannipistoia@libero.it

 

Fatica e Povertà e Altri Scritti

 


Giovanni Pistoia

Fatica e Povertà e Altri Scritti

Piana di Sibari:

note di storia economica e sociale

Raccolta di testi apparsi tra il 1988 e il 1998

2015

La dolce industria - Conci e liquirizia in provincia di Cosenza dal XVIII al XX secolo


Autori vari

(Vittorio Marzi, Giacomo Curti, Roberto Buzi, Francesco Joele Pace, Crescenzo Di Martino, Giovanni Pistoia, Pier Emilio Acri, Ernesto Paura)

 

La dolce industria

Conci e liquirizia in provincia di Cosenza dal XVIII al XX secolo

il serratore

1991 

 

Il volume non è in commercio. Non vi sono copie disponibili.

giovannipistoai@libero.it