Tullio De Mauro ha lasciato sulla Terra
non pochi amici, con alcuni di loro il rapporto continua, non so come ma
continua. Certo è che l’altro giorno lo videro impegnato mentre dialogava con
qualcuno assente. Notarono in lui una certa agitazione, era piuttosto
allegrotto ma quell’aria seriosa non era venuta meno. Chi lo osservava racconta
che chiamò una nuvola, un monoposto, per farsi accompagnare in qualche parte.
La nuvoletta lo raggiunse e con un soffio di vento sempre disponibile partì.
Quando arrivò, di lì a poco, l’amico che cercava, un omino snello e vispo con
baffetti leggeri e dall’aria curiosa, stava per allontanarsi a bordo di una
nuvoletta rosa. «Sono arrivato giusto in tempo», disse De Mauro, «dove stai
andando? Devo darti una notizia importante.» E, l’altro, Carmine De Luca, un
compagno di viaggio per molto tempo di De Mauro, accennando un sorrisetto
arguto, pacatamente rispose: «Stavo venendo da te. Non mi dire che hai saputo
quello che so anch’io?» E De Mauro: «Pensavo di comunicarti la bella notizia.
Ma intuisco che sai già tutto.» «Certamente, anche io ho un buon rapporto con
quel mondo lì. Avuto la lieta novella, volevo condividerla con te, ma qualcuno
mi ha preceduto.» «Non sei contento?», commentò De Mauro. «La “colpa” è anche
tua per questo “misfatto”.» «In verità è
di tanti, e comunque non quanto te e quell’altro, mi hai capito? Andiamo a
informarlo.»
E così i due
salirono su un biposto azzurrino e, col solito venticello sempre pronto,
partirono per chissà dove. Ma in quello spazio, anche se infinito, le distanze
non sono poi così tante. Arrivarono presto. Trovarono l’amico che banchettava
avvolto in una foschia di un colore mai visto sulla Terra. Era in compagnia.
Italo Calvino appena li vide fissò gli altri, e sorridendo: «Che ci fate qui? Non
mi dite che siete venuti a informarci di quello che già sappiamo?» De Mauro e
De Luca capirono che la notizia si era ormai diffusa in quella galassia. Intanto
si fecero avanti, e salutarono con tanto di riverenza Carroll, Lear, Collodi,
Andersen, i fratelli Grimm, e altri ancora. «Che bella compagnia! A quanto pare
la novità ci rende allegri, e chissà
cosa state farneticando in quelle testoline», disse De Mauro con fare sornione,
come di chi la sa lunga. In quel gioioso trambusto si fermò un nuvolone che
sembrava uno strano battello. A guidarlo il capitan
Nemo. Da quel misterioso veicolo sbarcarono un po’ di personaggi, tra i
primi Jules Verne. Altri notarono Antoine de Saint-Exupéry scendere da un aereo
malconcio a forma di nuvola fiorita. La bella brigata vide avvicinarsi -camminavano
a piedi- Lucio Lombardo Radice e Luigi Malerba. Ma ormai le presenze non si
contavano più. Tutti sapevano, e tutti a fare capannelli in quel posto
fantastico. Arrivò anche Marcello Argilli, viso corrugato, ma si vedeva che era
felicissimo. Tutti a commentare quel che era avvenuto sulla Terra, in Italia
per la precisione, e impegnati a risolvere chissà quale mistero. Preceduto dal
ruggito di tigre, piombò sui presenti Sandokan
in compagnia di Emilio Salgari. A un certo punto De Mauro fece capire a De Luca
che c’era qualcuno alle sue spalle. «Ci sei anche tu», disse Carmine De Luca
che si era voltato per vedere. Era Luciano Di Samosata. «E potevo mancare io?
Non sei stato tu a dire che io più di ogni altro ho influenzato la letteratura
fantastico-umoristica, la narrativa fantascientifica, i racconti di viaggi
immaginari?» «Certamente, e lo confermo. Benvenuto. Ma vedo che vengono da
tutti le parti, abiti diversi, lingue diversissime.»
«Bene», affermò
De Mauro, «sappiamo tutti perché siamo qui. E ne siamo contenti. Lo so, per noi
che viviamo in questo spazio senza tempo le cose della Terra sono nullità, non
ci appartengono, viviamo in altra dimensione, però se accadono alcune cosette, delle quali ognuno di noi ne è in
parte pur piccola causa, una qualche responsabilità, nel bene e nel male, per
quelli che in Terra vivono, ce la portiamo ancora addosso. Detto questo, adesso,
dobbiamo andare a dirglielo. E chi glielo dice? E come glielo diciamo?» Tutti
si scrutarono, nessuno fiatò. Fu Carmine De Luca a prendere la parola: «Senti
Tullio, a te l’onore e l’onere.» «E perché proprio io? Mi pare che Italo sia il
più idoneo.» Calvino non parlò. Fece un cenno a De Mauro come per dire: «Andiamo,
apriamo le danze noi due e poi ognuno dirà la sua. Tutto sommato andiamo a dare
una bella notizia, eh che diamine!»
Lo trovarono
seduto in un banco di scuola. Con lui tantissime persone, papà, mamme, nonni,
maestri e maestre e, soprattutto, tanti bambini. Raccontava storie, e
fantasticava, fantasticava. Qualcuno chiosò: «Aveva la testa tra le nuvole
quando era sulla Terra, figuriamoci ora che abita con loro!» Gianni Rodari
accolse tutti con un sorriso disarmante e gli occhi malinconici. «Lo so, lo so
perché siete venuti tutti qui. Siete venuti a prendermi in giro, perché mi
hanno finalmente imbalsamato e sono diventato un bel monumento, e come se non
bastasse mi hanno messo in un cofanetto di circa duemila pagine! Povero me! Non
finirò dentro uno scaffale di polvere? Se
sono felice? Certo che lo sono, ma non per me, ma per l’attenzione che spero sia
riservata sempre di più al mondo della fantasia. Laggiù ne hanno bisogno come
il pane, particolarmente in questo periodo. C’è un virus che sta facendo
soffrire molta gente, e i bambini sono costretti a non poter giocare,
abbracciarsi. Ne hanno bisogno tutti, a cominciare dagli scienziati, che mi sembra
abbiano dimenticato che la scienza senza fantasia, senza immaginazione, non
raggiungerà buoni traguardi. Bisogna ricordarglielo a tutti che sulla luna
prima degli scienziati c’è stato Astolfo mandato a far da apripista da
Ludovico…Sono contento perché voglio pensare che questo risultato, essere tra i
grandi della letteratura, significhi riservare una particolare attenzione soprattutto
ai bambini e agli adolescenti di tutto il mondo, molti dei quali hanno bisogno
di pane, pace, istruzione, e sogni fantastici per crescere in armonia,
conoscere la realtà e cambiarla in meglio. Ecco, stavo raccontando delle
filastrocche a dei bambini, che troppo presto sono arrivati qui per colpa di
guerre e fame; non è cambiato molto da quando nelle mie storie raccontavo,
anche agli adulti un po’ ciechi e un po’ sordi, queste cose… E ora che mi avete
costretto a fare il discorsetto, sedetevi e ditemi del mondo che verrà.»
E il cielo
d’improvviso -regia di Federico Fellini- si colorò di marionette e disegni di
Luzzati e Munari, fino a quel momento rimasti nascosti, e appena dietro di loro
Mario Lodi e Livio Sossi con una bisaccia di libri sulle spalle. E apparve
serio e austero, dentro una nuvola a forma di struzzo gigante, Einaudi, il grande
editore di Rodari: «Hai visto, brontolone! Sei finito ne i Meridiani della Mondadori. Io ti ho cullato, cresciuto, e tu
sempre a canzonarmi!» E Gianni, schernendosi: «Mi dispiace, Sire, non è così. Mi piaceva giocare,
non prendermi sul serio. Signori, vi presento Sua Eccellenza Toro Seduto
… » E a suggello dell’inizio della festa un ufo arcobaleno consegnò ai presenti
una enorme torta con la scritta W LA FANTASIA.
Gianni Rodari
OPERE
Mondadori, i Meridiani, ottobre 2020
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