lunedì 17 maggio 2021

CANZONE DI MARZO di Giovanni Pascoli (Canti di Castelvecchio, Zanichelli, Bologna 1903)

 

Che torbida notte di marzo!

Ma che mattinata tranquilla!

che cielo pulito! che sfarzo

di perle! Ogni stelo, una stilla

che ride: sorriso che brilla

su lunghe parole.

 

Le serpi si sono destate

col tuono che rimbombò primo.

Guizzavano, udendo l'estate,

le verdi cicigne tra il timo;

battevan la coda sul limo

le biscie acquaiole.

 

Ancor le fanciulle si sono

destate, ma per un momento:

pensarono serpi, a quel tuono;

sognarono l'incantamento.

In sogno gettavano al vento

le loro pezzuole.

 

Nell'aride bresche anco l'api

si sono destate agli schiocchi.

La vite gemeva dai capi,

fremevano i gelsi nei nocchi.

Ai lampi sbattevano gli occhi

le prime viole.

 

Han fatto, venendo dal mare,

le rondini tristo viaggio.

Ma ora, vedendo tremare

sopr'ogni acquitrino il suo raggio,

cinguettano in loro linguaggio,

ch'è ciò che ci vuole.

 

Sì, ciò che ci vuole. Le loro

casine, qualcuna si sfalda,

qualcuna è già rotta. Lavoro

ci vuole, ed argilla più salda;

perché ci stia comoda e calda

la garrula prole.

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