Carmine De Luca
C’era una volta…
UN CACCIATORE DI FIABE
Concetta Guido*
CARMINE DE LUCA saggista e studioso di letteratura per l’infanzia sognava un mondo a misura di bambino.
I ragazzi indispettiti “pensarono bene di mettere mano ai proiettili, e sciolti i fagotti de’ loro libri di scuola, cominciarono a scagliare contro di lui i Sillabari, le Grammatiche, i Giannettini, i Minuzzoli, i Racconti del Thouar, il Pulcino della Baccini…”. Sarebbe il sogno di molti bambini sbarazzarsi in questo modo dei tomi nei “fagotti”, che oggi sono gli zaini dei Gormiti. Il bersaglio di questa singolare battaglia dei libri, però, non è un odiato maestro. È Pinocchio.
A Carmine De Luca piaceva la scena di “combattimento” tra il burattino e i compagni, che Collodi raccontava prendendo in giro l’autorevole (e autoritaria) editoria scolastica di fine Ottocento. La cita in una delle ultime cose che ha scritto, “Grembiuli e divise”, un saggio preparato per una mostra romana che lui stesso aveva progettato.
A Minuzzo, come lo chiamavano a Corigliano Calabro, dov’era nato il 25 febbraio del 1943 e dove tornava puntualmente in estate, piaceva tutto ciò che faceva entrare nell’infanzia in punta di piedi. Giocando, divertendosi, con la rigorosa attenzione dell’adulto che s’avventura nella dimensione bizzarra e fantastica senza ipocrisie, pronto a coglierne le virtù. L’adulto che non dimentica di essere anche lui un “figlio delle fiabe”.
De Luca era autore di testi scolastici, saggista e giornalista, ed era un “rodarologo eminente”, come lo definisce Mario Di Rienzo, responsabile del “Centro studi Gianni Rodari” di Orvieto. Viveva a Roma e in due decenni, tra gli Ottanta e i Novanta, ha instancabilmente dato un contributo alla costruzione di un moderno modo di intendere la formazione della cultura dei più piccoli. Attraverso riviste specializzate (ne fece nascere una decina), come collaboratore dell’Unità e di case editrici e, soprattutto, con il suo lavoro per gli Editori Riuniti, dove è stato coordinatore.
Ma è pensando soprattutto ai grandi, probabilmente, che nel 1996, un anno prima di morire, porta a termine un progetto che gli stava a cuore: una collana, per conto dell’Unità e dell’Einaudi, di quattordici volumi di fiabe, riservata ai lettori del quotidiano nazionale. Perché la fiaba è una cosa seria, è una stanza degli specchi in cui il bimbo si identifica, e la piccola fiammiferaia, così come il soldatino di stagno, o le storie africane e quelle dei fratelli Grimm, narrano anche il terribile e l’inquietante della vita.
Minuzzo sosteneva che chi scrive per i piccoli non deve essere un “morbido giullare dei buoni sentimenti”. Cercava storie sommerse, frugava nella tradizione e denunciava la censura che nel tempo ha “annacquato” i racconti originali, per adattarli a un’infanzia “inamidata e conformista che è solo nella testa di moralisti e bacchettoni”.
L’istinto della lettura, diceva, non è innato come quello di mangiare e bere. Ma può essere innestato. “Operazione quanto mai delicata, perché il solo paragone che sopporta è quello con l’innesto di un nuovo senso”. Il sesto senso del libro, che gli adulti devono insegnare a usare, perché è uno “strumento per conoscere il mondo, per conquistare la realtà”.
Il mondo bambino di questo coriglianese dolce, modesto, allegro, che quando tornava in estate, raccontano i suoi amici, non esibiva le sue attività romane, è fatto di scritti sparpagliati nelle riviste e nell’editoria. A cercarli e a rimetterli insieme, con passione e dedizione, è una Fondazione nata nel 2003 proprio a Corigliano. Ideatore e presidente della “Fondazione Carmine De Luca” onlus, è Giovanni Pistoia (il materiale raccolto e le notizie sulle iniziative si trovano sul sito dedicato). La ricomposizione dell’universo di De Luca non è completata e, attraverso il web, si chiede la collaborazione di chi rintraccia suoi scritti. Pistoia adesso è impegnato nell’organizzazione di una nuova iniziativa, nella quale sono coinvolte la Biblioteca comunale e la Mediateca regionale. A maggio saranno presentate le pubblicazioni della Fondazione e ci saranno tre mostre (sui libri d’artista, su autori partenopei e sull’arte dell’incisione), tutte incentrate sul legame forte, e oggi minacciato, tra illustrazioni, testo e carta. Nella cornice dell’infanzia e della lettura. Le due coordinate dell’amico Minuzzo. Non a caso l’associazione napoletana “Galassia Gutenberg” gli ha intitolato la sua biblioteca specializzata.
Carmine De Luca era nato in una famiglia con risorse economiche limitate. Da subito capì quale poteva essere la via di fuga: la scuola e i libri. Lavorava presso un notaio di Corigliano per poter mantenere gli studi in Lettere all’università di Bari. A portarlo nella capitale fu l’insegnamento.
Tutto cominciò dalla redazione di “Riforma della scuola”, dove incontrò lo scienziato e umanista Lucio Lombardo Radice, il professore Tullio De Mauro e altri protagonisti della linguistica del secondo Novecento. Un mondo del quale diventò subito cittadino e in cui presto si mise all’opera, passando da un progetto all’altro. Realizzò, per i tipi di Paravia, “Parole in viaggio” per la scuola media, curò per le superiori una serie di volumi di narrativa editi dalla Bruno Mondadori. Per la Laterza, con Pino Boero, fece una “Letteratura per l’infanzia” che dal 1995 al 2006 ha segnato tredici edizioni. Nel 1992 si dedicò a una chicca: pubblicò, con un editore calabrese, Abramo di Catanzaro, la prima edizione italiana del pamphlet “I giornalisti” di Honoré de Balzac.
Ma un lavoro minuzioso lo riservò a quello che considerava il grande innovatore della letteratura e misura di bambino, quel Gianni Rodari del quale diventò il referente per ogni iniziativa che riguardava la sua opera. Lo sondò, lo interpretò, raccontò il senso di un universo strampalato e alla rovescia. Fu proprio De Luca a fondare, nel 1994, “C’era due volta…” , la rivista del Centro studi di Orvieto. E per gli Editori Riuniti e per altre case editrici ha curato circa venti pubblicazioni di testi dell’autore. Nel solco del pensiero rodariano fece amicizia con lo scenografo e illustratore Lele Luzzati (una delle mostre che la Fondazione sta preparando è a lui dedicata). Un altro adulto bambino legato alla chiave del “c’era due volte… “ , anzi due. La formula che introduce nella fantasia, che avvicinano il grande e il piccolo.
Si pronuncia e scatta l’alleanza. “Allora – scrive De Luca sull’Unità – ci si addentra nei territori del fantastico con cuore gonfio, pronti a viaggiare nella realtà degli incantesimi dove è possibile ogni libertà”.
*Nota. Il Quotidiano della Domenica, l’inserto culturale de “il Quotidiano della Calabria” del 20 aprile 2008, ha dedicato un ampio servizio, a colori, alla figura e alle attività culturali dello studioso Carmine De Luca, nato a Corigliano Calabro, vissuto a Roma, deceduto, ancora in giovane età, nel 1997 a Pavia. Il servizio, firmato dalla giornalista Concetta Guido, è corredato da numerose foto (alcune vengono riportate in questo post).
Cliccare sulle immagini per ingrandire.
(22 aprile 2008)
C’era una volta…
UN CACCIATORE DI FIABE
Concetta Guido*
CARMINE DE LUCA saggista e studioso di letteratura per l’infanzia sognava un mondo a misura di bambino.
I ragazzi indispettiti “pensarono bene di mettere mano ai proiettili, e sciolti i fagotti de’ loro libri di scuola, cominciarono a scagliare contro di lui i Sillabari, le Grammatiche, i Giannettini, i Minuzzoli, i Racconti del Thouar, il Pulcino della Baccini…”. Sarebbe il sogno di molti bambini sbarazzarsi in questo modo dei tomi nei “fagotti”, che oggi sono gli zaini dei Gormiti. Il bersaglio di questa singolare battaglia dei libri, però, non è un odiato maestro. È Pinocchio.
A Carmine De Luca piaceva la scena di “combattimento” tra il burattino e i compagni, che Collodi raccontava prendendo in giro l’autorevole (e autoritaria) editoria scolastica di fine Ottocento. La cita in una delle ultime cose che ha scritto, “Grembiuli e divise”, un saggio preparato per una mostra romana che lui stesso aveva progettato.
A Minuzzo, come lo chiamavano a Corigliano Calabro, dov’era nato il 25 febbraio del 1943 e dove tornava puntualmente in estate, piaceva tutto ciò che faceva entrare nell’infanzia in punta di piedi. Giocando, divertendosi, con la rigorosa attenzione dell’adulto che s’avventura nella dimensione bizzarra e fantastica senza ipocrisie, pronto a coglierne le virtù. L’adulto che non dimentica di essere anche lui un “figlio delle fiabe”.
De Luca era autore di testi scolastici, saggista e giornalista, ed era un “rodarologo eminente”, come lo definisce Mario Di Rienzo, responsabile del “Centro studi Gianni Rodari” di Orvieto. Viveva a Roma e in due decenni, tra gli Ottanta e i Novanta, ha instancabilmente dato un contributo alla costruzione di un moderno modo di intendere la formazione della cultura dei più piccoli. Attraverso riviste specializzate (ne fece nascere una decina), come collaboratore dell’Unità e di case editrici e, soprattutto, con il suo lavoro per gli Editori Riuniti, dove è stato coordinatore.
Ma è pensando soprattutto ai grandi, probabilmente, che nel 1996, un anno prima di morire, porta a termine un progetto che gli stava a cuore: una collana, per conto dell’Unità e dell’Einaudi, di quattordici volumi di fiabe, riservata ai lettori del quotidiano nazionale. Perché la fiaba è una cosa seria, è una stanza degli specchi in cui il bimbo si identifica, e la piccola fiammiferaia, così come il soldatino di stagno, o le storie africane e quelle dei fratelli Grimm, narrano anche il terribile e l’inquietante della vita.
Minuzzo sosteneva che chi scrive per i piccoli non deve essere un “morbido giullare dei buoni sentimenti”. Cercava storie sommerse, frugava nella tradizione e denunciava la censura che nel tempo ha “annacquato” i racconti originali, per adattarli a un’infanzia “inamidata e conformista che è solo nella testa di moralisti e bacchettoni”.
L’istinto della lettura, diceva, non è innato come quello di mangiare e bere. Ma può essere innestato. “Operazione quanto mai delicata, perché il solo paragone che sopporta è quello con l’innesto di un nuovo senso”. Il sesto senso del libro, che gli adulti devono insegnare a usare, perché è uno “strumento per conoscere il mondo, per conquistare la realtà”.
Il mondo bambino di questo coriglianese dolce, modesto, allegro, che quando tornava in estate, raccontano i suoi amici, non esibiva le sue attività romane, è fatto di scritti sparpagliati nelle riviste e nell’editoria. A cercarli e a rimetterli insieme, con passione e dedizione, è una Fondazione nata nel 2003 proprio a Corigliano. Ideatore e presidente della “Fondazione Carmine De Luca” onlus, è Giovanni Pistoia (il materiale raccolto e le notizie sulle iniziative si trovano sul sito dedicato). La ricomposizione dell’universo di De Luca non è completata e, attraverso il web, si chiede la collaborazione di chi rintraccia suoi scritti. Pistoia adesso è impegnato nell’organizzazione di una nuova iniziativa, nella quale sono coinvolte la Biblioteca comunale e la Mediateca regionale. A maggio saranno presentate le pubblicazioni della Fondazione e ci saranno tre mostre (sui libri d’artista, su autori partenopei e sull’arte dell’incisione), tutte incentrate sul legame forte, e oggi minacciato, tra illustrazioni, testo e carta. Nella cornice dell’infanzia e della lettura. Le due coordinate dell’amico Minuzzo. Non a caso l’associazione napoletana “Galassia Gutenberg” gli ha intitolato la sua biblioteca specializzata.
Carmine De Luca era nato in una famiglia con risorse economiche limitate. Da subito capì quale poteva essere la via di fuga: la scuola e i libri. Lavorava presso un notaio di Corigliano per poter mantenere gli studi in Lettere all’università di Bari. A portarlo nella capitale fu l’insegnamento.
Tutto cominciò dalla redazione di “Riforma della scuola”, dove incontrò lo scienziato e umanista Lucio Lombardo Radice, il professore Tullio De Mauro e altri protagonisti della linguistica del secondo Novecento. Un mondo del quale diventò subito cittadino e in cui presto si mise all’opera, passando da un progetto all’altro. Realizzò, per i tipi di Paravia, “Parole in viaggio” per la scuola media, curò per le superiori una serie di volumi di narrativa editi dalla Bruno Mondadori. Per la Laterza, con Pino Boero, fece una “Letteratura per l’infanzia” che dal 1995 al 2006 ha segnato tredici edizioni. Nel 1992 si dedicò a una chicca: pubblicò, con un editore calabrese, Abramo di Catanzaro, la prima edizione italiana del pamphlet “I giornalisti” di Honoré de Balzac.
Ma un lavoro minuzioso lo riservò a quello che considerava il grande innovatore della letteratura e misura di bambino, quel Gianni Rodari del quale diventò il referente per ogni iniziativa che riguardava la sua opera. Lo sondò, lo interpretò, raccontò il senso di un universo strampalato e alla rovescia. Fu proprio De Luca a fondare, nel 1994, “C’era due volta…” , la rivista del Centro studi di Orvieto. E per gli Editori Riuniti e per altre case editrici ha curato circa venti pubblicazioni di testi dell’autore. Nel solco del pensiero rodariano fece amicizia con lo scenografo e illustratore Lele Luzzati (una delle mostre che la Fondazione sta preparando è a lui dedicata). Un altro adulto bambino legato alla chiave del “c’era due volte… “ , anzi due. La formula che introduce nella fantasia, che avvicinano il grande e il piccolo.
Si pronuncia e scatta l’alleanza. “Allora – scrive De Luca sull’Unità – ci si addentra nei territori del fantastico con cuore gonfio, pronti a viaggiare nella realtà degli incantesimi dove è possibile ogni libertà”.
*Nota. Il Quotidiano della Domenica, l’inserto culturale de “il Quotidiano della Calabria” del 20 aprile 2008, ha dedicato un ampio servizio, a colori, alla figura e alle attività culturali dello studioso Carmine De Luca, nato a Corigliano Calabro, vissuto a Roma, deceduto, ancora in giovane età, nel 1997 a Pavia. Il servizio, firmato dalla giornalista Concetta Guido, è corredato da numerose foto (alcune vengono riportate in questo post).
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(22 aprile 2008)
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