A
Roma il 3 febbraio annunciato il Manifesto dei Neoromantici per un Nuovo Umanesimo
Una
cartuccella per un Manifesto
di Anna Manna
È cominciata
così, in una giornata di pioggia primaverile davanti a tre tazzine di caffè
bollente. Con Elio Pecora a mia
sorella Elisa, un pochino infreddoliti, un pochino delusi dalle cose del mondo,
un pochino arrabbiati perché ci sentivamo soli a parlare di poesia ed
educazione in mezzo ad un mondo che non voleva saperne più di poesia e di
sentimenti, e di educazione. Mi ricordo che c’era un cartoccio di carta ruvida
per terra fuori al bar, ed il vento lo faceva grignare ogni tanto, un lamento, un
rumore fastidioso e ricorrente che neanche il caffè bollente riusciva a far
dimenticare. Pioveva, il bar era freddo. Elio mi guarda dritto negli occhi e mi
dice: “Anna ma non puoi parlare di neoromanticismo in un mondo che va a rotoli .
Non ti sentiranno, non hanno orecchie per sentire”
Poi ci siamo
salutati, dopo averci confessato senza neanche dircelo che era meglio lasciare
stare che non era il caso, che forse non c’era neanche più la poesia. Ma quel
cartoccio continuava in un lamento fastidioso tra la pioggia ed il vento e quel
lamento di carta mi feriva l’anima.
A casa ripensavo
al nostro incontro, quelle poche parole con il grande Elio diventarono una
bellissima intervista che ha invaso internet. E già questa cosa mi placò. Elio
lanciò nell’etere queste parole magiche: poesia
come educazione al sentimento.
Cominciò così, senza nessuna intenzione di fare un Manifesto, neanche un
volantino, neanche una cartuccella. Sai quelle piccolissime cartucce dove
appunti le cose importanti che ti conservi stropicciate nel cappotto bagnato?
Poi le riponi in borsa sperando che si asciughino, ma loro niente, e così le
butti via, mezze sgualcite e bagnate. Senza che si possa leggere più niente.
Le Nugae dell’esistenza io le chiamo così,
perché sono cose da niente eppure te le ritrovi in mano quando è ora. Così mi
sono ritrovata in mano quegli appunti presi
con il grande
poeta, Elio, e la sociologa
dell’umanesimo come chiamo mia sorella
Elisa, responsabile
cultura al Censis.
Ho letto di
sfuggita ma ho letto con chiarezza la delusione e la voglia di rivalsa, la
tristezza per il mondo che scivola verso il basso e la barbarie e dall’altra
parte quella freschezza nonostante tutto di sensazioni ed emozioni che solo un
artista ed uno studioso possono comunicarsi con uno sguardo. Ed in mezzo io,
una poeta per ripicca al dolore – prima della morte di mio padre non me ne
fregava niente di essere poeta – una donna innamorata della vita e delle
emozioni belle e vitali. Dell’arte per esempio, con tanti amici artisti. E tra
loro, Daniela Fabrizi, una che la poesia la mangia tutti i giorni da che è
nata. Insieme io e lei abbiamo cominciato a scrivere un libro, poi un percorso
artistico e poi un viaggio nella poesia, che scoprivamo essere tra noi e le
nostre cose di tutti giorni. Ma era sgualcita, calpestata dalle volgarità del
mondo, negata dalle meschinità, da sguaiate espressioni di niente. Abbiamo
cominciato a soffrire, poi a comunicare anche ad altri questa sofferenza. Poi
abbiamo cercato i giovani, poi i numeri, le statistiche.
Così ci siamo
incamminate nelle note drammatiche del femminicidio sui giornali, i racconti
del disagio giovanile, del disagio degli anziani. Questa umanità senza emozioni
umane, senza racconti dell’animo, solo numeri, solo sofferenza, solo ferite.
Quella cartucella bagnata dentro la tasca del
mio cappotto è diventata una lunghissima pergamena dove scrivere le poesie mie,
quelle di Daniela, quelle di tutti i poeti che si sentono trapassati dal dolore
per questa società che ha dimenticato l’anima.
E ci siamo dette
che era ora di muoversi, è iniziato un movimento dentro di noi.
Quel movimento è
stato compresso per circa un anno poi è esploso domenica mattina 3 febbraio
alla Casa delle Regioni, dove ho presentato il mio libro di racconti*. In una
mattina piena di sole, in una sala piena di gente venuta da tutta Italia. Gente
particolare, tutti artisti! Dicono che il mio libro sia un pochino magico,
fiabesco, stregonesco. Racconta l’Italia in punta di cuore rosso come ha
scritto la Fabrizi. E dicono che ti abbraccia senza lasciarti il fiato per
parlare, per tornare indietro. E che mentre lo leggi la poesia ti cattura, ti sorprende,
ti stordisce come ha scritto Gilberto
Mazzoleni, poeta ed antropologo. Tutto questo il 3 mattina è stata una
miscela esplosiva. Accanto a noi c’era al tavolo dei relatori Vera Ambra, organizzatrice delle
manifestazioni del “Viaggio tra le vie dell’arte” che mi ha ospitata per la
presentazione del libro. Una siciliana vigorosa, piena di speranza. Le nostre
parole sul tavolo rimbalzavano, prendevano fuoco come una improvvisa eruzione
dell’Etna. Quel fuoco, lo sguardo sorpreso dell’antropologo, la gioia che
vedevo negli occhi di Daniela perché aveva capito che eravamo pronte, ebbene
tutto questo e tanto altro ancora, che però fa parte delle mie emozioni più
profonde, mi hanno messo le ali. Ho annunciato il Manifesto dei Neoromantici per
un nuovo Umanesimo. Daniela ha letto l’Empito lirico che aveva scritto da
qualche giorno. Vera ci ha stretto le mani, ci ha baciate. Neria de Giovanni, presidente dell’Associazione Internazionale dei
Critici letterari, dalla prima fila di posti ha annuito. E l’applauso di tutti,
caloroso, scrosciante, immediato ha detto sìììììì.
Andate avanti,
siamo con voi!
Così è nato il
Manifesto. Ora lo stiamo organizzando, limando, lo presenteremo ufficialmente a
breve.
Hanno aderito
quasi all’alba del 4 mattina dopo il mio comunicato stampa notturno: Corrado Calabrò, Silvia Costa, Iole Chessa
Olivares, il pittore Fabio Piscopo (il
giorno dopo) e lui Elio Pecora, entusiasta e contento
perché quella cartucella bagnata di
quel lontano pomeriggio l’avevo conservata con cura. Niente era andato perduto.
La pioggia non
aveva cancellato niente!
Anna Manna
*Presentazione
di “Una città un racconto” Nemapress 2012 presso Società umanitaria
Roma 3 febbraio
ore 12. Relatori Gilberto Mazzoleni, Daniela Fabrizi
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