Il Nonno gatto
il Gatto nonno
di Giovanni
Pistoia
E io invece penso
che il signor Newton abbia scoperto
le leggi della
gravitazione universale proprio
perché aveva una
mente aperta in tutte le direzioni,
capace di
immaginare cose sconosciute,
aveva una grande
fantasia e sapeva adoperarla.
Gianni Rodari
Acqua alta a Venezia. Che cosa possono fare gli
abitanti per vivere sereni in quella bella città? Diventino pesce! del resto un po’ pesci i
veneziani lo sono già, poiché stanno sempre a contatto con l’acqua, anche
quando questa non è poi così alta. Lo stesso possono fare i turisti, si
attrezzino pure, vestano pesce e buon
divertimento. Venezia sarà ancora più arcana se vista ondeggiando nell’acqua
del mare.
Eh, i nonni!
Sempre più spesso soli soletti, nessuno si cura di loro. In casa sono tutti
affaccendati, piccoli e grandi, e stare con loro… quante complicazioni! Si sa,
non c’è mai tempo per prestare attenzione a quel brontolone di nonno. E come si
può risolvere questo problema? Impacchettarlo e spedirlo alla più vicina casa di riposo, anche se il nonno di
questo riposo non vuol proprio riposare. E per evitare questa sventura, il
nonnetto cosa si inventa? Si fa ospitare in un bel campo di felini abbandonato,
fino a confondersi con i gatti e gattoni dai colori grigi, neri, o color della
luna. Assunto le sembianze del dolce gatto coccolone si presenta a casa, dove
regnano i nipoti. «Ah che bel gatto!» dicono tutti. E giù coccole e abbracci, e
carezze, e latte, e sedie, e poltrone e divani, e tante parole d’affetto. Il
nonno-gatto è il re della casa: entra, mangia, esce, torna, salta e risalta, si
stira e si ristira, e crede che sia in un’osteria.
Cos’è un
dittatore? e come fargli capire che non è l’ombelico del mondo? Se ne stava,
questo signore, al centro della stanza, si pavoneggiava ininterrottamente,
ascoltava la sua voce, insultava e minacciava chi non la pensava come lui. Era,
in fondo, un punto piccoletto, superbo, irascibile, ma si sentiva il principio
e la fine del mondo, ma che dico? dell’universo intero. Le parole, a sentirlo
strepitare, cominciarono a protestare, non avevano alcuna voglia di tacere.
Dovevano fargli capire che era solo un punto, un punto-e-a-capo e nulla più. «Si
crede un Punto-e-basta, / e non è che un Punto-e-a-capo». E così le parole lo
lasciarono da solo. Un punto, solo un punto in mezzo alla pagina. Era solo un
punto. Il mondo continuò il suo viaggio «una riga più in basso». E quel puntino
si allontanò sempre di più fino a scomparire sempre più giù, e chi lo vide più.
Chiedo scusa a Gianni
Rodari se mi sono lasciato prendere la mano. Ma è l’effetto della sua lettura
che cattura, e stimola, e incanta e, ancora, fa fantasticare e, non ultimo, pensare.
Perché Rodari non è solo l’autore di belle filastrocche, di storie bizzarre e
fantasiose, ma scrittore complesso, profondo. La sua è una matita lieve, ma
lascia il segno, incide, graffia. Affronta problemi difficili, ma gioca con le parole,
perché tutto possa essere trasparente. Sa di parlare per i bambini e i ragazzi
ma sa anche che gli adulti ascoltano e leggono. E se capiscono i bambini anche
per gli adulti c’è speranza. «Il bambino si può dire il primo e vero
protagonista degli scritti di Rodari, non solo delle opere creative, ma anche
degli scritti occasionali, quelli cioè prodotti nell’ambito della sua
professione di giornalista. Ogni idea, ogni riflessione è piegata a servizio
del bambino»[1]
scrive Carmine De Luca[2], attento
studioso delle sue opere[3].
Rodari scrive di violenza, scuola, famiglia, libri, televisione, fumetti,
gioco, giocattoli, fantasia, immaginazione, creatività, ma tutto è messo a
disposizione dello sviluppo armonico del bambino: autonomia di crescita,
capacità creativa, con un occhio attento ai suoi diritti spesso calpestati in
ogni luogo, in ogni tempo.
Attribuisce grande merito alla scuola, che
deve volare alta, grande come il mondo,
non burocratizzata; una scuola dove abita l’empatia, l’ascolto, il dialogo;
dove si danno gli strumenti per capire, comprendere, valutare; dove si imparano
«a fare le cose difficili: / dare la mano al cieco, / cantare per il sordo, /
liberare gli schiavi / che si credono liberi».
Una scuola dove non ci si affidi passivamente alla tecnologia. E si
badi, Rodari scriveva così tanti anni fa. È morto, come è noto, nel 1980.
Gianni Rodari
era nato il 23 ottobre del 1920 a Omegna sul lago d’Orta. Cento anni fa. E nel
2020 ricorre, in effetti, il centenario dalla nascita, il quarantesimo dalla
morte e anche il cinquantesimo del Premio internazionale Andersen, il Nobel per
la letteratura per l’infanzia, che ricevette a Bologna il 6 aprile 1970. Nel
corso dell’anno si avranno molte iniziative per ricordare lo scrittore -che non
è solo uno dei più autorevoli autori di letteratura per ragazzi nel mondo- le
cui operano occupano un posto di rilievo nella storia della pedagogia e della
letteratura italiana contemporanea[4].
E, in ogni modo, soprattutto con lui, la letteratura per ragazzi ha acquisito
autorevolezza, sottratta al limbo di una produzione minore, di serie b.
Per intanto è
possibile immergersi nel mondo rodariano attraverso un bellissimo libro di Pino
Boero e Walter Fochesato, dal titolo L’alfabeto
di Gianni, apparso nel marzo 2019. Il volume si presenta accattivante anche
graficamente, la casa editrice calabrese Coccolebooks ha davvero fatto un bel
lavoro. Si tratta di ventuno storie, una per ogni lettera, un alfabeto
rodariano che racconta ai lettori, in maniera sobria e leggera, episodi poco
noti e curiosità di Gianni Rodari tra vita e letteratura. È un lavoro pensato
principalmente per gli adolescenti. (Ma con un po’ di pazienza è una lettura
che anche gli adulti possono affrontare). Con i ragazzi gli autori vanno a
esplorare il variegato mondo di Rodari. Al termine del viaggio, nonostante le
poche pagine e i capitoli brevi e ariosi, si ha la netta sensazione di aver
osservato panorami affascinanti e ambienti fantasiosi, meritevoli di essere
approfonditi. Cosa che si può fare prendendo o riprendendo in mano i libri di
Rodari: filastrocche, romanzi, favole, novelle, saggi, articoli per giornali e
riviste, e tante pagine per il teatro. Che cosa diranno questi scritti ai
ragazzi e agli insegnanti di oggi? Che cosa sa la scuola dei nostri giorni
degli insegnamenti, sempre aperti e mai dogmatici, del Rodari pedagogo e
educatore? Le iniziative del 2020 saranno tante. L’augurio che possiamo farci è
che tutto si svolga rodarianamente,
evitando, cioè, amenità agiografiche, orpelli stucchevoli, approssimazioni sempre
in agguato; sburocratizzando ogni evento, entrando nel cuore dei problemi, in
profondità, ricordandoci dello stile sottile, ironico, garbato, semplice,
fantasioso e complesso nello stesso tempo di Rodari. Sarà, forse, una buona
occasione per rileggere dei libri (e aprire, perché no, qualche biblioteca per
ragazzi e ragazze), parlare senza remore della scuola di ieri e di oggi e,
soprattutto, di domani. Una buona occasione per ascoltare. Per ridare la parola
alla parola. In Grammatica della fantasia,
Rodari scrive: «‘Tutti gli usi
della parola a tutti’, mi sembra un buon motto, dal bel suono democratico. Non
perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo».
[1] Carmine De Luca
(a cura di), Se la fantasia cavalca con
la ragione. Prolungamenti degli itinerari suggeriti dall’opera di Gianni Rodari,
Juvenilia, Bergamo 1983, p. 4.
[2] Su De Luca si
rinvia a: G. Pistoia, Quel bel convoglio
della fantasia. Pagine sparse di
letteratura per l’infanzia, Youcanprint, Lecce 2017.
[3] Dei numerosi
saggi di De Luca sull’opera rodariana, qui si cita solo Gianni Rodari. La gaia scienza della fantasia, Abramo, Catanzaro
1991.
[4] Vasta è la
bibliografia su Rodari, qui si citano: Pino Boero, Una storia tante storie. Guida all’opera di Rodari, Einaudi, Torino
1992; Einaudi Ragazzi 2010; Mariarosa Rossitto, Non solo filastrocche. Rodari e la letteratura del Novecento,
Bulzoni editore, Roma 2011. Si rinvia anche alla rivista Andersen che ha dedicato il numero 365 (settembre 2019) interamente
alla figura dello scrittore in preparazione del centenario del 2020.
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