domenica 3 gennaio 2021

La Befana delle fiabe non abita qui di Giovanni Pistoia

[a proposito dell’ultima edizione de «La Freccia Azzurra», Einaudi Ragazzi 2020, illustrazioni di Camilla Pintonato, Introduzione di Neri Marcorè]

 



Le edizioni del romanzo «La Freccia Azzurra» di Gianni Rodari sono numerosissime. È davvero difficile tenerne il conto. Ma tirando giù dagli scaffali le gelose copie e annotando, con la maggiore cura possibile, quello che ricercatori e studiosi sono riusciti a ricostruire, è possibile dire qualcosa. Riannodando i fili delle varie stampe, possiamo anche noi seguire il lungo viaggio di quel trenino elettrico partito un giorno lontano, quando nelle case degli italiani cominciava a far capolino quell’aggeggio chiamato televisore. Chi scrive aveva appena cinque anni. (Al lettore questo particolare non interessa, ma ormai l’ho scritto!)

 La prima edizione ha come titolo «Il viaggio della Freccia Azzurra»: è il 1954. Le illustrazioni sono di Numi Boselli, la copertina di Vinicio Berti. A pubblicarlo è il Centro Diffusione Stampa di Firenze. Questo titolo sarà abbandonato, e le edizioni che verranno avranno quello a noi molto noto: «La Freccia Azzurra». È il 1964 quando si ha la seconda edizione, modificata dall’autore rispetto a quella di dieci anni prima, per merito degli Editori Riuniti; le illustrazioni sono di Maria Enrica Agostinelli. Dopo altri dieci anni, nel 1974, una nuova edizione, sempre per conto degli Editori Riuniti e con le illustrazioni di Agostinelli. A ogni decennale una nuova; infatti, è nel 1984 (ricordo appena che Rodari è morto quattro anni prima) che riappare il romanzo, sempre per gli Editori Riuniti, e con le illustrazioni di M.E. Agostinelli. L’anno dopo, nel 1985, il libro è pubblicato dalla Editrice Piccoli. Nel 1987 nuovamente per gli Editori Riuniti, sempre illustrato da Agostinelli. Nel 1988 esce una nuova edizione, curata da Vilma Giuffrida, illustrazioni dell’Agostinelli, nella collana La bibliotechina dell’Einaudi scuola.

Finito di stampare nel dicembre del 1990, per conto degli Editori Riuniti, si pubblica una nuova edizione curata da Carmine De Luca; le illustrazioni sono di Gianni Peg e Lorena Munforti; la grafica è di Christine Sitte e Luciano Vagaggini con il coordinamento tecnico di Claudio Saba. Una edizione che mi sta molto a cuore, perché donatami personalmente dal curatore con gli occhietti che gli brillavano per la contentezza del lavoro svolto. Nel 1992 il romanzo appare in un testo antologico di oltre seicento pagine, per conto degli Editori Riuniti, nella collana I Grandissimi, insieme a «Le avventure di Cipollino», «Piccoli vagabondi», «Gelsomino nel paese dei bugiardi», «Atalanta», «Il giudice a dondolo»; la prefazione è di Alberto Asor Rosa, il volume è curato da Carmine De Luca, che firma anche la Nota ai testi, la Biografia, la Bibliografia delle opere in volume di Rodari e una Bibliografia critica. Nel 1996, troviamo il romanzo pubblicato insieme a «Le avventure di Cipollino» e «Gelsomino nel paese dei bugiardi» con le illustrazioni di Alessandra Scandella dall’Editalia nella collana La mia prima biblioteca. Nel 2000 riappare per gli Editori Riuniti, con le illustrazioni di Simona Mulazzani.

Come si può notare il trenino non avverte stanchezza ma accelera. L’avvicinarsi del centenario della nascita dello scrittore, avvenuta a Omegna nel 1920, rinnova l’attenzione verso le sue opere. Nel 2010 ritorna, per conto delle edizioni Einaudi, con le illustrazioni di Nicoletta Costa. Due anni dopo, illustrato sempre da N. Costa, è pubblicato nella nuova collana de Il Sole 24 Ore dal titolo La biblioteca della fantasia di Gianni Rodari. Sempre nel 2012 con le illustrazioni di N. Costa appare nella Collezione Gianni Rodari di RCS di Milano. Nel 2018 è pubblicato da GEDI Gruppo Editoriale, Le grandi collezioni, con le illustrazioni di Costa.

 E scusandomi se ho omesso qualche stazione editoriale, si segnala l’edizione elegante con copertina rigida e sovraccoperta coloratissima del 2020, Einaudi Ragazzi, con introduzione di Neri Marcorè e illustrazioni di Camilla Pintonato. Un lungo viaggio, dunque, che dura da circa settanta anni e destinato a continuare ancora sostando in qualche stazione per ripartire più pimpante che mai. Oggi non abbiamo solo la tivù, coloratissima (il bianco e nero un ricordo per qualcuno) con tanti programmi, numerosi canali televisivi, ma abbiamo computer, tablet, smartphone, Face Book, WhatsApp, Instagram, LinkedIn, Twitter, YouTube, Pinterest, Tik Tok, Google e tanta tanta altra roba. Rodari si sarebbe divertito. Tutto è cambiato! eppure i suoi testi ci parlano ancora. Ma si sa i classici non hanno età.

 Quante cose sono cambiate in questi anni! Sui binari, luoghi della mia infanzia, transitavano treni a vapore. Ricordo tanto fumo nero e la locomotiva nera nera che trascinava i vagoni a fatica: ciuf… ciuf… e i macchinisti dal volto nero nero come il carbone. Erano treni con vagoni pieni di merci, auto, legna, barbabietola. Ho imparato a contare inseguendo con lo sguardo i vagoni. Nella stazione ferroviaria c’era un via vai di ferrovieri e operai, in gran parte facchini, per il carico e scarico delle merci. Tutto è mutato! La mia stazione ora, con l’evoluzione, è vuota: rari i treni, rari i passeggeri, unico il binario, nessun operaio, nessun ferroviere, non più capostazione con cappello rosso e fischietto in bocca; nel casello non c’è più il casellante. Si attende ancora il trenino, quello ad alta velocità, ma la linea non è ancora elettrificata; intanto non abbiamo più i treni che inghiottivano carbone, il ciuf ciuf che pur trasportava persone e merci. Ah Rodari, Rodari, il prossimo romanzo, quando sarà, ambientalo in questi posti; ti prometto che ti farò da cicerone, il resto lo racconterai tu. Parlerai, ovviamente, ai bambini e ai ragazzi, ben sapendo, furbacchione! che le orecchie degli adulti ascolteranno, anche se faranno finta di nulla. «Come al solito», dirai. Lo so, come al solito. Ma tu meni meni! menavi con le parole ieri, e continui a menare anche oggi. Anche se oggi di orecchi acerbi non so quanti ce ne siano in giro! Racconterai anche con la fiaba e la filastrocca quello che una raccolta di saggi non sa dire.

 Ma permettetemi di parlare un po’ di questa nuova edizione de «La Freccia Azzurra». L’ho vista in libreria, bel formato grande, colorato. Pastosi e originali i disegni di Camilla Pintonato, colta e interessante l’introduzione di Neri Marcorè, curata la grafica. Marcorè (fantastiche le sue letture di alcuni testi di Rodari), nella sua breve ma ricca introduzione, soffermandosi su cosa sia davvero cambiato da quando lui da ragazzino leggeva la lunga fiaba, così si esprime: «Insomma, sono cambiate le etichette, razionalizzate le categorie. Ma credo ci sia qualcosa che è rimasto uguale, ed è ciò che ci anima, sempre allo stesso modo, da grandi e da piccini: quello che per Aristotele e Platone era all’origine della filosofia, il thaumazon, e che per ogni bambino è… lo stupore. Sono gli occhi di Francesco davanti alla vetrina dei giocattoli della Befana». E aggiunge: «Credo sia per questo che, dall’alto della mia statura definitiva, non mi assale quella nota malinconica per le cose andate, non sento che la vita mi ha rovinato e che vorrei tornare piccino ma, anzi, sento che la Freccia Azzurra ha un potere magico: quello di creare relazioni». E, in verità, di relazioni, incontri, intrecci, il romanzo ne ha creati a iosa in questo lungo fantastico viaggio tra gli anni, le generazioni, i luoghi, le lingue, i costumi, le culture.

La storia raccontata è, ovviamente, quella di sempre: chi la conosce non ha alcun interesse di leggerne una sintesi qui; per chi, invece, si accinge a conoscerla è bene che non anticipi nulla. Che senso ha svelare i misteri di un’avventura? Perché cinicamente privare il lettore del fascino della lettura?

 È appena il caso di dire che si tratta della storia di una Befana particolare, una specie di commerciante che dona giocattoli a pagamento. I bambini scelgono il giocattolo, i genitori pagano e la Befana esegue la consegna a domicilio nella notte segnata dal calendario per questi servizi. Non può regalare nulla questa Befana aristocratica dimezzata: i conti, a fine anno, devono quadrare. E per la ditta deve esserci un utile, non si lavora per nulla. Insomma, questa Befana rodariana cancella l’immagine di quella vecchietta buona che pensa a tutti i bambini del mondo. «E che cosa credono, che forse la mia padrona sia davvero così avara come sembra? Non può regalare nulla perché deve campare anche lei. Se fosse ricca ricca come la Befana delle fiabe ne avrebbe per tutti, e anche senza quattrini. Ma lei non è la Befana delle fiabe; è la Befana vera. E la Befana vera deve servire i clienti che pagano», così l’aiutante in campo della Befana ben descrive e giustifica il comportamento un po’ manageriale della sua padrona. Ci sono i clienti che pagano da soddisfare.

 E se le cose stanno così, che accade per chi non si può permettere di comprare i giocattoli? I bambini poveri di genitori poveri resteranno senza giocattoli. Facile, no? E questo Rodari non può accettarlo. E non possono tollerarlo neanche i giocattoli, che da cose inanimate prendono vita.  Da qui una bella storia che avrà mille risvolti. Sia pure con passo lieve vi si raccontano, ma come sottofondo, senza prediche e retorica a buon mercato, ingiustizie, individualismi; insomma, di quella realtà non proprio bella. Ma anche di una comunità, sia pure particolare, che insieme vuole affrontare i problemi e risolverli, di amicizie e solidarietà. Senza, però, che nessuno salga in cattedra, perché ha da insegnare qualcosa. («Chissà perché quelli che hanno il cuore buono davvero si sforzano sempre di non farlo sapere agli altri»). È, soprattutto, una storia di povertà; la miseria di tanti bambini è la miseria di tante famiglie alloggiate in tuguri, come ce ne erano tanti nell’Italia degli anni Cinquanta. Anche se Rodari quando parla di bambini pensa ai bambini del mondo, non di questa o quella patria, di questa o quella bandiera. Potrà essere cambiato tanto in questi settanta anni, certo è che c’è sempre bisogno di un mondo più umano, meno mercificato, meno egoista. C’è sempre più bisogno di comunità che eliminino le ingiustizie evidenti, la fame, la povertà. Sì, la povertà. E se la fiaba sa raccontare il mondo ben venga la fiaba, sia pure vestita d’abiti moderni.

 Ma allora chi leggerà questa fiaba di Rodari conoscerà una Befana cattiva? Ma no, no; ha certamente i suoi problemi quotidiani, ma stiano tranquilli i bambini, perché la Befana è sempre la Befana, e i giocattoli avranno sempre bisogno dei bambini come i bambini di tanti amici con cui giocare.

 

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