La
luna nel piatto di Fausta Genziana Le Piane
di Giovanni Pistoia
Se ne stava lì, da qualche giorno, tra
tante carte in evidenza. Un libricino giallo con un titolo accattivante: “La
luna nel piatto”. Un disegno, al centro della copertina, con una faccia di luna
misteriosa; sembrava guardarmi, come se volesse dirmi qualcosa: «Perché mi
guardi? Ti incuriosisco? Ho l’impressione che stai pensando qualcosa …»
Era proprio così. Pensavo a dei versi di
Dante Maffia. Gli ultimi de “La biblioteca di Alessandria”. Vado a ripescare
nella libreria, nel reparto dedicato a Dante, il libro, e leggo i versi finali:
«Eratostene
resterà eternamente in attesa
di riavere dagli dei ciò che gli è
dovuto.
Intanto la luna cade sul davanzale
e io distrattamente la servo per
dessert.»
Che strano oggetto il libro: ne cominci la
lettura e non sai dove ti potrà condurre! Già quel disegno e quel titolo mi
avevano trasportato in altro luogo, nell’affascinante biblioteca di Alessandria
incendiata e nel fuoco rinnovato dei versi di Maffia.
Va bene! Il volumetto, neanche cento
pagine, era stato messo tra le cose da leggere, poi qualche piccolo malore mi
aveva costretto a pensare ad altro.
Lo prendo con cura, lo sfoglio, guardo
qualche disegno e inizio a leggere. Comincio dalla prima pagina, come fanno un
po’ tutti, in verità. La lettura si consuma velocemente, una pagina dietro
l’altra, una scrittura scorrevole, dolce, quasi volesse accarezzare il lettore.
Non è una raccolta di poesie, ma in quegli scritti ve n’è tanta; è un insieme
di racconti, a volte, di raccontini, vere e proprie pennellate, appunti veloci
che lasciano il segno.
Il libro si apre con le prime pagine
dedicate alla Calabria, una regione amata soprattutto da chi ne è fuori, come
l’autrice del testo, Fausta Genziana Le Piane, che lascia sul foglio ricordi,
emozioni, fiori e colori della sua terra, il volto di persone che ha
conosciuto, il rapporto con la sua gente mai sospeso. Dopo questa boccata
d’ossigeno, l’autrice si fa trasportare da eventi della vita quotidiana e ne ricava
dei racconti che prendono il volo, si dipanano con disarmante semplicità e
accorata partecipazione. Ma non mancano colloqui solidaristici tra gli alberi,
come quello molto simpatico tra il melograno, il melo, l’olivo, o riflessioni
appena accennate dalla punta della penna che si muove come un pennello. E, in
effetti, il volume contiene anche un opuscolo dedicato a Pinella Imbesi,
artista siciliana, che, tra l’altro, firma il disegno della copertina del
volume di Fausta. E anche in questi scritti si ritorna ai sapori del
Mediterraneo; poche pagine, dove l’accordo tra critica pittura e poesia è
perfetto: il giardino degli ulivi, il colore ardito dei girasoli, il mito, gli
dèi dai corpi dorati. (Ah Fausta! Fausta! Gli dèi hanno lasciato questa terra;
forse si sono suicidati il giorno che ne abbiamo suicidato la bellezza!)
Scrittura malandrina questa di Fausta!
Ritorno sulle prime pagine e mi soffermo
sui ricordi di Fausta legati a Nicastro e, in particolare, alle rovine di s.
Teodoro … ora che ci penso proprio su quella chiesetta avevo fatto una ricerca
legata alla religiosità popolare di quel luogo; devo avere, in qualche parte, alcuni
testi di storia locale di Nicastro … che strano oggetto il libro, quando pensi
che ti accolga in un angolo protetto, ti accorgi che navighi in mare aperto.
Fausta Genziana Le Piane
La
luna nel piatto
Edizioni Associate
Roma 2004
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