In un momento in cui la società si sta evolvendo (io dico involvendo) e andando verso la perdita dei valori, verso una genericità che tende a fare di tutte le erbe un solo fascio, in un momento in cui, direbbe Zygmunt Bauman, tutto diventa liquido, perfino l’Amore, libri come questo di Luca Irwin Fragale sono una boccata di ossigeno per non perdere definitivamente l’identità, per conservare il minimo di radici con il proprio mondo che ha avuto una storia ricca di umanità, di quel calore che rende veri e credibili i rapporti d’ogni genere.
Un lavoro così ponderoso, ben 574 pagine fittissime e
stampate con carattere piccolo, costa fatica e ricerche certosine e Luca non
s’è risparmiato, tanto da sorprendermi ad ogni pagina per la ricchezza dei
particolari, per la puntigliosità scientifica con cui è riuscito a porre in
essere un materiale eterogeneo e sparso nei luoghi più impensati.
Sarà quindi difficile sintetizzare il percorso fatto, darne
conto in maniera adeguata, ma prima fatemi gridare di soddisfazione per un
evento che finalmente è storicizzato. Swinburne a Roseto ospite dei Mazzario!
Capite? Un evento di questo genere ci dice sia delle aperture culturali dei
Mazzario e sia della bellezza di questo angolo di terra benedetto da Dio, che è
Roseto Capo Spulico. Una targa no?
Luca Irwin Fragale ha saputo organizzare un discorso unitario
e rigoroso sulla famiglia Mazzario a cominciare dal Trecento traendo da ogni
notizia non soltanto l’indicazione nuda e cruda, che appartiene agli
archivisti, ma cucendo il tutto in un affresco che, se non fosse per la
quantità enorme di riferimenti e di citazioni, si potrebbe leggere come uno di
quei romanzi ottocenteschi scritti da un De Roberto.
Ma quel che affascina maggiormente di tutto il lavoro, e
ripeto, affascina, è la chiarezza. Luca ha il dono del narratore che però non lascia
al caso gli avvenimenti, li coordina, li utilizza adeguatamente e ne ricava
l’itinerario che dà rilevanza alle azioni. Ha quel che si dice, il ritmo
Chissà perché leggendo il libro ho pensato a Benedetto Croce
con la certezza che lo avrebbe apprezzato e che l’avrebbe portato ad esempio di
come condurre una indagine su situazioni familiari inseguendo una generazione
dietro l’altra e dimostrando che, nel bene e nel male, certe famiglie, come
quella dei Mazzario, sono state portatrici di civiltà, visto che non si sono
arroccate solo nei privilegi, ma hanno cercato di far crescere, con tutti i limiti dell’epoca e le
leggi inique, la popolazione cercando di non renderla in schiavitù. Per capire
comunque la fatica enorme occorsa per distillare la valanga di documenti ci si
soffermi sull’”Appendice documentaria generale” che occupa circa centocinquanta
pagine. Insomma, uno di quegli studi che si riescono a portare a compimento per
avere preso l’impegno con se stessi. Mi si perdoni l’autocitazione, accadde anche
a me quando mi occupai di tutte le poesie di Tommaso Campanella e di quella di
Ovidio.
Imprese che riescono grazie alla passione, ma soprattutto
alla serietà delle indagini, mai trascurando anche il minimo particolare.
Guicciardini insegna. Del resto, per poter realizzare un testo così, in cui
domina la scientificità, che fa spesso delle affermazioni che sembrano perfino
apodittiche (si leggano, solo per averne un esempio, le pagine 14 e 15
dell’Introduzione in cui si parla del mondo albanese il Italia) non basta la
buona volontà e l’intelligenza che porta alle intuizioni, ci vuole anche
l’impegno quotidiano che deve scavare, confrontare, verificare e soltanto dopo
affermare.
Ciò che fa Luca Irwin Fragale, al quale va il mio plauso di
scrittore, ma anche il mio ringraziamento di rosetano, ma soprattutto, lo
accennavo all’inizio, il mio ringraziamento per avere saputo riconnettere un
piccolo popolo alla sue vere radici, ridandogli l’identità che rischiava di
sfocarsi in rivoli per l’aggressione ormai petulante e sorda dei comportamenti
della società liquida.
Dante Maffia
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