mercoledì 16 novembre 2022

ROMA MUSA DELL’ARTE Letto da Dante Maffia


Pur avendo origini lontanissime, risalgono al Medioevo le prime esperienze, l’acquerello non si è mai imposto come la pittura ad olio, forse perché è stato appannaggio di amanuensi e di illustratori o forse perché è luogo comune pensare che nasca dall’impatto  e non dalla meditazione.

Errore grave, che in parte fu superato, non però cancellato, quando l’autorità di Ettore Roesler Franz creò grande attenzione su questa tecnica che è l’unica, come sosteneva una grande poetessa russa Marina Cvetaeva, a saper cogliere a volo l’attimo fuggente, quella sorta di colore vivace e vagante che si coagula in un baleno e si dissolve immediatamente.

Io ritengo, non me ne vogliano gli amici pittori, che riuscire a realizzare opere valide con l’acquerello è assai più difficile, perché tutto si gioca sulla immediatezza, sul nesso che il pulviscolo e la luce riescono ad annodare per rendere non il paesaggio, la strada o il monumento in sé, ma il sogno della strada, del monumento, di un qualsiasi altro soggetto.

Daniela Marzano da anni si è dedicata interamente all’acquerello e oggi finalmente possiamo godere i risultati del suo impegno, della sua ricerca, del suo entusiasmo in  opere che vedono Roma al centro dell’attenzione, ma con intenti che vanno oltre il puro dato illustrativo, per cogliere l’anima della  Caput Mundi, per riviverla in una dimensione oscillante tra sogno e realtà, come se gli scorci della città fossero creature che in punta di piedi venissero a farci visita. Questa cautela ha permesso alla pittrice di riempire di carezze coloristiche i monumenti, facendoli diventare ancora più belli, come ha osservato Maurizio Martena visitando la mostra intitolata “Roma musa dell’arte”.

Daniela Marzano ha saputo entrare nella polpa viva del patrimonio monumentale di Roma quasi ritraendo ogni particolare, ma non è mai caduta, non si è fatta afferrare mai dalla maniera. Credo che la sua grande sfida sia stata proprio questa, ripercorrere un itinerario consueto, riproporre San Pietro, il Colosseo, l’Appia Antica, il Ghetto, Villa Ada, senza farsi sfiorare dalla tentazione oleografica che sta sempre in agguato quando si reiterano situazioni e immagini ormai canoniche.

Ma la ricchezza di questi acquerelli sta soprattutto nella poesia che Daniela è riuscita a immettere realizzando le sue icone. Lo ha fatto come soffiando sui colori, come se volesse acciuffare la sintesi degli elementi che si aprono e si chiudono nei giochi della luce senza mutare la delicatezza che la tavolozza le suggeriva nella sua naturalezza. In questo modo ha rispettato la qualità dell’immagine colta dal suo sguardo, ma l’ha filtrata nelle pieghe del cuore, fino a raggiungere un equilibro formale di rara efficacia. Diversamente avremmo avuto elaborazioni perfette e riscontri realistici, ma non questo fiato che le forme e i colori sono riusciti a rendere sinfonia, armonia d’un concerto che ha fatto davvero rivivere i luoghi portandoli oltre la monumentalità, oltre la storia, adagiandoli nel luogo dell’anima.

Da un punto di vista strettamente tecnico non c’è una minima sbavatura e ciò la dice lunga anche sull’impegno di Daniela che, per esempio, in “Natura e storia” e in “Atmosfere romane” immette il suo entusiasmo restituendocelo con la memoria di chi, ancora una volta, vuole sentire fremere le atmosfere, addirittura i muri.

Insomma siamo al cospetto di un’artista compiuta, che ha consapevolezza del suo percorso e delle acquisizioni teoriche e tecniche raggiunte, ma non si crogiola negli esiti, anzi gli esiti a cui è arrivata la spingono a scavare ancora, consapevole che in arte non si è mai all’approdo, ma sempre sula pista e pronti a nuove conquiste.

Durante la mostra ho dato anche uno sguardo ai due album che Daniela Marzano  ha esposto sopra un tavolo. Devo dire che mi hanno affascinato per la forza espressiva che vi è dentro, per l’invenzione che gioca  sulle sfumature e ne ricava momenti di congiunzioni celesti. No, non esagero, sui fogli di questa pittrice scorre l’anima, non solo la perizia e la bravura e si sa, se nel realizzare opere poetiche, musicali o pittoriche, oltre a dimostrare d’avere gli strumenti necessari per realizzare, si riesce a far filtrare anche il palpito dell’immaginazione e del sogno, allora il risultato sarà davvero convincente, proprio come è il caso di Daniela.

Saluto questa mostra con fervore non solo perché ho scoperto un talento prezioso, ma anche perché forse si può ripartire da lei per far ritornare all’acquerello che, quando è frutto di entusiasmo, riesce a portare nella dimensione dove è possibile trovare il senso del divenire.

L’acquerello, diceva Enotrio, è una finestra aperta all’alba sugli arcobaleni che viaggiano e si scambiano abbracci. Una definizione forse troppo poetica, ma che io trovo vera e che trovo realizzata in queste immagini di Daniela Marzano autentiche, grondanti di vita, di amore vero per una Roma che è diventata tutta sua, ricca di echi lontani, di fermenti che accendono il visitatore e lo rendono complice di una passeggiata rigeneratrice, direi perfino purificatrice.

Gli acquerelli di Daniela hanno anche questo dono, perché a guardarli bene sono anche figli di una metafisica che ha ragioni profonde nel suo animo, che ha sogni costantemente con le ali aperte sull’Infinito.

 

 

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