passeggiando tra i libri/Il saggio rimane bambino per tutta la vita
Giovanni Pistoia
Dopo aver letto un libro, dopo aver ascoltato una lezione, dopo aver appreso un’arte, e così via, si pensa di essere un po’ meno ignoranti di prima. Più si acquistano cognizioni, insomma, meno ignoranti si è. E, invece, riflettiamo un attimo sul rapporto ignoranza e sapere secondo le parole di Elias Canetti (2002), Premio Nobel per la Letteratura nel 1981:
“Dall’equilibrio tra sapere e ignoranza dipende quanto si è saggi. L’ignoranza non deve impoverirsi con il sapere. Per ogni risposta deve saltare fuori – lontano e apparentemente non in rapporto con essa – una domanda che prima dormiva appiattata. Chi ha molte risposte deve avere ancora più domande. Il saggio rimane bambino per tutta la vita, le sole risposte inaridiscono il corpo e il respiro. Il sapere è arma unicamente per i potenti, non c’è nulla che il saggio disprezzi più delle armi. Egli non si vergogna del suo desiderio di amare più persone di quante conosca; e non si separerà mai, per superbia, da tutti coloro di cui non sa nulla.”
Valeria Di Modica, Adriana Di Rienzo e Roberto Mazzini hanno voluto mettere, a conclusione del loro lavoro “Le forme del gioco”, questa bella e significativa espressione di Canetti. Del libro, ho già detto nel post “Le forme del gioco”: mi piace, però, ritornarci per segnalare ulteriormente alcune caratteristiche dello studio.
Il volume, appena 141 paginette, è indicato per i docenti. Linguaggio rigorosamente tecnico, eppure molto discorsivo. Denso di contenuti e di esempi; non vuole essere un modello da copiare. Argomento principale del testo è il linguaggio espressivo o, meglio, i linguaggi espressivi. Se ne indicano tre: il gioco cooperativo, il laboratorio teatrale, il teatro dell’oppresso. Sono questi gli itinerari illustrati nel saggio, non solo i soli utili, come sottolineano gli autori, all’educazione interculturale ma ne costituiscono possibili paradigmi.
Gli autori, prima di concentrarsi nei dettagli sui percorsi didattici e operativi presentati, si sono soffermati, nella prima parte del libro, su alcuni concetti chiave: la valorizzazione delle differenze, il decentramento cognitivo ed emotivo, il pensiero plurale, la gestione non violenta del conflitto.
Un ampio spazio viene dato al gioco, al gioco individuale e cooperativo e al suo ruolo per tessere relazioni con il mondo circostante. “La valenza formativa del gioco è rintracciabile in tutte le culture: sono tanti i giochi simili presenti in paesi lontani tra loro che testimoniano la necessità per il bambino delle molteplici funzioni cui assolvono”.
In poche parole, l’universalità del gioco, la sua presenza in culture diverse, rendono il gioco un fortunato strumento dell’educazione interculturale.
Giovanni Pistoia
Dopo aver letto un libro, dopo aver ascoltato una lezione, dopo aver appreso un’arte, e così via, si pensa di essere un po’ meno ignoranti di prima. Più si acquistano cognizioni, insomma, meno ignoranti si è. E, invece, riflettiamo un attimo sul rapporto ignoranza e sapere secondo le parole di Elias Canetti (2002), Premio Nobel per la Letteratura nel 1981:
“Dall’equilibrio tra sapere e ignoranza dipende quanto si è saggi. L’ignoranza non deve impoverirsi con il sapere. Per ogni risposta deve saltare fuori – lontano e apparentemente non in rapporto con essa – una domanda che prima dormiva appiattata. Chi ha molte risposte deve avere ancora più domande. Il saggio rimane bambino per tutta la vita, le sole risposte inaridiscono il corpo e il respiro. Il sapere è arma unicamente per i potenti, non c’è nulla che il saggio disprezzi più delle armi. Egli non si vergogna del suo desiderio di amare più persone di quante conosca; e non si separerà mai, per superbia, da tutti coloro di cui non sa nulla.”
Valeria Di Modica, Adriana Di Rienzo e Roberto Mazzini hanno voluto mettere, a conclusione del loro lavoro “Le forme del gioco”, questa bella e significativa espressione di Canetti. Del libro, ho già detto nel post “Le forme del gioco”: mi piace, però, ritornarci per segnalare ulteriormente alcune caratteristiche dello studio.
Il volume, appena 141 paginette, è indicato per i docenti. Linguaggio rigorosamente tecnico, eppure molto discorsivo. Denso di contenuti e di esempi; non vuole essere un modello da copiare. Argomento principale del testo è il linguaggio espressivo o, meglio, i linguaggi espressivi. Se ne indicano tre: il gioco cooperativo, il laboratorio teatrale, il teatro dell’oppresso. Sono questi gli itinerari illustrati nel saggio, non solo i soli utili, come sottolineano gli autori, all’educazione interculturale ma ne costituiscono possibili paradigmi.
Gli autori, prima di concentrarsi nei dettagli sui percorsi didattici e operativi presentati, si sono soffermati, nella prima parte del libro, su alcuni concetti chiave: la valorizzazione delle differenze, il decentramento cognitivo ed emotivo, il pensiero plurale, la gestione non violenta del conflitto.
Un ampio spazio viene dato al gioco, al gioco individuale e cooperativo e al suo ruolo per tessere relazioni con il mondo circostante. “La valenza formativa del gioco è rintracciabile in tutte le culture: sono tanti i giochi simili presenti in paesi lontani tra loro che testimoniano la necessità per il bambino delle molteplici funzioni cui assolvono”.
In poche parole, l’universalità del gioco, la sua presenza in culture diverse, rendono il gioco un fortunato strumento dell’educazione interculturale.
Un piccolo testo, questo della Carocci, utile per chi opera nel vasto e complesso campo dell’intercultura. Al termine della lettura, quando anche l’ultima pagina è stata fermata nella mente, si è certamente più ricchi. Tante domande hanno avuto una risposta, oppure un tentativo di risposta. Eppure, quante altre domande ti affollano la mente: e alla fine, come dice Elias Canetti, “l’ignoranza non deve impoverirsi con il sapere”.
Valeria Di Modica
Adriana Di Rienzo
Roberto Mazzini
Le forme del gioco
Tecniche espressive per i laboratori interculturali
Carocci Faber, Roma 2005
http://www.scuolafacendo.carocci.it/
(6 gennaio 2008)
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