domenica 4 maggio 2008

passeggiando tra i libri/Come un romanzo

Come un romanzo
Giovanni Pistoia

Spesso si dice che la lettura è un atto di comunicazione. Non è proprio così. Il piacere della lettura di un bel libro è un atto vissuto tra il lettore e il libro stesso. Il silenzio che si produce nell’animo di chi legge è “il garante della nostra intimità”. Leggiamo, cerchiamo di distillare il valore delle parole. Riflettiamo: l’umiltà ci impone il silenzio. Tacere, in questo caso, è un atto di grande saggezza. A meno che la nostra pochezza non ci rende boriosi, venditori di fumo; pronti per il chiacchiericcio da salotto, ansiosi di dimostrare agli interlocutori la nostra… cultura. In realtà, quello che un buon libro può darci passa attraverso l’ascolto della parola scritta.

Tuttavia “pur non essendo un atto di comunicazione immediata, la lettura è, alla fine, l’oggetto di una condivisione. Ma una condivisione lungamente differita, e tenacemente selettiva”. Così Daniel Pennac in quel suo libro, “Come un romanzo”, divenuto un classico nel genere, pubblicato nel 2007, dalla Feltrinelli per la quattordicesima edizione. In effetti, quello che abbiamo letto di più bello, che ci è più caro, non è il testo che ci è stato imposto dalla scuola o dalla pubblicità, ma il più delle volte, aggiunge l’autore, “lo dobbiamo quasi sempre a una persona cara”. E se qualcosa di una lettura ha lasciato una traccia in noi, lo comunichiamo a qualcuno che sappiamo possa e voglia condividere con noi una scoperta.

Amare vuol dire, in ultima analisi, far dono delle nostre preferenze a coloro che preferiamo. E queste preferenze condivise popolano l’invisibile cittadella della nostra libertà. Noi siamo abitati da libri e da amici”.

“Quando - scrive Pennac - una persona cara ci dà un libro da leggere, la prima cosa che facciamo è cercarla fra le righe, cercare i suoi gusti, i motivi che l’hanno spinta a piazzarci quel libro in mano, i segni di una fraternità. Poi il testo ci prende e dimentichiamo chi in esso ci ha immersi: tutta la forza di un’opera consiste proprio nel saper spazzare via anche questa contingenza!
Eppure, con il passare degli anni, accade che l’evocazione del testo faccia tornare alla mente il ricordo dell’altro: alcuni titoli sono allora di nuovo dei volti.
E, siamo giusti, non sempre il volto di una persona amata, ma anche quello (oh! raramente) del tal critico o del tal professore.” Proprio così: perché se è vero che la scuola ti impara a leggere, il piacere della lettura è altra cosa. Se sei fortunato puoi incontrare un buon maestro o un buon professore che non ti impone la lettura (“il verbo leggere non sopporta l’imperativo…”) ma è lui a leggere per te, in classe, ad alta voce. Senza pretendere niente. Solo un po’ di ascolto. Non è detto che non possa scoppiare una passione, che le voci del libro non diventino stimoli. Stimolo che non nasce, in genere, nelle aule scolastiche. Ma, a volte, basta la presenza di qualche insegnante che ti incanti, perché la scuola lasci una solida traccia.
Come, forse, è capitato anche a qualcuno di voi.

Nella foto la copertina del libro con un disegno di Daniel Pennac.

Cliccare l’immagine per ingrandirla.

Daniel Pennac
Come un romanzo
Universale Economica Feltrinelli
http://www.feltrinelli.it/

(4 maggio 2008)

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