[Angelo Petrosino, Una per tutte, tutte per una, illustrazioni di Sara Not, Einaudi Ragazzi 2023]
«Una per tutte, tutte per una»: il coraggio di reagire
di Giovanni Pistoia
Negli ultimi tempi, Francesca
aveva avuto più di un’occasione
di riflettere sulle parole della madre:
«Non sempre e non per tutti».
Cominciava a vedere troppi torti e ingiustizie
intorno a sé e non le piacevano per niente.
Angelo Petrosino
Francesca ha dieci anni, le piace scrivere, come sua madre che fa la scrittrice; ha un diario che, come tutti i diari, è segreto, ma non per la mamma. Rosalia ha i capelli rossi, una nuvola di fuoco in testa. Capelli riccioluti, folti, un viso rotondetto. La mamma è una tassista. Giulia è la terza compagna di questa allegra compagnia; la chiamano scherzosamente «stecchino», perché magrolina ma lei sfodera energia a tutto gas. Brucia calorie, perché non sta mai ferma; è un vulcano in eruzione. La mamma è infermiera in una struttura per anziani. Francesca, Rosalia e Giulia sono le tre protagoniste di questa nuova, fresca, bella e spumeggiante storia di Angelo Petrosino, dal titolo, che è già tutto un programma, «Una per tutte, tutte per una». Un titolo, che mi riporta alle avventure di Alexander Dumas, «I tre moschettieri», e al loro motto famoso: «tutti per uno, uno per tutti». Ma Petrosino, maestro e studioso, certamente ricorda e rilancia convintamente la locuzione latina «Unus pro omnibus, omnes pro uno». Un motto, che sembra antistorico per i nostri tempi, dove l’egoismo assurge spesso a nuova religione e la solidarietà, che quel concetto sottende, pare incontrare l’ostilità di tanti. Ma Petrosino è maestro che rastrella storie dalle strade con puntigliosità, perché nulla vada perduto. Mi riporta, Angelo, alla mente quelle contadine che, una volta terminata la mietitura del grano, si soffermavano a raccogliere le spighe sfuggite alla trebbiatrice e finite tra le stoppie. «Tutte le spighe vanno raccolte, il tesoro non va perduto», dicevano Maria Teresa e Filomena, le spigolatrici più anziane. Erano in buona compagnia, anche i passeri, senza paura, racimolavano chicchi sognando granai d’oro.
Angelo Petrosino non inventa storie fantasiose lontane dalla realtà. La sua predilezione è «per le storie di vita quotidiana, per vicende nelle quali mettiamo in gioco un po’ della nostra vita, le nostre relazioni con gli altri, che ci cambiano quasi sempre arricchendoci o rendendoci più consapevoli di chi veramente siamo». Egli, infatti, è un osservatore acuto della vita che brulica attorno; sa ascoltare ogni parola e fonema; sa registrare ogni gesto o movimento, ogni volo di pipistrello, per citare il mammifero che s’intrufola tra le sue pagine; ogni miagolio di gatto. Sa, soprattutto, guardare il volto dei bambini, degli adolescenti. Sa leggerne le virtù potenziali ma anche le tante minacce, che possono fare di un ragazzotto buono un bullo, o forse qualcosa di peggio. Non mitizza nulla e nessuno Petrosino, conosce bene la vita delle città e dei paesi, sa che il male esiste e spesso le vittime sono ragazzi. Sa anche che i ragazzi possono essere loro stessi soggetti negativi, probabilmente perché gli educatori, nel caso specifico, hanno fallito il loro compito.
Ecco perché Angelo scrive. Ecco perché insiste nel parlare di buoni sentimenti senza cedere alla retorica, di un corretto modo di vivere la vita; ecco perché ricorda, senza fare moralismi o discorsi velleitari, che l’educazione, comunque la si voglia etichettare, non può che essere essenziale per una comunità che intende definirsi civile. Possiamo definire anche questo libro di Petrosino un romanzo di formazione? Si, lo è, per fortuna. Per fortuna vi sono ancora scrittori che si soffermano su storie che raccontano di approcci positivi alla formazione degli adolescenti, troppo spesso non ascoltati, di genitori che non rinunciano a essere genitori, come nel caso delle tre attivissime mamme. Mamme che con le loro azioni, gesti, dimostrano che i comportamenti valgono molto di più delle parole, particolarmente quando queste diventano prediche, lezioni, sentenze. Petrosino ha il coraggio di parlare di atteggiamenti che dovrebbero esser acquisiti per una civile convivenza e, invece, sono sempre più ignorati nel nostro vivere quotidiano, nel relazionarci con l’altro. Ci vuole coraggio per raccontare, dunque, storie di educazione, di giustizia, prepotenze, pregiudizi, solidarietà, ignoranza? Ci vuole davvero coraggio a fare della letteratura che insegni a vivere e a pensare? che tenti di dialogare ancora con i giovanissimi sempre più soli nell’era delle connessioni? Ebbene sì, ci vuole coraggio. Il minimo che ti può capitare è di esser considerato fuori tempo massimo. E anche di tutto questo bisogna essere grati a Angelo Petrosino, di essere un educatore prima ancora che uno scrittore.
Non racconterò delle vicende narrate. Dico semplicemente che il perno da dove parte tutto è un condominio torinese, lì abitano le tre famiglie protagoniste: tre mamme lavoratrici e tre ragazze di dieci anni. Tranne una volta, se non ricordo male, nessun accenno ai genitori maschi. Un libro tutto al femminile. Tutto incentrato sul potere dell’amicizia, sulla forza della solidarietà, soprattutto sulla sete di giustizia e del vivere in civiltà. Tre amiche con il vizio di non saper mettere la testa nella sabbia, come gli struzzi. Vivono la loro vita con spensieratezza e allegria ma davanti a piccole o grandi odiose ingiustizie, o atti di bullismo, o di arroganza, non sanno tacere, non si voltano dall’altra parte. Guardano, osservano e intervengono. Con determinazione, con dolcezza, con ironia, con intelligenza, a seconda del caso. E operano ovunque: nel palazzo dove abitano, negli ambienti scolastici, nei giardinetti pubblici. Lo fanno con quello che hanno a disposizione; soprattutto con la passione coinvolgente dell’età e degli esempi ricevuti. Operano insieme, e insieme sono intraprendenti e irrefrenabili. Un esempio per tanti giovanissimi, ma anche per tanti adulti, ormai rassegnati a ogni abuso, sopruso, prepotenza, inciviltà. Dinnanzi ai prevaricatori bisogna alzare la testa; davanti a ogni atto che abbruttisce l’uomo e la donna e l’ambiente circostante è necessario reagire. Che questo compito Petrosino lo affidi a delle ragazze non è una novità. Chi conosce i suoi scritti sa che tante sono le protagoniste femminili dei suoi romanzi: si pensi a Valentina, Fiammetta, Silvia, e a tante altre che popolano le sue pagine. Un omaggio, forse, costante e infinito alla mamma; alle tante donne vittime di inaudita ferocia maschile.
Angelo Petrosino, lo si è detto ripetutamente, sa osservare i volti che incontra, ne sa avvertire le ansie, le gioie, le turbolenze. Sa raccontare storie, perché per lui raccontare «è come regalare acqua a chi ha sete, cibo a chi ha fame». Sa trasmettere emozioni e sentimenti, grazie a uno stile adamantino, dove le parole sono sempre ricercate, soppesate, lucide. Scrivere per i bambini non è cosa facile. Però c’è chi sa incunearsi, come nessun altro, nel codice espressivo dello scrittore. E cioè Sara Not. Sono convinto che quando Angelo le anticipa, per telefono, qualche accenno della storia che desidera scrivere, lei già ne immagine il viaggio, le parole che trotterellano sulle pagine, le frasi che si rincorrono fluide come le formichine che animosamente cercano la giusta via. Credo che quando il testo dattiloscritto scivola sotto i suoi occhi, lei già vede galoppare, nella sua mente fantastica, le immagini che andrà a disegnare per dare, così, gambe e anime alle voci di Angelo. Sara Not, una delle più note e brave illustratrici del nostro tempo, con Angelo forma, ormai da anni, un’accoppiata professionalmente indovinata. I suoi disegni, a volte miniaturizzati, a volte estesi per l’intera pagina, sempre allegri, coloratissimi ma senza eccessi, smaglianti e avvincenti, sono parte integrante dei testi dello scrittore. Petrosino ha perfino affermato che i suoi libri non sono solo suoi ma anche di Sara Not. Angelo sa che le illustrazioni, particolarmente per i libri destinati principalmente a bambini e adolescenti, sono essenziali, importanti per appassionare il giovanissimo lettore alle vicende raccontate. Anche in quest’ultimo libro Sara – mi scuserà per la confidenza ma lei è ormai, per me, di casa – è bravissima; le temibili ragazzine appaiono, nelle sue raffigurazioni, in tutta la loro effervescente forza dirompente al grido, oggi più rivoluzionario di ieri, «Una per tutte, tutte per una». I lettori, piccoli e grandi, un po’ mascalzoncelli, sono avvertiti: salvatevi finché potete, potreste finire, non solo tra le grinfie delle giustiziere-moschettiere, ma anche tra le matite acuminate e abilissime di altra donna, Sara Not, la spadaccina dei colori.
C’è un neo, purtroppo, in questo libro delicato e egregiamente curato: è dedicato a me. Ma io ne sono troppo onorato e felice per poter rimproverare di ciò il caro, sensibilissimo Angelo, che ringrazio di tutto cuore. E, commosso, altro non so dire.
Il testo appare in data 25 luglio 2023 in:
https://independent.academia.edu/GiovanniPistoia