Al mercato dei bambini
di Giovanni Pistoia
Luglio, 2006. Un bimbo costa un euro e mezzo. Cinquanta euro, al massimo centocinquanta, una ragazza minorenne. Avviene nel “mercato dei bambini”: si tiene ogni venerdì, accanto a quello degli animali, in Uganda, a seicento chilometri da Kampala. Ne parla il quotidiano “The New Vision”, poi, l’Ansa e, infine, la notizia appare ovunque. Nessun segreto: si sapeva già. Le madri vendono i propri bimbi per la fame. I bambini comperati vengono sfruttati dai loro “padroni” in vario modo, soprattutto nei lavori dei campi. Le ragazze, il più delle volte, diventano schiave del sesso: anche questo un “segreto” noto a tutti.
Luglio, 2006. Un bimbo costa un euro e mezzo. Cinquanta euro, al massimo centocinquanta, una ragazza minorenne. Avviene nel “mercato dei bambini”: si tiene ogni venerdì, accanto a quello degli animali, in Uganda, a seicento chilometri da Kampala. Ne parla il quotidiano “The New Vision”, poi, l’Ansa e, infine, la notizia appare ovunque. Nessun segreto: si sapeva già. Le madri vendono i propri bimbi per la fame. I bambini comperati vengono sfruttati dai loro “padroni” in vario modo, soprattutto nei lavori dei campi. Le ragazze, il più delle volte, diventano schiave del sesso: anche questo un “segreto” noto a tutti.
Luglio, 2006. Campania. Ragazze comprate e vendute. Blitz contro la banda dell’Est. Oltre cento le ragazze portate dall’Albania e Romania e costrette a prostituirsi con clienti italiani. Il “prezzo” delle ragazze varia: mille, oppure quattromila euro, secondo l’età.
Agosto, 2006. Bimbi ridotti in schiavitù. Arresti. L’organizzazione è specializzata nel traffico dei bambini: comprati in Romania a mille euro, raggiungono l’Italia e obbligati a rubare o mendicare. Frustati, costretti a dormire per terra, spesso legati. Fatti di cronaca che scivolano via senza lasciare traccia. Episodi di sfruttamento e di violenze. Ma si sbaglierebbe a leggere questi avvenimenti come fatti eccezionali e residuali di un mondo, che ha allontanato la schiavitù, oppure che appartengono a culture tribali, lontani dalle società evolute. Una visione organica di questa umanità disperata è il documentato e appassionato libro di Aldo Forbice dal titolo indicativo “Orrori. I crimini sui bambini nel mondo”, edito, nel 2004, da Sperling & Kupfer (www.sperling.it).
È una galleria dell’orrore, appunto, che non lascia indifferente. L’autore racconta, con dovizia di particolari, varie forme di maltrattamenti: dai bambini soldati costretti ad uccidere e a farsi uccidere alle bambine vendute per alimentare il “turismo sessuale”; dai bambini preda dei pedofili a quelli per il traffico degli organi. È un’inchiesta e una vigorosa denuncia rivolta soprattutto “a chi insiste nel volgere la testa dall’altra parte”. Un’analisi, che aiuta a comprendere come molti fatti, che accadono nelle nostre città, sono il risultato di un susseguirsi di azioni delittuose, di vere e proprie multinazionali del crimine, che hanno come “merce” i soggetti più deboli. Dinnanzi a queste forme di schiavismo, gli Stati, compresi quelli cosiddetti “civili”, sembrano incapaci di sostenere validamente politiche a favore dei bambini. Non solo. “I paesi ricchi sono diventati grandi aree di consumo della prostituzione infantile… È da queste nazioni che partono in prevalenza i cosiddetti turisti sessuali (occasionali e pedofili) per l’America Latina e per il Sud Est asiatici”, scrive Forbice.
Una ragazzina, costretta a mendicare, dice a una poliziotta: “Gesù ha deciso che dovevamo essere poveri e così è. Facciamo la vita dei poveri e chiediamo l’elemosina.” Forse bisogna dire a tutte le ragazze come lei, che Gesù volle a sé i bambini, quando qualcuno cercò di allontanarli da lui e che non esitò a scacciare i mercanti dal Tempio. Purtroppo gli aguzzini, ieri come oggi, trovano, spesso, più complici che oppositori. Intanto, grazie a loro, a milioni di bambini, è vietato vivere o sognare.
(21 ottobre 2007)
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