lunedì 22 ottobre 2007

passeggiando tra i libri/Alberi schiavi

Alberi schiavi
di Giovanni Pistoia

“Io non è bambino cattivo. Io non è bambino cattivo. Io è soldato e soldato non è cattivo se uccide. Io dice questo a me perché un soldato deve uccidere, uccidere, uccidere. Perciò se io uccide fa solo cosa giusta. Io canta canzoni a me stesso perché sente troppe voci in mia testa che dice che io è bambino cattivo. Voci viene da tutto intorno di me e ronza in mie orecchie come zanzare, e ogni volta che io le sente, loro schiaccia mio cuore e mi fa rivoltare stomaco. Perciò io canta. Soldato soldato/uccidi uccidi uccidi./È così che vivi./È così che muori.”

Agu è un bambino felice nel suo villaggio. Gioca con gli altri nei cortili. Dike è il suo migliore amico. Ha un padre premuroso, che fa l’insegnante, una madre amorevole, una sorellina affettuosa. Agu ama molto i libri, quelli rossi e quelli gialli, e anche i blu e i marroni. Ma ad Agu piace soprattutto un libro grosso, con copertina morbida e con la scritta in oro: Sacra Bibbia. Agu siede sempre in braccio alla mamma, che con voce bassa gli legge i libri preferiti. Nelle domeniche va in chiesa e ascolta altre donne che raccontano le storie di Gesù e Giuseppe e Maria. Agu desidera andare a scuola perché vuole diventare Dottore o Ingegnere. Sogna di diventare “dottore di parole”, perché ciò significa stare bene economicamente, e poter leggere tutti i libri che si desidera, senza essere distratti da altri problemi. Sogna Agu…

Poi, la fine di tutto. Arriva la guerra. Bande di ribelli si combattono. La sua casa e il villaggio sono preda di sanguinari miliziani. E Agu diventa soldato con pantaloni corti. “Io non vuole di morire”, ripete Agu. Ma per sopravvivere diventa piccola bestia tra uomini bestie. “Se loro ordina tu uccide, io uccide, tu spara, io spara, tu prende donna, io prende donna e non dice niente neanche se non mi piace. Io uccido tutti, madri, padri, nonne, nonni, soldati. Tutto è uguale. Chi è non importa, basta che loro muore.” Un’esperienza allucinante, che pone fine alla sua infanzia. Egli non è più buono come una volta, ma un “bambino cattivo”, che non sarà mai più felice.

Osserva gli alberi della foresta. Vorrebbe essere come l’albero Iroko, perché è alto e forte, ma sente di essere come l’“albero schiavo”: alberi “schiavi di rampicanti che li usa per salire verso il sole.” Come i bambini soldati, “schiavi” di uomini senza scrupoli, per raggiungere turpi traguardi.
Agu cresce subendo violenze. Agu cresce dispensando violenze. Lo salveranno dalla follia…

“Bestie senza una patria” di Uzodinma Iweala (Einaudi, 2006; www.einaudi.it) è un romanzo che toglie il respiro. È una storia che nasce dalla realtà sconvolgente di guerre tribali, dove gravi sono le responsabilità dei politici del posto, e dell’Occidente, come avviene per tante parti dell’Africa.

Il libro è scritto in un inglese anomalo, un linguaggio originale. Per trasmettere al lettore italiano la musicalità che quel lessico diffonde, la traduttrice, Alessandra Montrucchio, ha usato il modo d’esprimersi degli ambulanti nigeriani, anche in omaggio alla Nigeria, paese d’origine dell’autore.
(22 ottobre 2007)

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