I cappuccetti
di Giovanni Pistoia
C’era una volta una bambina che viveva in un bosco, indossava un mantellino col cappuccio rosso e tutti la chiamavano Cappuccetto Rosso… No… Alt! Nessuna preoccupazione, non vi racconto la storia arcinota alla quale state pensando. Questa favola, però, la vuole raccontare la supplente Elvira ai ragazzi di una quinta elementare, i quali, con la loro maestra Francesca, l’hanno letta e riletta, scritta e riscritta chi sa quante volte. In prima, in seconda, in terza… poi, finalmente, su Cappuccetto Rosso scende il silenzio. Enrico, lo scolaretto re delle risate, dice che della ragazzina si sono perse le tracce perché finalmente il lupo se l’è mangiata. Ma la supermielosa maestra Elvira non riesce a comprendere lo stato d’animo dei ragazzini e continua, con grande energia, a raccontare “le meravigliose avventure di quella ragazzina tanto miope o tanta cretina da non distinguere sua nonna da un lupo.”
Stefano Bordiglioni (www.bordiglioni.com) ha la fortuna di avere una matita (o la tastiera del computer) agile e arguta. Usa, spesso, le parole come fossero note musicali, note allegre, dense di ironia e di umorismo. Nel libro “La congiura dei cappuccetti”, un testo brillante, edito da Einaudi Ragazzi nel 2005 (www.edizioniel.com), Bordiglioni sembra voglia divertire se stesso e, poi, i suoi elettori. Il volume è anche “raccontato” da Giulia Orecchia, bravissima nelle illustrazioni e nel caratterizzare i tanti “cappuccetti”, che rappresentano l’estro narrativo degli scolari.
Ma chi sono questi “cappuccetti”, e perché “congiurano”, e contro chi. Sono i raccontini dei ragazzi che con il Cappuccetto Rosso tradizionale hanno ben poco da spartire. Sono una risposta impertinente e originale, a volte, dissacrante, alla povera maestra Elvira, che insiste nel trattare i giovanotti dell’ultimo anno delle elementari come se fossero bambini appena tolti dalla culla. Niente dà più fastidio ai baldanzosi fantasiosi scolari che sentirsi chiamare, dalla supplente, “cricetini”, “passerottini”, “pesciolini”, “caprettini”, “pulcinini”: insomma, un piccolo zoo di… ini, che per i nostri eroi della quinta elementare (non si scherza, mica!) fan rima con cretini. Insomma gli scolari, Enrico, Linda, Matteo, Fabio ne inventano di tutti i colori per far capire a Elvira che il linguaggio e i suoi metodi non sono più per loro, ormai undicenni.
Chi descrive le birichinate e i volti degli scolari è un osservatore attento e particolare: uno dei ragazzini, che partecipa alle congiure e ai giochi solo in parte, che analizza quello che accade per affidare tutto a una lunga lettera, firmandola “Stefano Piccolo”. Spiega ogni cosa con meticolosità, e indirizza quelle osservazioni a se stesso, a “Stefano Grande”, che si chinerà su quei fogli, ormai cinquantenne. Così facendo sconfiggerà la perdita della memoria, ritroverà quelle emozioni, che sembravano perse per strada.
C’era una volta una bambina che viveva in un bosco, indossava un mantellino col cappuccio rosso e tutti la chiamavano Cappuccetto Rosso… No… Alt! Nessuna preoccupazione, non vi racconto la storia arcinota alla quale state pensando. Questa favola, però, la vuole raccontare la supplente Elvira ai ragazzi di una quinta elementare, i quali, con la loro maestra Francesca, l’hanno letta e riletta, scritta e riscritta chi sa quante volte. In prima, in seconda, in terza… poi, finalmente, su Cappuccetto Rosso scende il silenzio. Enrico, lo scolaretto re delle risate, dice che della ragazzina si sono perse le tracce perché finalmente il lupo se l’è mangiata. Ma la supermielosa maestra Elvira non riesce a comprendere lo stato d’animo dei ragazzini e continua, con grande energia, a raccontare “le meravigliose avventure di quella ragazzina tanto miope o tanta cretina da non distinguere sua nonna da un lupo.”
Stefano Bordiglioni (www.bordiglioni.com) ha la fortuna di avere una matita (o la tastiera del computer) agile e arguta. Usa, spesso, le parole come fossero note musicali, note allegre, dense di ironia e di umorismo. Nel libro “La congiura dei cappuccetti”, un testo brillante, edito da Einaudi Ragazzi nel 2005 (www.edizioniel.com), Bordiglioni sembra voglia divertire se stesso e, poi, i suoi elettori. Il volume è anche “raccontato” da Giulia Orecchia, bravissima nelle illustrazioni e nel caratterizzare i tanti “cappuccetti”, che rappresentano l’estro narrativo degli scolari.
Ma chi sono questi “cappuccetti”, e perché “congiurano”, e contro chi. Sono i raccontini dei ragazzi che con il Cappuccetto Rosso tradizionale hanno ben poco da spartire. Sono una risposta impertinente e originale, a volte, dissacrante, alla povera maestra Elvira, che insiste nel trattare i giovanotti dell’ultimo anno delle elementari come se fossero bambini appena tolti dalla culla. Niente dà più fastidio ai baldanzosi fantasiosi scolari che sentirsi chiamare, dalla supplente, “cricetini”, “passerottini”, “pesciolini”, “caprettini”, “pulcinini”: insomma, un piccolo zoo di… ini, che per i nostri eroi della quinta elementare (non si scherza, mica!) fan rima con cretini. Insomma gli scolari, Enrico, Linda, Matteo, Fabio ne inventano di tutti i colori per far capire a Elvira che il linguaggio e i suoi metodi non sono più per loro, ormai undicenni.
Chi descrive le birichinate e i volti degli scolari è un osservatore attento e particolare: uno dei ragazzini, che partecipa alle congiure e ai giochi solo in parte, che analizza quello che accade per affidare tutto a una lunga lettera, firmandola “Stefano Piccolo”. Spiega ogni cosa con meticolosità, e indirizza quelle osservazioni a se stesso, a “Stefano Grande”, che si chinerà su quei fogli, ormai cinquantenne. Così facendo sconfiggerà la perdita della memoria, ritroverà quelle emozioni, che sembravano perse per strada.
(22 ottobre 2007)
Nessun commento:
Posta un commento