L’albero del rifugio
di Giovanni Pistoia
Durante una passeggiata nel bosco, potrebbe capitarvi di rinvenire un fiore bellissimo. Bene, sappiate che quello splendore della natura è una donna affascinante e una brava mamma, che, per non essere rapita dagli spiriti cattivi e per salvare il bambino che aveva in grembo, fu costretta a nascondersi nel tronco del grande albero del rifugio, “il toborochi”. Quella bella ragazza, chiamata Araverà, figlia del gran capo Ururuti, il condor bianco, si salvò grazie alla seggiola volante che le aveva regalato suo marito, il dio Colibrì. Araverà sfuggì ai spiriti maligni e partorì suo figlio, che, una volta cresciuto, riuscì finalmente a sconfiggere gli spiriti del male. Ma la mamma, la tenera Araverà, continua a proteggersi, ancora oggi, nella pancia del toborochi. Ogni tanto appare, sotto le sembianze di uno splendido fiore, perchè i colibrì, che furono così buoni con lei, possano venire a nutrirsi del suo nettare.
Durante una passeggiata nel bosco, potrebbe capitarvi di rinvenire un fiore bellissimo. Bene, sappiate che quello splendore della natura è una donna affascinante e una brava mamma, che, per non essere rapita dagli spiriti cattivi e per salvare il bambino che aveva in grembo, fu costretta a nascondersi nel tronco del grande albero del rifugio, “il toborochi”. Quella bella ragazza, chiamata Araverà, figlia del gran capo Ururuti, il condor bianco, si salvò grazie alla seggiola volante che le aveva regalato suo marito, il dio Colibrì. Araverà sfuggì ai spiriti maligni e partorì suo figlio, che, una volta cresciuto, riuscì finalmente a sconfiggere gli spiriti del male. Ma la mamma, la tenera Araverà, continua a proteggersi, ancora oggi, nella pancia del toborochi. Ogni tanto appare, sotto le sembianze di uno splendido fiore, perchè i colibrì, che furono così buoni con lei, possano venire a nutrirsi del suo nettare.
È una delle leggende raccontate da un’antica etnia, i Guaranì, che abitano alcune regioni del Sud America (Bolivia, Argentina, Brasile, Paraguay). Questa fiaba, insieme ad altre, si può leggere nel bel volume “La luna ed il giaguaro. Fiabe, miti e leggende del popolo Guaranì”. È una pubblicazione realizzata con il contributo della Provincia Autonoma di Bolzano, su progetto di Sabina Morosini e coordinamento editoriale di Stefania Carrara, stampata nel 2004 dalla Litograf editor di Città di Castello (Perugia). Le fiabe riportate sono state raccolte da Elio Ortiz (Teko Guaranì – Bolivia), con brevi annotazioni storiche di P. Ivan Nasini. Il libro è arricchito, oltre che da foto, da bellissime e colorate illustrazioni di Mauro Mori. Per la realizzazione del lavoro i curatori si sono avvalsi del contributo di Marco Ferretti, dell’Istituto Pedagogico di Ricerca, Sperimentazione ed Aggiornamenti Educativi di Bolzano, di Mauro di Vieste e Sabrina Bussani della Biblioteca Culture del Mondo, di Ilaria Lenzi, Gianni Micheli e Valentina Zoi dell’Ucodep.
Il libro raccoglie leggende e miti diffusi nella regione del Chaco, in Bolivia, abitato dal popolo Guaranì. Si tratta di storie tramandate oralmente da padre in figlio, prima che l’uomo bianco arrivasse in quelle terre. Attraverso quei racconti si spiega l’origine degli animali e del mondo, un mondo affollato da creature fantastiche e leggendarie.
La diffusione della cultura più antica di questi abitanti può aiutare i cittadini tutti ad avere una conoscenza più approfondita della storia e delle tradizioni di questa popolazione e degli sforzi che sta compiendo per migliorare le proprie condizioni di vita, ancora molto precarie.
Se la prima parte del volume è dedicato ai miti degli antichi abitanti Guaranì, la seconda è un’analitica descrizione della storia di quel popolo, delle guerre che lo hanno afflitto, dei tentativi di sviluppo, grazie anche a una rete di progetti mirati. Il libro, in lingua italiana e tedesca, è utile per essere letto e commentato da educatori e ragazzi, insieme. Si ringrazia Renzo Concezione, da Roma, per avercelo segnalato.
(22 ottobre 2007)
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