Come foglie secche
di Giovanni Pistoia
“I mesi che seguirono furono i più felici di tutta la mia vita. Con l’arrivo della primavera, la campagna si riempì di fiori, di fiori di ciliegio e di melo, di pero e di pesco, mentre i pioppi si tingevano d’argento e sui salici spuntavano le foglie giallo limone. I colli azzurrini di Svezia, così dolci e sereni, erano coperti di vigneti e di orti, e incoronati dai castelli...”
“I mesi che seguirono furono i più felici di tutta la mia vita. Con l’arrivo della primavera, la campagna si riempì di fiori, di fiori di ciliegio e di melo, di pero e di pesco, mentre i pioppi si tingevano d’argento e sui salici spuntavano le foglie giallo limone. I colli azzurrini di Svezia, così dolci e sereni, erano coperti di vigneti e di orti, e incoronati dai castelli...”
Il giovane Hans, timido e solitario, incontra, finalmente, nel suo liceo, l’amico del cuore. È Konradin, figlio di una famiglia aristocratica, dai modi educati, ma dall’aspetto severo. Hans è figlio di un medico di origine ebrea, che vive a Stoccarda. I due sedicenni sono impegnati a porsi quesiti di natura esistenziale, a guardare estasiati i panorami stupendi. Hanno fiducia nel presente e sognano un futuro di speranze. Si incontrano sui banchi di scuola, lungo la strada, sulle banchine e nelle loro abitazioni.
“Entrò nella mia vita nel febbraio del 1932 per non uscirne più. Da allora è passato più di un quarto di secolo, più di novemila giorni tediosi e senza scopo, che l’assenza della speranza ha reso tutti ugualmente vuoti – giorni e anni, molti dei quali morti come le foglie secche su un albero inaridito.” Così Hans ricorda l’incontro con Konradin, a testimonianza di un rapporto che segna non solo gli anni della gioventù, ma una vita.
In maniera subdola, però, il vento dell’odio razzista comincia a penetrare ovunque, anche nel liceo di Hans e Konradin. Un irritante sospetto s’insinua anche nell’intensa e sincera amicizia tra i due. Perché Hans non riesce ad incontrare i genitori di Konradin? La risposta arriva una sera di festa. Konradin con i genitori incontra lo sguardo di Hans, che viene ignorato. Stupito da questo atteggiamento, il mattino successivo Hans chiede spiegazioni all’amico, che, impacciato e dispiaciuto, risponde in maniera vaga. Ma Hans insiste. “Vuoi la verità, dice Konradin, e l’avrai… non ho osato presentarti. Ma la ragione non è quella che pensi, non mi vergogno di te. Essa è molto più semplice e più sgradevole. Mia madre appartiene a un’importante famiglia polacca di origine reale e odia gli ebrei... Vedi, Hans, mia madre non accetterà mai l’idea di conoscerti. Senza contare che è gelosa di te perché tu, un ebreo, hai saputo conquistare l’affetto di suo figlio. (…) Se vuoi tutta la verità, ti dirò anche che ho dovuto lottare per ogni ora passata con te, ma c’è di peggio. Se ho preferito non rivolgerti la parola, ieri sera, è stato solo per evitarti un’umiliazione. No, caro amico, non hai diritto di rimproverarmi, nessun diritto, te lo garantisco.”
Gli eventi precipitano. Hans è costretto a fuggire in America. Konradin subisce il fascino di Hitler. Da quel momento la vita di Hans è senza senso, nell’attesa dell’ultimo soffio di vento. Eppure i due amici si ritroveranno. Drammaticamente… su un foglio di carta.
“L’amico ritrovato” di Fred Uhlman (1971), edito più volte, è ristampato nel luglio 2006 da Feltrinelli (www.feltrinelli.it). Romanzo breve, struggente, su giorni che non bisogna dimenticare.
(22 ottobre 2007)
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