domenica 21 ottobre 2007

passeggiando tra i libri/Lo schiavo della porta accanto

Lo schiavo della porta accanto
di Giovanni Pistoia

Panneer è un bambino di dieci anni, vive in India e lavora al telaio quattordici ore al giorno. Il suo corpo è avvelenato dalle tinture dei tessuti. Che costo può avere, in media, uno schiavo bambino nell’India settentrionale? Qualcosa come trenta euro. In scantinati, scuri e senz’aria, bambini chini su bruciatori a gas fabbricano braccialetti, che saranno venduti a trentacinque centesimi alla dozzina. Sono bambini dai nove ai quattordici anni, lavorano dieci ore al giorno, sette giorni su sette. Venduti dai loro genitori ai proprietari degli scantinati. In Cina, bambini schiavi costruiscono i fuochi d’artificio. In Costa d’Avorio dodicimila bambini schiavi vengono impiegati per raccogliere quel cacao che servirà a fare il cioccolato che tanto piace ai bambini. Victoria, vent’anni. È già una veterana del commercio internazionale di schiavi. La sua avventura comincia a diciassette anni. Con uno stratagemma cade nelle mani di un gruppo di serbi, che la violentano e viene avviata sulla strada della prostituzione. Victoria è solo un oggetto: viene venduta dieci volte e passa da un bordello all’altro. “Davvero è un delitto vendere donne? Ma non si vendono anche i calciatori?”, dice Milakovic proprietario di bordelli in quel di Prijdor.

Basta un gruppetto di donne acquistate dal mercato delle schiave, un qualche locale ed una lucrosa attività è messa su. Ma questo non in un paese lontano, ma qui, sotto le nostre finestre, nella contrada vicina, nel locale noto a tanti. Il tutto organizzato e gestito dalle mafie, che ringraziano.“Il traffico di esseri umani – si afferma – è un crimine di atroce violenza e di sfruttamento crudele, è un delitto osceno che richiede una risposta efficace”. Ma le risposte davvero efficaci non arrivano.

Victoria, Panneer sono i rappresentanti di milioni di bambini, donne, uomini che in tutto il mondo sono ridotti in schiavitù. Nel mondo, nei Paesi europei, Italia inclusa. Eppure in nessun Paese la schiavitù è legalizzata. Ma la schiavitù è presente.

La rivista “National Geographic Italia”, nel settembre del 2003, ha dedicato un interessante e attualissimo servizio sull’argomento. Ne sono curatori Cockburn e Bales, quest’ultimo direttore di “Free the Slaves” (Liberate gli schiavi) e autore de “I nuovi schiavi. La merce umana nell’economia globale”, edito dalla Feltrinelli nel 2000 (edizione originale 1999).

Uomini, donne e bambini, comprati, venduti, fatti prigionieri, sfruttati, brutalizzati. L’arma utilizzata dai “proprietari” è la violenza, “l’autorità della violenza”. La forza e la violenza sono strumenti sempre validi di coercizione contro i deboli di turno, soprattutto quando anche per gli Stati “civili e democratici” gli ultimi è bene che restino ultimi, ancora meglio se in catene.
Bisogna rassegnarci a convivere con uomini, donne e bambini vicini di casa, ma schiavi e sfruttati? Insomma, lo schiavo della porta accanto, se non dentro le nostre stesse stanze. Stanze democratiche, certamente; liberali, sicuramente, dove i protagonisti che le abitano non si schiereranno mai a favore della schiavitù; sostenitori decisi dei diritti umani e, in particolare, del diritto alla vita, alla libertà, alla dignità.
Se l’ipocrisia fosse acqua, il mondo da tempo sarebbe affogato.

(21 ottobre 2007)


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