domenica 21 ottobre 2007

passeggiando tra i libri/Bambini nei boschi

Bambini nei boschi
di Giovanni Pistoia

Si abita, a volte, in un posto con il corpo, con l’anima, però, altrove. Può verificarsi, per un adulto, di vivere una profonda crisi d’identità con la propria città. Di non avvertire più l’attaccamento alla sua “terra”; un sentirsi estraneo in un ambiente ritenuto amico. Un aspetto negativo per l’individuo ma anche per il paesaggio circostante, perché non riceve più il contributo di un suo vecchio inquilino. Può capitare, però, a maggior ragione, ad un bambino: se non percepisce come suo l’ambiente che lo circonda, se non gioca con la terra che calpesta, se non rotola tra l’erba, se non s’innamora di un angolo del proprio paese (un ruscello, una quercia, le curve di una collina, un prato di margherite, un giardino di limoni, un bosco, uno spazio verde…), non avrà, nel corso della sua vita, nessun attaccamento per i suoi luoghi. Se non instaura un legame psicologico, biologico, sentimentale, con il proprio paesaggio, non ricercherà gli effetti benefici che la sua “terra” può dare.

Il bambino che cresce senza natura potrà avere dei disturbi, proprio da “deficit di natura”. Ma a essere danneggiato sarà lo stesso ambiente. Senza un attaccamento per le sue radici, quel bambino divenuto ragazzo e adulto, non si accenderà di passioni se la collina sarà tagliata, se un corso d’acqua sarà strozzato, se il bosco sarà incendiato, se un edificio scolastico sarà circondato da cemento, se il mare perde i suoi colori, se l’aria si inquina…

Il “deficit di attenzione” e “l’iperattività”, spesso, sono affrontati con la somministrazione di psicofarmaci. Si tratta, invece, di disturbi da “deficit di natura”. Un malessere profondo degli adolescenti dell’età tecnologica. L’essenziale rapporto con la natura è sostituito da ore trascorse davanti a tivù e videogiochi, nel chiuso di una stanza. Solitudine, vita sedentaria, assenza totale di attività all’aria aperta e di contatti con il verde producono obesità, disattenzione, svogliatezza, aggressività, depressione, ansia, noia.

Richard Louv tratta questi temi, e altri, con stile rigoroso ma semplice, nel suo libro dal titolo stuzzicante “L’ultimo bambino nei boschi”, che ha un sottotitolo esplicativo “Come riavvicinare i nostri figli alla natura”: è pubblicato da Rizzoli, 2006, (www.rizzoli.rcslibri.it) ed ha un’acuta prefazione di Silvia Vegetti Finzi, docente di Psicologia Dinamica.

L’apprezzato ricercatore americano invia un forte messaggio pedagogico a genitori e ad educatori: gli adolescenti devono recuperare il rapporto con la natura. Il lavoro di Louv è un ottimo manuale: suggerisce progetti e ipotesi di lavoro, riporta esempi. Nelle mani di intelligenti operatori della scuola è strumento di lavoro pragmatico, oltre che essere un serio studio teorico di psicologia e pedagogia. È indicato per quanti hanno responsabilità di governo delle città, politici e amministratori, urbanisti e architetti: soggetti che, anziché disegnare paesaggi spettrali e sfigurati, sono desiderosi di realizzare centri abitati, tecnologicamente ed eticamente all’avanguardia, idonei a riavvicinare bambini e adulti alla natura. Per non allontanarsi dalla bellezza.
(21 ottobre 2007)

Nessun commento: