di Giovanni Pistoia
La finestra, un piccolo spazio, è appena dietro la cattedra del maestro. I ragazzini, seduti su due lunghe ali di banchi, riescono a intravedere un frammento di cielo azzurrino perlato di innocue nuvolette, il verde di arbusti incolti, binari sui quali giocano le luci e le ombre del sole. L’aula è un lungo corridoio, sulla destra i banchi delle femminucce, sulla sinistra quelli dei maschietti. Il portone d’ingresso affaccia direttamente sulla strada. Non c’è il suono della campanella ma la voce di Dora, la bidella, che chiacchiera con i passanti mentre gli scolari entrano, di buon mattino, in classe. Quando gli scolari prendono posto, la cagnetta Valentina entra nell’aula e si accuccia all’ingresso. Dora chiude il portone. Il maestro appende il suo largo capello ad un improvvisato appendiabiti e apre il registro: “Facciamo l’appello!”, e si siede dietro la grande cattedra, posata su un alto piedistallo. Il maestro chiama per nome gli scolari e solo in caso di omonimia utilizza il cognome. Il ragazzo interpellato si alza e dice: “Presente!”. Terminato il lungo elenco, guarda con un sorriso bonario la cagnetta ed esclama: “Valentina!” e i ragazzi, in coro, rispondono: “Presente!”, mentre la cagnetta drizza le orecchie, raccoglie il muso, quasi nascosto da ondeggianti peli argentati e dorati, tra le zampe e assiste alla lezione, meritando sempre un bel dieci in condotta.
Il maestro, alto e un po’ curvo, invita Marco a leggere ad alta voce il brano del giorno. Poi è la volta di Antonio, di Margherita, di Bina, di Enrichetta, e così di tutti gli altri. Ogni settimana il maestro regala un libro a chi sa leggere meglio e a chi impara a memoria la poesia.
Bussano al portone, che a fatica si apre, ed entra la mamma di Bina con due uova fresche in mano. Il primo è per la sua “bambina”, che già somiglia, però, ad una signorina e l’altro è proprio per Marco al quale vuole un gran bene. Mentre i due ragazzi assaporano l’uovo, gli altri consumano la colazione. Insomma, è ricreazione. La cagnetta, educatamente, lascia l’aula ed esce sulla strada, dove l’attende un gattino delizioso con un mantello a macchie bianche e nere (dicono che sia juventino!).
La mamma di Bina, che ha un negozio di frutta e verdura proprio nei pressi della scuola, saluta e va via e la cagnetta, disciplinatamente, rientra.
Un treno rumoroso, lungo e veloce, avanza rapidamente sui binari e i ragazzi, curiosi, lo guardano attraverso la finestra e ne contano i vagoni. Valentina sembra abituata a simili intermezzi e rimane serena a custodire la sua classe. È lì da anni, amica coccolata da tanti scolari. D’estate, quando la scuola è chiusa, si divide tra il portone d’ingresso, nell’attesa della riapertura, e la casa di Bina, che ne ha cura. Spesso la vanno a trovare gli scolari. Valentina li riconosce e li segue e giocherella con loro. Ma lei non è mai sola: il gattino è sempre con lei a farle le fusa. La differenza più grande tra i due è che il gattino non ama la scuola e non ha assistito ad una sola lezione, mentre la cagnetta non ne perde una, neanche per fare un giorno di filone, approfittando di una profumata giornata primaverile.
Ora è l’ora della fantasia. Ogni scolaro deve scrivere un raccontino, anche brevissimo e leggerlo, poi, ad alta voce.“Questo è il momento dei narratori - dice il maestro - e domani, a quello più geniale, porterò un bel libro di avventura.”
“In una notte di cielo stellato - comincia a scrivere Francesca - vidi una luce splendente. Andai a vedere ed era una fata con i capelli biondi e gli occhi castani. La prima cosa che mi venne in mente è stata quella di avvertire Giulia, la mia amica. Giulia arrivò di corsa ma senza sapere cosa doveva vedere. Rivelai a Giulia la mia scoperta ma lei rise e disse che la fata che si vedeva nella luce era solo uno scherzo e se ne andò. La fata, con dolcezza, mi salutò e disse che un giorno sarebbe ritornata e che solo chi ha tanta fantasia ha il privilegio di vedere e parlare con le fatine”.
Il brusco scricchiolio del portone riporta Francesca alla realtà. Non una fata entra in aula ma un signore alto e smilzo con gli occhi fuori delle orbite e un naso che sembra un uncinetto. È accompagnato da un signore basso e mingherlino: sembrano l’articolo il. Gli scolari si alzano in piedi e salutano: “Buon giorno, signore ispettore”. “Buon giorno!” risponde, secco, il nuovo ispettore scolastico, mentre il suo sguardo stupefatto è attratto dal cane, che si è appena scostato. “E questo cane cosa ci fa in un’aula scolastica?! Buttatelo fuori!” ordina l’ispettore al suo assistente. La cagnetta, timida, intuisce e si allontana. Il maestro saluta l’ispettore, che fa sedere gli scolari amareggiati e preoccupati per suo atteggiamento. In silenzio sfoglia i lavori dei ragazzi tenuti in un armadietto e sempre in ordine per queste occasioni. Fissa un grosso quaderno nero sul quale è appiccicata una etichetta bianca con la scritta: “Quaderno della cagnetta Valentina”. L’ispettore si alza di scatto dalla sedia e sembra toccare il cielo. “Cos’è questa storia! Anche il cane ha il suo quaderno! Maestro, mi dica un po’ lei cosa succede in questa scuola?”. Nell’aula il silenzio è totale. Le gambe fanno giacomo giacomo. Il maestro spiega che in quel quaderno gli scolari scrivono alcuni pensierini sulla cagnetta abituata, da più tempo, a essere considerata “una di loro”. L’ispettore sfoglia, diligentemente, quel quaderno, poi legge, ad alta voce, un pensierino di Gabriella: “Fra due mesi lascerò questa scuola dove ho trascorso cinque anni. Mi dispiacerà lasciare i miei compagni e la cagnetta Valentina, che mi ha accolta sin dal primo giorno di scuola. Lei non sarà promossa. Agli esami la bocceranno perché lei vuole restare qui e l’anno prossimo riprenderà le lezioni dalla prima elementare con i nuovi bambini. Io, però, quando vorrò vederla saprò dove trovarla: qui.”
Il silenzio si tinge d’apprensione. L’ispettore, rivolgendosi al maestro, chiede di conoscere Gabriella. Lei si alza, rossa in volto, il capo piegato. L’ispettore, severo, fissa lo sguardo su di lei e non dice una parola. Raccoglie i quaderni, con un cenno della testa saluta il maestro, scende dalla cattedra e si avvia verso l’uscita. Si alzano tutti i ragazzi e salutano: “Buon giorno, signore ispettore”. L’assistente apre la porta e tra le gambe ricompare la cagnetta, che non osa entrare. Appare piccolissima sotto lo sguardo di quell’antenna di ispettore, che sembra un extraterrestre. Si guardano e poi l’extraterrestre, esibendosi in un grande inchino, si rivolge alla cagnetta con tono galante e ironico: “Prego, Valentina, si accomodi pure ma all’esame la boccerò!” Non appena il portone lentamente si chiude, la cagnetta è accolta da un applauso fragoroso e liberatorio. Tutti lasciano i banchi e vanno ad abbracciarla festosamente.
Sul “Quaderno della cagnetta Valentina” gli scolari scrivono: “Oggi abbiamo avuto la visita dell’ispettore. La cagnetta Valentina resterà in aula e ripeterà l’anno per il troppo amore verso gli scolari, che non l’abbandoneranno mai.”
La finestra, un piccolo spazio, è appena dietro la cattedra del maestro. I ragazzini, seduti su due lunghe ali di banchi, riescono a intravedere un frammento di cielo azzurrino perlato di innocue nuvolette, il verde di arbusti incolti, binari sui quali giocano le luci e le ombre del sole. L’aula è un lungo corridoio, sulla destra i banchi delle femminucce, sulla sinistra quelli dei maschietti. Il portone d’ingresso affaccia direttamente sulla strada. Non c’è il suono della campanella ma la voce di Dora, la bidella, che chiacchiera con i passanti mentre gli scolari entrano, di buon mattino, in classe. Quando gli scolari prendono posto, la cagnetta Valentina entra nell’aula e si accuccia all’ingresso. Dora chiude il portone. Il maestro appende il suo largo capello ad un improvvisato appendiabiti e apre il registro: “Facciamo l’appello!”, e si siede dietro la grande cattedra, posata su un alto piedistallo. Il maestro chiama per nome gli scolari e solo in caso di omonimia utilizza il cognome. Il ragazzo interpellato si alza e dice: “Presente!”. Terminato il lungo elenco, guarda con un sorriso bonario la cagnetta ed esclama: “Valentina!” e i ragazzi, in coro, rispondono: “Presente!”, mentre la cagnetta drizza le orecchie, raccoglie il muso, quasi nascosto da ondeggianti peli argentati e dorati, tra le zampe e assiste alla lezione, meritando sempre un bel dieci in condotta.
Il maestro, alto e un po’ curvo, invita Marco a leggere ad alta voce il brano del giorno. Poi è la volta di Antonio, di Margherita, di Bina, di Enrichetta, e così di tutti gli altri. Ogni settimana il maestro regala un libro a chi sa leggere meglio e a chi impara a memoria la poesia.
Bussano al portone, che a fatica si apre, ed entra la mamma di Bina con due uova fresche in mano. Il primo è per la sua “bambina”, che già somiglia, però, ad una signorina e l’altro è proprio per Marco al quale vuole un gran bene. Mentre i due ragazzi assaporano l’uovo, gli altri consumano la colazione. Insomma, è ricreazione. La cagnetta, educatamente, lascia l’aula ed esce sulla strada, dove l’attende un gattino delizioso con un mantello a macchie bianche e nere (dicono che sia juventino!).
La mamma di Bina, che ha un negozio di frutta e verdura proprio nei pressi della scuola, saluta e va via e la cagnetta, disciplinatamente, rientra.
Un treno rumoroso, lungo e veloce, avanza rapidamente sui binari e i ragazzi, curiosi, lo guardano attraverso la finestra e ne contano i vagoni. Valentina sembra abituata a simili intermezzi e rimane serena a custodire la sua classe. È lì da anni, amica coccolata da tanti scolari. D’estate, quando la scuola è chiusa, si divide tra il portone d’ingresso, nell’attesa della riapertura, e la casa di Bina, che ne ha cura. Spesso la vanno a trovare gli scolari. Valentina li riconosce e li segue e giocherella con loro. Ma lei non è mai sola: il gattino è sempre con lei a farle le fusa. La differenza più grande tra i due è che il gattino non ama la scuola e non ha assistito ad una sola lezione, mentre la cagnetta non ne perde una, neanche per fare un giorno di filone, approfittando di una profumata giornata primaverile.
Ora è l’ora della fantasia. Ogni scolaro deve scrivere un raccontino, anche brevissimo e leggerlo, poi, ad alta voce.“Questo è il momento dei narratori - dice il maestro - e domani, a quello più geniale, porterò un bel libro di avventura.”
“In una notte di cielo stellato - comincia a scrivere Francesca - vidi una luce splendente. Andai a vedere ed era una fata con i capelli biondi e gli occhi castani. La prima cosa che mi venne in mente è stata quella di avvertire Giulia, la mia amica. Giulia arrivò di corsa ma senza sapere cosa doveva vedere. Rivelai a Giulia la mia scoperta ma lei rise e disse che la fata che si vedeva nella luce era solo uno scherzo e se ne andò. La fata, con dolcezza, mi salutò e disse che un giorno sarebbe ritornata e che solo chi ha tanta fantasia ha il privilegio di vedere e parlare con le fatine”.
Il brusco scricchiolio del portone riporta Francesca alla realtà. Non una fata entra in aula ma un signore alto e smilzo con gli occhi fuori delle orbite e un naso che sembra un uncinetto. È accompagnato da un signore basso e mingherlino: sembrano l’articolo il. Gli scolari si alzano in piedi e salutano: “Buon giorno, signore ispettore”. “Buon giorno!” risponde, secco, il nuovo ispettore scolastico, mentre il suo sguardo stupefatto è attratto dal cane, che si è appena scostato. “E questo cane cosa ci fa in un’aula scolastica?! Buttatelo fuori!” ordina l’ispettore al suo assistente. La cagnetta, timida, intuisce e si allontana. Il maestro saluta l’ispettore, che fa sedere gli scolari amareggiati e preoccupati per suo atteggiamento. In silenzio sfoglia i lavori dei ragazzi tenuti in un armadietto e sempre in ordine per queste occasioni. Fissa un grosso quaderno nero sul quale è appiccicata una etichetta bianca con la scritta: “Quaderno della cagnetta Valentina”. L’ispettore si alza di scatto dalla sedia e sembra toccare il cielo. “Cos’è questa storia! Anche il cane ha il suo quaderno! Maestro, mi dica un po’ lei cosa succede in questa scuola?”. Nell’aula il silenzio è totale. Le gambe fanno giacomo giacomo. Il maestro spiega che in quel quaderno gli scolari scrivono alcuni pensierini sulla cagnetta abituata, da più tempo, a essere considerata “una di loro”. L’ispettore sfoglia, diligentemente, quel quaderno, poi legge, ad alta voce, un pensierino di Gabriella: “Fra due mesi lascerò questa scuola dove ho trascorso cinque anni. Mi dispiacerà lasciare i miei compagni e la cagnetta Valentina, che mi ha accolta sin dal primo giorno di scuola. Lei non sarà promossa. Agli esami la bocceranno perché lei vuole restare qui e l’anno prossimo riprenderà le lezioni dalla prima elementare con i nuovi bambini. Io, però, quando vorrò vederla saprò dove trovarla: qui.”
Il silenzio si tinge d’apprensione. L’ispettore, rivolgendosi al maestro, chiede di conoscere Gabriella. Lei si alza, rossa in volto, il capo piegato. L’ispettore, severo, fissa lo sguardo su di lei e non dice una parola. Raccoglie i quaderni, con un cenno della testa saluta il maestro, scende dalla cattedra e si avvia verso l’uscita. Si alzano tutti i ragazzi e salutano: “Buon giorno, signore ispettore”. L’assistente apre la porta e tra le gambe ricompare la cagnetta, che non osa entrare. Appare piccolissima sotto lo sguardo di quell’antenna di ispettore, che sembra un extraterrestre. Si guardano e poi l’extraterrestre, esibendosi in un grande inchino, si rivolge alla cagnetta con tono galante e ironico: “Prego, Valentina, si accomodi pure ma all’esame la boccerò!” Non appena il portone lentamente si chiude, la cagnetta è accolta da un applauso fragoroso e liberatorio. Tutti lasciano i banchi e vanno ad abbracciarla festosamente.
Sul “Quaderno della cagnetta Valentina” gli scolari scrivono: “Oggi abbiamo avuto la visita dell’ispettore. La cagnetta Valentina resterà in aula e ripeterà l’anno per il troppo amore verso gli scolari, che non l’abbandoneranno mai.”
(in collaborazione con Giusy, 10 anni, V elementare)
(21 ottobre 2007)
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