Bambini Dentro
di Giovanni Pistoia
“Sono stanco di urlare senza voce”, dice Ungaretti. Si può, dunque, urlare pur non avendo “voce”. Si può, dunque, urlare senza essere ascoltati. La storia è ricca di queste “voci”.
“Bambini Dentro”, il libro di Ezio Sartori (www.uni-service.it), è anche questo: restituire la voce ai bambini e ragazzi “inesistenti”, ricoverati, assurdamente, nei manicomi. Le urla di questi bambini sono talmente silenziose che non pochi autori di storia dei manicomi ignorano la loro presenza in queste strutture. “Il silenzio che li avvolge – scrive Sartori – è più assordante delle loro urla. Vittime dell’istituzione e, raramente, di qualche vero carnefice, non sembrano esistere, spesso non vengono citati e risultano ancora più isolati dei “matti” adulti. Sono i veri irrecuperabili, moriranno in manicomio entro pochi anni o diventeranno ospiti cronici passando ai padiglioni degli adulti…”.
“Sono stanco di urlare senza voce”, dice Ungaretti. Si può, dunque, urlare pur non avendo “voce”. Si può, dunque, urlare senza essere ascoltati. La storia è ricca di queste “voci”.
“Bambini Dentro”, il libro di Ezio Sartori (www.uni-service.it), è anche questo: restituire la voce ai bambini e ragazzi “inesistenti”, ricoverati, assurdamente, nei manicomi. Le urla di questi bambini sono talmente silenziose che non pochi autori di storia dei manicomi ignorano la loro presenza in queste strutture. “Il silenzio che li avvolge – scrive Sartori – è più assordante delle loro urla. Vittime dell’istituzione e, raramente, di qualche vero carnefice, non sembrano esistere, spesso non vengono citati e risultano ancora più isolati dei “matti” adulti. Sono i veri irrecuperabili, moriranno in manicomio entro pochi anni o diventeranno ospiti cronici passando ai padiglioni degli adulti…”.
Su questa tristissima realtà, fino ad ora taciuta o appena accennata, indaga Sartori, pediatra romano presso l’Ospedale San Camillo Forlanini. Il periodo esaminato va dal 1913 al 1974, anno di chiusura del reparto pediatrico del Santa Maria della Pietà. Nel corso di questi sessanta anni i ricoveri dei soggetti di età inferiore ai 15 anni sono 3758, ossia 2761 bambini (molti di questi, infatti, sono ricoverati più volte), il tre per cento del totale. Rinchiusi per i motivi più diversi: perché “imbecilli”, “idioti”, “deboli mentalmente”, “sordi”, “muti”, ”spastici”, “ritardati mentali”, “irrequieti”. Tra i ricoverati anche Down. Il più delle volte si tratta di bisogni che i protagonisti avvertono, di un grido di aiuto. La risposta della società, invece, è semplice e raccapricciante: soffocare quelli voci, circoscrivere quei volti “dentro” le sbarre, fuori dalla vista dei “normali”.
Sartori consulta cartelle cliniche, compila tabelle, calcola percentuali: dietro ogni numero un nome. E pare di vederne il volto. Emergono dati scioccanti: ben 410 i bambini e ragazzi deceduti, che rappresentano il 15 per cento dei 2761. Sui 293 piccoli ricoverati, da zero a quattro anni di età, ne muoiono il 29 per cento!
Nella seconda metà del Novecento l’attenzione verso queste orribili strutture è ripetutamente denunciata dalla stampa. Si accendono animate discussioni. Si chiede una radicale modifica dell’assistenza psichiatrica. E questo non solo in Italia. Proprio di recente sono stati raccolti gli scritti di Michel Foucault, (“Follia e psichiatria”, www.raffaellocortina.it), apparsi tra il 1957 e il 1984, “anni in cui – scrive Umberto Galimberti – la difesa dei diversi, dei folli, dei soggetti più deboli, era un’atmosfera diffusa, come non sembra sia oggi nella nostra cultura che si sta rivelando sempre più sensibile a rapporti di forza che a rapporti di sostegno”. E le problematiche legate alle “figure della follia” e del disagio, più in generale, restano, tuttora, insolute.
Sartori offre uno squarcio di quell’infelice pagina, resa ancora più drammatica perchè ha come protagonisti bambini, che dovevano stare in ben altri luoghi. Un’occasione, questo lavoro, perché quelle urla siano anche un monito. Per ricordare a tutti noi che, in ogni momento e in ogni latitudine, vi sono voci che, pur esprimendosi in modo vario, e per le motivazioni più diverse, attendono di essere ascoltate. Ora. Subito.
(21 ottobre 2007)
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